Ci stavamo preoccupando per nulla quando negli ultimi anni ci preoccupavamo per la scomparsa dell’inflazione. Ora è finalmente tornata per dare il suo valido contributo alla crescita del Pil mondiale e per riportare l’economia alla normalità mediante l’accelerazione del tapering. Parliamo qui di quella manovra di cui tanto si sente parlare, che tende a ridurre e azzerare l’azione delle banche centrali nell’acquisto generalizzato obbligazioni, che mira a supportare l’economia nei momenti di crisi. Questa situazione inflattiva disegna Il nuovo paradigma, che prevede futuri scenari con possibili ribassi anche delle azioni, con un rialzo sempre più deciso del ritorno dei titoli obbligazionari di nuova emissione. Le conseguenze non saranno indolori, soprattutto per i tanti appassionati dei mercati obbligazionari. Questo perché un loro rialzo procura una discesa automatica della quotazione dei titoli emessi. Quello che stiamo vivendo oggi è proprio l’anticipazione di scenari futuri, dato che le aspettative degli investitori sul mercato sono fattori determinanti per la determinazione del prezzo attuale.
Quando c’è un’inversione dei tassi verso l’alto, le obbligazioni a cedola fissa, specialmente quelle a più lunga scadenza, diventano una sorta di prigione per chi le detiene in portafoglio. Infatti il loro corso scende maggiormente rispetto a quelle di durata più corta, diventando pressoché invendibili se non con sacrifici in conto capitale. Diverso destino invece per le obbligazioni a tasso variabile, le quali subiscono oscillazione più limitate grazie alle cedole che si adeguano al rialzo. Grande festa invece per tutti i possessori di obbligazioni indicizzate all’inflazione, che regalano rendimenti in linea con la sua crescita. Da ciò risulta evidente come oggi, guardando al prossimo futuro, sia più opportuno mantenere in portafoglio obbligazioni a tasso fisso con scadenze corte oppure a tasso variabile. Per chi volesse avvicinarsi a quelle indicizzate all’inflazione, consiglio di fare una attenta valutazione del loro corso prima dell’acquisto. La conseguenza del movimento dei tassi non lascerà indenne nemmeno il mercato azionario, ma con effetti diversi, data la sua diversa natura e funzione. Tutti noi sappiamo infatti che il ritorno azionario nel lungo periodo è sempre positivo. Per il mercato USA, considerato il più evoluto, il ritorno è stato negli ultimi 100 anni mediamente del 7,5% annuo.
L’indice MSCI World, che ci restituisce una media basata su diversi paesi evoluti, ci restituisce un significativo 4,78%, calcolato sugli ultimi 20 anni (fonte Quantalys). Naturalmente non vogliamo nascondere che a volte si possono registrare momenti di forti ribassi, come quelli del periodo 2000-2003 che hanno toccato livelli vicini al – 20% o, ancora peggio, nel periodo 2007-2009, con ribassi sino al -50%. Tuttavia mi piace sempre controbattere agli amici gufi dei mercati, che i momenti di ribasso sono infinitamente più rari dei rialzi. La cosa affascinante è che nella storia i recuperi ci sono sempre stati e le perdite più consistenti, sono state realizzate solo da coloro che si sono lasciati prendere dalla paura, liquidando il proprio capitale nel momento (SBAGLIATO PER VENDERE) di massimo ribasso. Chi invece ha avuto pazienza e la forza di non cedere alla paura, ha SEMPRE RECUPERATO, quindi ha anche GUADAGNATO.
La pazienza e la resilienza hanno sempre determinato lo spartiacque tra chi vince e chi perde sui mercati. Ecco perché è consigliato, a chi non ha le doti descritte, di stare sempre lontano da investimenti che possono per lui, e solo per lui, costituire un azzardo. La MIFD 2 quando è impiegata nel giusto modo, consente di impedire che investitori non idonei, per condizione oggettiva o soggettiva, si avvicinino al mercato del rischio, che non è solo quello azionario, come erroneamente si tende a credere.
Ritorniamo ora all’inflazione e poniamoci la domanda delle domande per concludere il nostro discorso: cosa fare oggi della liquidità accumulata sui conti correnti, in presenza di una inflazione italiana che oggi è del 3%? Naturalmente tutti noi siamo sempre alla ricerca di certezze che però nell’esperienza umana sono spesso chimere. Ecco perché si parla di rischio e probabilità, soprattutto in finanza. Una certezza però esiste: chi non ha il coraggio di investire seguendo le indicazioni di cui abbiamo parlato nei post precedenti, vedrà materializzarsi la perdita del 3% in valore nominale sul capitale tenuto sul conto, perdita che andrà sommata a quella realizzata negli anni passati, ancorché l’inflazione sia stata bassa. Per tutti gli scettici che non credono all’inflazione consiglio di leggere l’articolo di Riccardo Sorrentino pubblicato sul Sole24Ore di sabato 2 ottobre dal titolo “Eurozona: balzo dell’inflazione ai massimi da 13 anni (+ 3,4%).
È auspicabile quindi che l’investitore che non si sente pronto ad affrontare i mercati, sia consapevole che perdere è una scelta che può essere evitata SOLO usando nel giusto modo il tempo e la pazienza, naturalmente quando se ne sia dotati. Ogni altra realtà che venisse chiamata INVESTIMENTO, ma che non fosse dotata di quantificazione temporale, assumerebbe connotati diversi più simili all’AZZARDO e alla SPECULAZIONE.