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Obbligazionario, ha ancora senso tenerlo in portafoglio?
Scritto il 30.04.2019Si parla spesso e volentieri di azionario. È dinamico, vivace, si presta bene. L'obbligazionario è certamente meno "eccitante". Ma è altrettanto importante. Giusto per dare un'idea, il Vanguard Total Bond Market Index gestisce più di 215 BILLION di dollari. Non bruscolini. Quindi, a che punto siamo con l'obbligazionario? Vediamo qui sotto in grafico lo Spread della componente obbligazionaria corporate americana (ovvero differenziale di rendimento rispetto ai più prudenti Treasury governativi USA). La media storica è dello 0,78%. E il grafico stesso ci dice che chi ha comprato l'obbligazionario corporate a fine 2009 ha fatto un ottimo affare. Ora lo spread è sicuramente su livelli bassi. Altro dato importante. L'assunzione di rischio credito corporate (quindi debito delle imprese) ci si aspetta renda maggiormente rispetto a chi acquista debito governativo, giusto? Più rischio, più rendimento. Fonte Bloomberg, dal 1976 ad oggi, Barclays US Treasury Index (governativo quindi) ha reso il 7,14% annuo. Barclays US Aggregate Index, quindi comprendente la parte corporate (per il 25%), ha reso il 7,29% annuo. Non tanto di più quindi. Eccolo qui: Come mai così poca differenza? Perché la parte governativa pura ha mantenuto valore anche durante le fasi di calo del mercato, contrariamente a quella corporate, che invece ha sofferto in quei frangenti. Sì, ma ora, che fare? Proprio alla luce dei rendimenti generati, ha ancora senso tenere obbligazionario? A livello di performance, possiamo aspettarci poche soddisfazioni. Il motivo è presto detto. Andamento tassi governativi americani (relativi ad un titolo decennale): Performance in termini reali (ovvero al netto dell’inflazione): Lo si vede chiaramente. Fino al 1980, in fase di tassi d’interesse in salita, la parte bond ha faticato molto a generare performance interessanti. In fase di tassi d’interesse in discesa, ecco che invece viene generato tutto il valore. La relazione fra prezzo obbligazione e tassi d’interesse è inversa, lo sappiamo, e ne vediamo l’evidenza. Sappiamo anche che i tassi sono molto bassi, in Europa soprattutto, e, banalizzo, è più che facile che salgano piuttosto che vadano ulteriormente giù (siamo addirittura arrivati in territorio negativo in Europa, cosa impensabile fino a qualche tempo fa). E ora la domanda delle domande. Ha quindi senso mantenere questa componente in portafoglio? Certo. E non per le performance, la vera funzione dell’obbligazionario è un’altra. Proprio perché, così come ci avviciniamo ad un possibile scenario futuro di rialzo tassi, ci avviciniamo anche ad un possibile scenario recessivo globale (prima o poi arriverà, è inevitabile, l’economia è ciclica). E proprio perché, così come abbiamo visto nel secondo grafico, la parte bond governativa ha tutelato il portafoglio in scenari di mercato ribassisti causati da recessioni globali, ecco il vero valore dei bond: La tabella ci mostra il comportamento dell’azionario (equity) nella prima metà di tutte le fasi recessive storiche. Ovviamente negativo. E quelle dell'obbligazionario (bond). Positivo. Ma ci dice anche un'altra cosa, molto importante. Che questa comportamento inverso azionario/obbligazionario è avvenuto anche in fasi in cui azionario e obbligazionario mostravano una correlazione importante fra loro! Ovvero momenti in cui si muovevano in maniera similare. Poi ecco, nella fase più delicata, che riprende valore la loro relazione inversa, scende uno sale l'altro. E il mio portafoglio è al riparo. Infatti: Ecco quindi i rendimenti della parte obbligazionaria durante le correzioni azionarie dal 1987 al 2018. Quindi, ha senso ancora mantenere obbligazionario in portafoglio? Certo che sì! E avrebbe ancora più senso affidarsi ad un consulente finanziario competente, nelle proprie scelte di investimento, che vi evidenzi questi aspetti e vi assista al meglio, sempre.
Continua a leggereGuida rapida per ottimizzare lo zainetto fiscale e gestire le minusvalenze
Scritto il 23.04.2019Vedo che gli utenti sono particolarmente attenti al tema minusvalenze. I post a riguardo infatti sono molti, e raccolgono sempre interesse. Proprio per questo, ci tenevo a fornire un supporto ulteriore, con l’obiettivo di fare ancora più chiarezza sul tema. Dal punto di vista fiscale, la situazione è semplice. Tutto quello che vendo in perdita genera una minusvalenza, e viene pertanto accantonata all’interno del mio zainetto fiscale. Queste minusvalenze sono compensabili però solo entro l’anno della generazione, e nei successivi 4, dopodiché decadono. E non con tutte le plusvalenze, ma solo con quelle generate da singoli titoli ed obbligazioni, ETC e certificati. Quindi no fondi, no ETF, e no cedole e dividendi legate ai vari strumenti (eccetto quelle dei certificati). Cosa si intende con compensazione? Se vendo un titolo, comprato a 100, e lo vendo a 120, genero una plusvalenza di 20, soggetta a tassazione. Se ho nello zainetto una minusvalenza (mettiamo di 5, ad esempio), questa la sottraggo ai 20, e pertanto sono tassato solo sulla differenza (in questo caso sono tassato su 20-5 ovvero su 15). E ottengo un risparmio fiscale. Ed ecco perché il giochino interessa così tanto a tutti i risparmiatori! Sulle metodologie di compensazione, e strumenti più adatti allo scopo, si è scritto di tutto, quindi preferisco sorvolare. E andare al nocciolo del problema, per risolverlo alla radice. Il concetto è in realtà semplice. Se gioco a calcio contro Tizio, e perdo 20 volte su 25, è difficile che giocando altre 25 volte possa ottenere delle grandi vittorie. Quindi, se adoperando strumenti come azioni e obbligazioni, o ho ottenuto delle minusvalenze, è difficile che adoperando gli stessi strumenti, o analoghi, sempre in logica speculativa, possa ottenere dei risultati diversi. Errare è umano, perseverare è diabolico, disse un tale. Del resto lo Stato non è scemo, c’è un motivo per cui permette la compensazione solo con questi strumenti, e non con altri. Perché è più difficile. E quindi avete meno possibilità di vittoria, e lo Stato ha quindi più possibilità di incasso. E lo Stato punta ad incassare il più possibile, lo sappiamo (ahimè). Il rischio, quindi, è quello di rincorrere la volpe in mezzo ad un campo minato. Ovvero, per rincorrere la compensazione, rischio di generare ulteriori minusvalenze. Quindi, tutto questo per dire. Se facendo l’azione A avete ottenuto il risultato B, che vi ha portato ad una perdita, per ottenere un risultato diverso occorre cambiare l’azione. La soluzione non è come compensare le minusvalenze. La soluzione è non crearne più. E per non crearne più, occorre cambiare strategia rispetto a quella che mi ha portato ad accumularle. O strumenti. O il fai-da-te. O il consulente che mi ha portato a generarle.
Continua a leggereSei uno scommettitore o un'investitore?
Scritto il 12.04.2019Caro cliente, sei uno scommettitore o un investitore? Perché c’è molta differenza, soprattutto in termini di risultati ottenuti sui mercati finanziari. Scommettere significa “giocare” in borsa (si dice giocare apposta), con l’obiettivo di portare a casa una differenza positiva fra prezzo di acquisto e prezzo di vendita. Quello è il rendimento, il valore, obiettivo. Ed è appunto una scommessa, perché prevedere l’andamento futuro di prezzo di un singolo strumento finanziario, è roba da Nostradamus. Pensate invece di poter fare lauti guadagni, grazie agli studi di analisi tecnica, fondamentale, view di gestori, report, dati e tutto quello che vi pare? Bene, sappiate che avete le stesse probabilità di quelle che ha una scimmia. Non so scherzando. Ecco di seguito, previsioni degli analisti, supportate da dati, analisi, grafici e studi, sull’andamento dell’indice Dax tedesco, in 18 anni. E di fianco la previsione fatta da una scimmia. E guarda un po’, analisti e scimmie, dopo 18 anni, mostrano stesso margine di errore. Bene. Ora vediamo quindi cosa significa investire allora. Investire significa portare a casa tutto il valore generato dall'economia mondiale, che, nel suo trend di crescita secolare, si traduce in valore sui mercati finanziari e quindi per gli investitori. Devo quindi, con i dovuti accorgimenti, solo stare seduto ad aspettare di prendere questo valore, che il mercato mi produce gratuitamente. E a disposizione di tutti. La distinzione fra scommettitore ed investitore è talmente importante, che esiste proprio una branchia della finanza, detta finanza comportamentale, che studia i comportamenti dei risparmiatori sui mercati finanziari. Ora, come fare per passare da scommettitori ad investitori? Un concetto base, semplice quanto funzionale, c'è, e può aiutare parecchio. Guardate il vostro investimento il meno possibile. Meno lo guardate, meno attivate le trappole mentali legate ai prezzi (mercato scende, mercato sale), meglio farà il vostro investimento nel lungo termine. Meno trappole, più guadagni. Ah. Avere un valido consulente finanziario che vi supporti nelle vostre scelte e decisioni finanziarie, aiuta. Parecchio
Continua a leggereUno sguardo all'investimento immobiliare
Scritto il 05.04.2019Gli italiani sono affezionati agli immobili. Lo sappiamo, è un dato di fatto. Da consulente finanziario, guardo e studio i dati in maniera oggettiva, per quello che sono. Le emozioni spesso ci portano a compiere scelte che la branchia della finanza comportamentale studia fin troppo bene. E che ci portano ad inefficienze di portafoglio importanti. Per questa analisi, ci viene in aiuto l’Istat: https://www.confedilizia.it/istat-ennesima-conferma-del-disastro-immobiliare/ Come procede l’investimento immobiliare per gli italiani? Ecco una fotografia precisa. Indice dei prezzi delle abitazioni nuove ed esistenti, dal 2010 ad oggi Il calo del mattone è importante. E significativo. Senza considerare che liquidare un immobile è un processo complicato, che lo Stato colpisce a livello fiscale quest’asset in maniera decisa, e che l’immobile stesso nel tempo richieda attività e spese di manutenzione. Nel grafico abbiamo solo l’andamento dei prezzi, nudo e crudo. Dati alla mano, ci sono investimenti decisamente più interessanti. L’importante, come sempre, è non improvvisare. Ma rivolgersi a consulenti professionali e competenti.
Continua a leggereLe regole per investire by Ray Dalio
Scritto il 29.03.2019Riporto i consigli per un buon investimento, come ci insegna Ray Dalio: “Vi garantisco che nel tempo ogni asset class potrà subire notevoli perdite, ma non sappiamo a priori quale sarà l’asset class che soffrirà il maggior declino e non sappiamo, inoltre, quale sarà l’asset class che per contro avrà le migliori performances, pertanto occorre diversificare bene sia per asset class che per geografia”. E aggiunge: “Buy when no one wants to buy and sell when no one wants to sell” (compra quando nessuno vuol comprare e vendi quando nessuno vuole vendere). Ray Dalio è a capo di Bridgewater, uno dei maggiori hedge fund al mondo, con oltre 150 billion di dollari in gestione. Mica spicci. Visti anche i risultati del suo All Weather Portfolio, viene proprio da dargli retta. Il suo fondo Pure Alpha, nel 2018, anno record in termini negativi per il mercato, come sappiamo, ha messo a segno un +14,6%. Non male. E ci dice anche un'altra cosa interessante. Non cadere nelle trappole mentali tipiche. Un esempio. Ray Dalio ricorda come i suoi genitori, avendo vissuto negli anni della grande depressione del 1929, non siano stati poi in grado di beneficiare della fase successiva di espansione economica, cadendo in una delle trappole mentali della finanza comportamentale, che va sotto il nome di “recency bias” (tendenza a dare troppa importanza al passato recentissimo e soprattutto a proiettarlo nel futuro, quasi cancellando tutto il resto). Quindi, sostanzialmente, i punti salienti sono 3: ° Diversificare i propri investimenti ° Comprare sui ribassi e vendere sui rialzi (applicabile con un semplici ribilanciamenti periodici) ° Non farsi influenzare dall’emotività. Gli errori tipici legati alla finanza comportamentale vanno ad inficiare in maniera importante il risultato del nostro investimento Mi permetto un’aggiunta, non me ne voglia Dalio. Fatevi affiancare da un valido professionista, che condivida con voi questi aspetti. Vi facilita parecchio la vita.
Continua a leggereI mercati finanziari hanno prezzi troppo elevati? Cosa aspettarci per i prossimi anni?
Scritto il 18.03.2019Due belle domande. Meritano due belle risposte. Alla prima, sì, i prezzi sono elevati, ma non basta questo per determinare un crollo imminente. Alla seconda, ci vorrebbe una sfera di cristallo, la cerco da un po’ ma non l’ho ancora trovata. Nel cercare, però, ho trovato molti dati interessanti, e utili per avere un quadro più completo. Li condivido con piacere. Le valutazioni azionarie, come detto, sono care, è fuori da ogni dubbio. Chi dice il contrario, mente, o deve vendervi qualcosa. Il mercato, però, offre molti altri dati e spunti che è importante prendere in considerazione. Eccone uno, su gentile concessione di Vanguard (colosso finanziario americano, uno dei maggiori distributori di ETF): Le valutazioni, come detto, sono care, ma il CAPE Ratio (ovvero il rapporto prezzo utili, aggiustato per cicli economici), ci dice che non siamo ancora su livelli di pericolo. Come si vede nel grafico, infatti, siamo appunto sopra i livelli di fair-value, ma lontani, ad esempio, dai livelli raggiunti pre-bolla del 2.000. Cosa aspettarci quindi per i prossimi anni? Anche qui, Vanguard ci offre dati molto molto interessanti. A chi interessasse solo il numerino, nudo e crudo, eccolo di seguito: 4%–6% for U.S. stocks. 7%–9% for non-U.S. stocks. 2%–4% for global bonds. Rendimenti decennali dal 4% al 6% annuo per l’azionario USA, dal 7% al 9% per l’ azionario globale esclusa America, dal 2% al 4% per la parte obbligazionari globale. Un portafoglio quindi 60% azionario 40% obbligazionario, ha aspettative dal 4% al 6%. Lontano dalle mirabolanti performance messe a segno dallo stesso portafoglio dal 1990 (e che si attestano al 7,3% annuo). Ma neanche poi così male. Per chi volesse approfondire i numeri sopra descritti, ecco il link all’articolo: https://investornews.vanguard/what-to-expect-next-from-the-markets/ Come sempre, una volta illuminato il percorso, è importante intraprenderlo con i mezzi giusti. Un conto è fare la maratona scalzo. Un conto è farla con le scarpe adatte. Per questo, è fondamentale rivolgersi ad un professionista perché ci supporti al meglio durante il percorso di investimento.
Continua a leggereSiete sicuri di stare guadagnando?
Scritto il 07.03.2019Esatto. Anche quando stiamo guadagnando, siamo sicuri di stare effettivamente guadagnando? Oppure, anche se siamo liquidi, e quindi stabili come valore del patrimonio, siamo sicuri di non stare perdendo? I due punti sono collegati, e ci portano allo stesso tema, importante quanto spesso ignorato. L’inflazione. Eh già, perché se il patrimonio oscilla con i mercati, o resta stabile perché liquido sul conto, tutto il contesto che abbiamo intorno non resta fermo, anzi, si muove inesorabilmente, influendo sul valore effettivo del mio patrimonio. Perché se oggi con 100.000 euro posso comprare un determinato bene di lusso, e dopo x anni con lo stesso importo posso prendere lo stesso bene ma di una sottomarca, significa che i miei soldi sono gli stessi ma hanno perso di valore. I numeri valgono poco, è il controvalore acquistabile che ne determina il vero valore. Da qui si apre un mondo. Questo lo storico dell’inflazione, dati Istat, ed il valore, in termini reali, del mio patrimonio iniziale di 100, quindi al netto dell’inflazione, anno dopo anno: Questa la tabella aggiornata con tutti i tassi di inflazione globali, l’ Italia segna +0,9%: Da qui la domanda iniziale. Siete sicuri di stare veramente guadagnando? Perché se, al netto di costi, imposte e tassazione, il vostro guadagnano netto è pari allo 0,9%, non avete guadagnato nulla, ma solo pareggiato l’effetto inflazione, ovvero il valore in termini reali del vostro patrimonio. Il vero guadagno si realizza dallo 0,9% in su, in quel caso parliamo di un incremento effettivo del patrimonio. Come fare per ottenerlo, è un altro discorso. Ed è per questo che faccio il consulente finanziario.
Continua a leggereTime is your friend. Il tempo è nostro amico - John C. Bogle
Scritto il 01.03.2019Fra i principi di investimento di John Bogle, il fondatore del colosso americano Vanguard, uno dei più importanti è sicuramente “Time is your friend”, il tempo è nostro amico. Il concetto è talmente importante, che ho avuto il piacere di presentare ieri sera una serata, su questo tema, a Reggio Emilia, riscontrando anche un buon successo e interesse. Ripropongo qui alcuni passaggi. Il tempo è sempre nostro amico? A vedere il 2018, anno record in termini negativi come ritorno di tutti gli strumenti finanziari mondiali, sembrerebbe di no. Però, eccolo, già il 2019 a mostrarci l’importanza del tempo. Avvio anno fra i migliori, anzi, il migliore dal 1987: E’ sufficiente però il fattore tempo perché i miei investimenti generino valore? Sarebbe bello, ma così non è. Un esempio. Mettendo a confronto il nostro indice italiano, il FTSE Mib (linea rossa), con semplice un indice globale (linea verde) 50% obbligazionario 50% azionario, vediamo subito dove ci premia il tempo. Ci premia se l’investimento è diversificato ed efficiente. Altrimenti possiamo anche restare, in questo caso, per 14 anni senza alcun ritorno (anzi, accumulando una perdita). Elaborando quindi una pianificazione efficiente e diversificata, insieme ad un consulente finanziario professionista del settore, ecco che allora basta scegliere semplicemente la velocità del percorso, che il tempo sarà sempre dalla nostra parte. Partendo dalla regola principe della finanza, più sono disposto ad accettare oscillazioni del capitale nel breve termine, più sono premiato e remunerato nel lungo termine. Nella tabella sopra, banalmente, 3 portafogli modello, il più dinamico 80% azionario 20% bond ha reso meglio, esponendomi a maggiori oscillazioni, il terzo, 60% azionario 40% bond, ha performato meno, tutelandomi maggiormente però durante le fasi di volatilità. In tutti e tre i casi, il tempo è stato nostro amico. Proprio come ci ha insegnato John Bogle.
Continua a leggereIl ruolo dell'oro
Scritto il 25.02.2019Stiamo assistendo nell’ultimo periodo ad un rialzo importante del bene rifugio per eccellenza. L’oro. E come sempre, in questi casi, davanti a trend di questo tipo, parte la danza delle speculazioni. https://www.marketwatch.com/story/gold-will-keep-rising-here-are-13-ways-to-profit-from-the-rally-2019-02-22 L’oro continuerà a salire? E’ l’investimento giusto ora? Bisogna salire sul carro finchè tira? La risposta è superflua, perché tanto la domanda non è quella corretta. Se invece ci chiediamo che ruolo ha l’oro all’interno di una pianificazione finanziaria, allora qui abbiamo risposte molto molto interessanti. Perché, come anticipato, l’oro è un bene rifugio. Tende ad apprezzarsi quando il mercato vende rischio (banalmente, quando scendono le azioni). Poi nel mezzo ci sono anche altre dinamiche, legate ad esempio alle riserve auree dei vari paesi, e alla domanda ed offerta globale del metallo giallo. Ma la sua funzione di bene rifugio è molto marcata. Il 2008 ne è un classico esempio. Ma allora, lo scorso anno, che ha perso tutto, come mai l’oro non ha protetto? Ne siamo proprio sicuri che non l’abbia fatto? Ci viene in aiuto il Sole24Ore. Ecco l’andamento delle principali asset di mercato lo scorso anno. Come sappiamo, è sceso tutto appunto. Ma, nel momento peggiore dell’azionario, e lo vediamo dal movimento di fine anno, a partire da ottobre, cosa fa l’oro? Esatto, si apprezza. E’ questo che deve fare l’oro. E che sa fare bene. Non generarci rendimento, non fare da gallina dalle uova d’oro (perdonate la battuta), non prestarsi a speculazioni finanziarie. Per generare rendimento in portafoglio, ci sono altre cose. Che funzionano molto molto meglio a questo scopo. L’oro serve come protezione. E in questo senso, ha senso sempre all’interno di un portafoglio d’investimento, a prescindere dall’andamento della materia prima e dal suo prezzo. Ovviamente, da misurare tenendo conto che è un asset volatile, e che è soggetto a cambio euro/dollaro, quindi senza eccedere. Il vostro consulente finanziario ve ne ha mai parlato?
Continua a leggerePrivate Equity perché conviene
Scritto il 18.02.2019Private Equity, se ne parla poco. Non è per tutti, se non per chi dispone di importanti capitali. I numeri ci mostrano come questo strumento abbia saputo performare meglio dell'indice azionario per eccellenza, ovvero l’ S&P500 americano, dal 1986 al 2018, così come anche dal 1998 al 2018. Lo vediamo di seguito. Ottimi rendimenti, ottimo diversificatore e decorrelatore di portafoglio, vista la natura particolare dello strumento, una soluzione quindi validissima. Cosa la rende ancora poco utilizzata? Il fatto che sia uno strumento poco liquido (non si compra e vende sul mercato come un'azione), e con tagli minimi di sottoscrizione più elevati rispetto ai normali fondi, azioni e obbligazioni. Appunto, non è per tutti. Ma per chi può, porta un grande valore aggiunto al proprio portafoglio. Lo vediamo di seguito, infatti, come destinare al portafoglio una quota di Private Equity aumenti l’efficienza e la resa dello stesso. La tabella parla chiaro. Aver avuto negli ultimi 25 anni una quota di Private Equity, avrebbe permesso di avere in portafoglio una voce che ha performato meglio dell’ S&P500 ma anche dell’indice azionario globale Msci World. Non solo quindi ha migliorato i rendimenti del portafoglio complessivo, ma ne ha anche ridotto i rischi in termini di volatilità. Risultato, portafoglio più performante e più stabile. Non male. Non male per niente. In un mercato come quello attuale, dove la volatilità ci porta sulle montagne russe, e i rendimenti non sono più generosi come 20 anni fa, è importante valutare tutte le migliori soluzioni per il proprio portafoglio.
Continua a leggereMeglio restare sempre investiti, o fare market timing?
Scritto il 11.02.2019Il mercato è volatile, lo sappiamo. Riassumendo, 2018 molto male, inizio 2019 molto bene. Ma quindi, è più efficiente restare sempre investiti, oppure entrare ed uscire dal mercato cercando di portare a casa un risultato maggiore, approfittando della volatilità?
Continua a leggereQuest’anno entra in vigore la normativa Mifid 2
Scritto il 04.02.2019Introdotta a livello comunitario, la normativa ha l’obiettivo di tutelare maggiormente gli investitori. In che modo? 3 punti fondamentali. 1 – chi presta servizio di consulenza deve rispettare requisiti precisi di professionalità e competenza (nello specifico, oltre a dover superare l’esame di iscrizione all’albo, il consulente deve aver maturato anni di esperienza nel settore, e annualmente è richiesto il superamento di test ed esami a conferma delle competenze acquisite). Era importante introdurre questo punto all’interno della normativa? Evidentemente sì. Ci sono reti che infatti possiedono personale non interamente abilitato a prestare servizio di consulenza, stando alla normativa (esempio Poste Italiane, che, come riportato a fine 2018, qualora intendesse abilitare l’intera rete, dovrà istruire verso un percorso formativo e di affiancamento il 5% della propria rete, ad oggi non idonea secondi i criteri Mifid 2) Ciascun risparmiatore merita l’assistenza di un professionista serio e competente. Benvenuta Mifid II 2 – Distinzione fra consulenza indipendente e non indipendente. Tradotto, il cliente ha diritto di sapere in maniera chiara se la consulenza che gli viene prestata segue logiche della banca mandante (per cui le decisioni di investimento proposte dal consulente sono dipendenti appunto dalle direttive aziendali o costruite con prodotti sempre della banca mandante) o se viene prestata liberamente, e senza alcun vincolo. Anche qui, era importante introdurre questo punto all’interno della normativa? Evidentemente sì “il collocamento diretto di fondi terzi ormai rappresenta una parte irrisoria dell'offerta: 5% in Banca Mediolanum, 7% in Azimut, 16% in Allianz Bank FA, 18% in Banca Generali e 23% in Fideuram” Advisor online fonte dati Un cliente ha diritto di sapere in maniera chiara e trasparente se la proposta d’ investimento che gli viene fatta si traduce in un prodotto di casa, o in strumenti terzi, per cui il consulente è libero di scegliere il meglio che c’è sul mercato, e non solo quello che dispone la casa. Anche qui, ciascun risparmiatore merita il meglio per il proprio portafoglio. Benvenuta Mifid II 3 – Trasparenza lato costi. Il cliente deve sapere quanto paga. Era importante introdurre questo punto all’interno della normativa? Evidentemente sì (Leggi l'articolo) “Il report rileva, infatti, che il 45% degli investitori non sa indicare come venga remunerato il proprio consulente, mentre il 37% crede che il servizio sia gratuito” Il fatto che il risparmiatore italiano non sappia come venga remunerata la consulenza, indica che non sappia quindi neanche quantificarla. Quanto sta pagando (senza saperlo quindi)? Leggi l'articolo. “Prendendo per esempio il decennio 2008-2017, i costi degli strumenti azionari venduti alla clientela retail in Italia (incluse le commissioni di sottoscrizione e riscatto) hanno impattato per il 37% sulle performance lorde quando la media europea si è fermata ad appena il 24%” Il cliente ha quindi lasciato sul piatto (la banca) il 40% delle performance ottenute sull’asset azionaria. Sulla parte obbligazionaria, e sulle prospettive delle reti e banche di mollare l’osso, ecco un altro spunto. Leggi l'articolo. "Circa il 27% dei fondi del nostro paese - segnala Sebastiano Mazzoni Perelli, director e reponsabile dell'area wealth & asset management di Prometeia - ha una struttura di costi non coerente con il rendimento atteso delle asset class su cui vengono realizzati gli investimenti" Tradotto, la banca non molla l’osso, ovvero non rinuncia al suo utile, è il risparmiatore che dovrà rinunciare al suo. Benvenuta Mifid II Benvenuta Mifid II Benvenuta Mifid II Benvenuta Mifid II Basterà da sola la Mifid II a risolvere tutti i problemi? Ovviamente no. La palla ora è in mano ai risparmiatori, ai clienti. Mai come ora. Non aspettate la Mifid II, chiedete presso la vostra banca o presso il vostro consulente, fate domande, informatevi a riguardo. Benvenuti nella nuova era della consulenza
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