
15 post - 36.608 letture
ETF vs Fondi, chi la spunta?
Scritto il 12.09.2022ETF oppure Fondi. Da sempre un braccio di ferro che divide consulenti ed investitori. Affrontiamo con questo articolo le differenze tra i due prodotti, andando ad analizzare i dati statistici. Differenze tra ETF e Fondi In teoria, la differenza sostanziale che salta subito all’occhio tra ETF e fondi è il tipo di gestione adottata. Infatti, nel caso di fondi a gestione attiva, ci sarà un gestore che opera direttamente sul mercato selezionando per quello specifico mercato i titoli più interessanti, mentre gli ETF sono composti in modo da replicare l’indice di riferimento. Oltre il tipo di gestione applicata sussistono ulteriori differenze tra fondi ed ETF. Una di queste è il tempo di acquisto e vendita proprio perché gli ETF sono acquistabili e vendibili come se fossero delle azioni con uno spread molto basso mentre per i Fondi il discorso è differente: generalmente un fondo impiega qualche giorno per acquisto e vendita, perché vengono valorizzati una volta al giorno ed inoltre è richiesto un tempo “t” dal momento di inserimento ordine a quando questo viene contabilizzato al cliente. Altra differenza meno importante ma che esiste è l’investimento minimo di accesso: i fondi hanno soglie minime che possono variare da alcune centinaia di euro ad alcune migliaia di euro, mentre, gli ETF sono scambiati come titoli quotati e quindi l’ammontare minimo è il valore di un titolo, più le commissioni di transazione che applica l’intermediario per acquistarlo. Cosa sono gli ETF Dopo aver elencato le differenze tra fondi ed ETF, spieghiamo cosa sono. Exchange Trade Fund da cui deriva l’acronimo ETF, sono dei cloni a gestione passiva che si limitano a replicare l’andamento di un indice di riferimento. Esempio: Consideriamo L’ETF X, che prende a riferimento il mercato azionario internazionale. In questo caso l’ETF copierà l’andamento dell’indice MSCI World. Pertanto, l’emittente si impegnerà a mantenere all’interno del prodotto una composizione uguale a quella presente nell’indice preso a riferimento. Cosa sono i Fondi comuni d’investimento. I fondi a differenza degli ETF sono strumenti a gestione attiva. Come detto in precedenza all’interno di questi prodotti è presente un gestore, il cui obiettivo è quello di battere il benchmark, ovvero l’indice di riferimento e per centrare quest’obiettivo può liberamente sovrappesare o sottopesare le azioni presenti nel paniere. Investire in fondi o in ETF? Effettuata una prima analisi, e dopo aver elencato le differenze tra i due strumenti finanziari ora è il momento di definire in cosa conviene investire. Stando ai dati statistici risulta essere più redditizio investire in ETF rispetto ai fondi, soprattutto per i minor costi applicati negli strumenti a gestione passiva. Infatti la gestione attiva di un fondo richiede molta analisi e personale mentre l’ETF segue l’indice avvalendosi di un software. Oltre al rendimento puro dobbiamo anche considerare la diversificazione di un intero portafoglio. Infatti una delle regole basilari per investire è “ non concentrare tutto il denaro in un unico settore. Attraverso la diversificazione siamo in grado di impedire un decremento del portafoglio a causa di crisi di un comparto o di un paese ed in tal caso i fondi possedendo una gestione attiva risultano essere uno strumento più appetibile rispetto agli ETF. Insomma, come detto in apertura c’è un vero e proprio dibattito su chi sia il migliore. Il consiglio che posso dare è quello di affidarsi sempre a professionisti del settore, che sappiano effettuare un’attenta selezione degli strumenti finanziari da inserire nel portafoglio, soprattutto quando si parla di fondi. In tal caso il consulente dovrà individuare prodotti in cui i gestori riescono a generare “alfa”, nel medio lungo termine, ovvero l’extra rendimento che il gestore dovrebbe ottenere rispetto all’indice di riferimento.
Continua a leggereBTP Italia 2030, lo strumento anti-inflazione?
Scritto il 24.08.2022Il 2022 si sta rivelando come un anno difficile per le famiglie italiane, soprattutto per i rincari registrati in tutti i settori da quello alimentare a quello energetico che pesano sui bilanci familiari. Per ovviare a questa svalutazione del denaro causata dall’ inflazione, nel mese di giugno il MEF ha indetto una nuova emissione di titoli di stato indicizzati all’ inflazione. La diciassettesima edizione del nuovo Btp Italia porta con sé la caratteristica più indicata dai gestori per i prodotti finanziari in grado di proteggere maggiormente il capitale in questo periodo di alta volatilità sui mercati con i prezzi alle stelle: l’indicizzazione all’inflazione. Il tasso cedolare reale annuo minimo garantito è fissato all’1,6% ,una cedola minima garantita per i risparmiatori anche in caso di deflazione. Inoltre per coloro che hanno sottoscritto il prodotto in fase di emissione, il tesoro ha previsto anche un premio fedeltà pari all’ 1% del capitale investito. Il premio verrà erogato solo ai risparmiatori che deterranno il titolo fino a scadenza e in due tranche: lo 0,4% in data 28 giugno 2026 come premio intermedio ,mentre il restante 0,6% sarà conferito a scadenza ovvero il 28 giugno 2030. Btp Italia, informazioni utili. Per sottoscrivere il BTP Italia 2030 non è presente commissione bancaria a carico degli investitori, mentre è prevista una fee nel caso di vendita anticipata o se viene acquistato dopo la fase di emissione. La tassazione dei redditi di capitale e diversi è pari al 12,5% come per tutti gli altri titoli di Stato. Il lotto minimo è pari a 1.000 euro e se ne possono acquistare per multipli di 1.000 euro. Cosa succede in caso di deflazione Ogni sei mesi i Btp Italia pagano interessi a tasso fisso sul capitale rivalutato all’inflazione del semestre di riferimento sulla base dell’indice Istat sui prezzi al consumo per famiglie di operai e impiegati. Inoltre, con questa emissione, la rivalutazione del capitale viene corrisposta semestralmente con un recupero immediato dell’inflazione. In caso di deflazione le cedole vengono comunque calcolate sul capitale nominale investito, quindi con una protezione estesa non solo alla quota capitale, ma anche agli interessi. Btp Italia 2030 pro e contro Con l’attuale inflazione, il tasso proposto risulta essere molto interessante: avendo una doppia indicizzazione il risparmiatore potrà beneficiare sia di una parte fissa che di una variabile. L’1,6% garantito è decisamente maggiore rispetto ai bond precedenti. Esempio: Btp Italia 2024 - cedola dello 0,35% Con l’attuale inflazione renderebbe un rendimento effettivo netto a scadenza del 5,3%. Invece se facessimo un esempio con il BTP Italia 2030, il risparmiatore nell’anno corrente riceverebbe una cedola annualizzata pari all’ 8% con rendimento effettivo netto a scadenza dell’8,1. La domanda è: da qui al 2030 l’inflazione sarà ancora nel range attuale? In questo senso il minimo garantito dell’1,6% può proteggere il capitale anche in caso di probabili futuri rialzi dei tassi della BCE, che mirano ad abbassare i prezzi, elevati ancora per diversi anni, stando alle proiezioni delle banche centrali”. Di contro, bisogna dire che il titolo può pagare sicuramente il tema Italia, un paese con volatilità e poco stabile dal punto di vista politico. Infine tornando al BTP Italia, oggi la resa e sicuramente più alta rispetto al tasso fisso che rende il 3,30 / 3,40 %. Il titolo di per se non ha una lunga durata (8 anni), ma consideriamo sempre che l’ inflazione resterà elevata nei prossimi anni.
Continua a leggereInflazione quanto ci costi
Scritto il 27.06.2022L’escalation tra Russia ed Ucraina, continua a pressare l’economia mondiale, determinando un blocco degli scambi e contribuendo ad importanti quotazioni di beni energetici e materie prime. Tutto questo determinerà una crescita lenta nel breve periodo, crescita che viene ancor più frenata da un terzo attore, ovvero l’ inflazione. La BCE, prevede un inflazione molto elevata che si attesta in Europa su un livello del 6,8% tale resterà elevata per tutto il 2022, per poi decrescere nel 2023 attraverso aumenti di tassi d’ interessi di cui il primo previsto già per luglio 2022. Molti di voi si chiederanno come mai siamo arrivati ad un livello così elevato. Tutto è partito nel 2020 con la pandemia, infatti noi cittadini dopo esser stati per mesi e mesi chiusi dentro le nostre abitazioni, alla riapertura abbiamo iniziato a richiedere più servizi, più prodotti, tanto che la necessità di produrre maggiormente si è manifestata in un periodo in cui era più complicato farlo.La produttività non è stata sufficiente. Non è stata in grado di rispondere alla domanda altissima che arrivava dal mercato così hanno cominciato a far lievitare i prezzi dei prodotti creando i presupposti per un aumento parziale dell’inflazione. Il restante aumento è stato determinato dalla guerra, combattuta in un territorio importantissimo per materie prime soprattutto per quelle energetiche. Quindi inflazione elevata e tassi ufficiali relativamente bassi, determinano una condizione in cui i nostri patrimoni ogni giorno perdono una piccola parte del loro valore. Ma quest’inflazione tanto elevata cosa determina per gli individui? Con un’inflazione così elevata mantenere 50 mila euro in conto corrente comporta a dover sostenere dei costi abbastanza impegnativi tali da penalizzare investimenti, risparmi e progetti futuri. Consideriamo di possedere un patrimonio pari a 50 mila euro e immaginiamo di lasciare questi soldi fermi sul conto corrente perché pensiamo che non sia il momento giusto per fare degli investimenti. Bene se a fine anno guardassimo il nostro estratto conto potremo notare che con un’inflazione del 6,8 % avremo generato una perdita certa del potere di acquisto di 3400 euro. Questo vuol dire che su base mensile avremo perso 283,33 euro e invece su base giornaliera la perdita sarebbe stata di 9,31 euro. Facendo questa considerazione, ci rendiamo conto che questa perdita può essere paragonata ad una rata di un piccolo prestito, ad un affitto di un immobile o di un automobile. Pertanto se non cambiamo da subito le nostre abitudini e se non mettiamo da parte la nostra emotività mantenere 50 mila euro in conto corrente determina nel 2022 una spesa fissa giornaliera di circa 10 euro.
Continua a leggere