Mi piace ogni tanto ritornare su argomenti di cui ho già ampiamente parlato in passato in passato perché ritengo che oggi, forse più di ieri, bisogni fare chiarezza su alcuni processi di investimento. Oggi voglio rivolgermi in particolare a tutti coloro che sembrano attratti da rendimenti azionari, ma che al tempo stesso ne sono spaventati. A tutti questi investitori voglio suggerire che per chi non abbia un lasso di tempo superiore ai 6 anni, dovrebbe avvicinarsi a questo mercato con prudenza o con poche risorse, magari investite in modo graduale. Il grafico qui sotto, tratto da una lucida analisi di T Rowe Price, ci aiuta a capire visivamente che la probabilità di avere rendimenti negativi per le diverse asset class azionario e obbligazionario, diminuisce con l'avanzare del tempo. In particolare, usando una metodica rolling, a 5 anni sul mercato azionario tale probabilità è del 7% che scende al 3% a dieci anni, arrivando addirittura ad azzerarsi in venti anni. Naturalmente il periodo di rilevazione molto lungo (gennaio 1945 - dicembre 2019) ci conferma che il principio mantiene la sua validità nel tempo. Viceversa notiamo come nel breve la possibilità di perdere raggiunga una soglia elevata del 21%, confermando che Investire in tempi più brevi potrebbe costituire qualcosa di più simile alla speculazione.
Chi mi legge da tempo sa che nel lungo periodo le azioni fanno sempre guadagnare, naturalmente se ben selezionate. Sin qui nulla di particolarmente innovativo, se non che da un altro studio redatto da Fidelity nel 2018 emerge uno tra i migliori insegnamenti che gli investitori accorti dovrebbero imparare a memoria: cercare di battere il mercato attraverso una politica di gestione di market timing, potrebbe rivelarsi un gravissimo errore. Dal grafico, tratto dal sito americano The Simple Dollar, che esplicita i dati di crescita di 10 mila dollari investiti dal 1980 al 2018, si evince quanto possa diventare dannosa la scelta di liquidare l’asset in momenti di turbolenza di mercato. Infatti, perdere i cinque migliori giorni stando in liquidità, anziché rimanere investiti in un fondo, riduce il rendimento complessivo del 35% a salire, a seconda del numero di errori commessi con l'attività di trading. Tutto questo in un periodo di 38 anni, con circa 10.000 giorni di negoziazione di azioni. Lo stesso principio vale anche per altri mercati se ben selezionati.
Da qui mi piacerebbe rivolgere alcune domande a chi si avvicina con fiducia e speranza al market timing pensando di riuscire nell'ardua impresa di battere il mercato:
1. siamo davvero sicuri che confidando sulla propria bravura (e fortuna), sia possibile non commettere l'errore di perdere quei 5 giorni meravigliosi, la cui perdita danneggerebbe inesorabilmente la nostra performance totale?
2. siamo così sicuri che il nostro consulente sia tanto bravo da riuscire sempre e costantemente a battere il mercato?
3. Non sarebbe meglio evitare di aggiungere rischio al rischio, navigando invece con semplicità sul mercato, costruendo un asset coerente con le nostre preferenze REALI e ben diversificato, anziché provare a batterlo?
Un altro buon motivo per rimanere investiti, senza affannarsi nella rischiosa (e costosa) attività di compravendita, è che le opportunità sul mercato ci sono sempre, ma sono più concentrate nei periodi che sembrano i peggiori. Infatti, la maggior parte dei migliori giorni di borsa nel corso della storia si sono avuti nel mezzo di significative flessioni del mercato, dal periodo del caos del fallimento tecnologico dei primi anni 2000 a quello della Grande Recessione del 2008. Senza parlare poi delle recenti opportunità offerte dall'attuale crisi pandemica. So a cosa state pensando “è difficile però non avere paura in quei momenti”: in quei momenti è come se il mondo fosse sull'orlo del disastro e tutto complottasse per farci perdere la ricchezza accumulata sino a quel momento. A tutti voi che mi leggete confesso che l’angoscia assale anche me che ho 30 anni di esperienza sui mercati dell’investimento. La differenza è che quel senso di smarrimento mi rimane giusto per qualche minuto, il tempo di isolarmi dai media che diffondono notizie prettamente concentrate sul breve. L'insegnamento che la storia dei mercati finanziari ci consegna, è che diventa fondamentale evitare di vendere quando il panico divampa, soprattutto durante i momenti di estrema difficoltà. Perché non vogliamo imparare che sui mercati la performance è solo questione di tempo, non di tempismo e che comprare bene quanto tutti vendono è estremamente profittevole?
Per questo motivo la compilazione della Mifid, tanto bistrattata dai più, è così importante. Essa dovrebbe diventare lo spartiacque fondamentale per la selezione naturale tra chi può e chi non può, tra chi deve e chi non deve entrare sul mercato azionario. Se il dispositivo di legge fosse rispettato da tutti gli intermediari (banche, reti, consulenti dipendenti e indipendenti, intermediari, ecc.) non si conterebbero così tante cattive esperienze segnalate dagli investitori, persino di quelli che mentendo a sé stessi, non sono in grado di controllare le proprie paure quando sarebbe invece necessario. Chi non ha pazienza o non sopporta di vedere il proprio investimento sottoposto a momenti di crisi, chi non ama quindi la volatilità o non ha il tempo necessario per investire con i necessari crismi, sarebbe meglio che evitasse di prendere rischi inutili. Le vere opportunità non stanno vicino alla riva del mare degli investimenti, ma al largo. Se si desidera rimanere sotto costa non ci si deve poi affidare al mordi e fuggi del market timing, usandolo come scusa per ottenere di più. È dimostrato che solo per fortuna, non per conoscenza o competenza, si ottengono in pochi casi rendimenti appropriati cercando di controllare il rischio. In caso di sconfitta statisticamente certa, si aggiungerà inevitabilmente anche il rammarico e il pentimento per non avuto saputo resistere alle mareggiate e tempeste improvvise, cedendo all’errata convinzione che liquidare l'investimento sia l'unica via per evitare il peggio. A chi non vuole correre particolari rischi, ma è attratto dal mare aperto, suggerisco di navigare usando quel sottomarino più lento e meno performante chiamato PAC, consapevole che ad una minore performance corrisponde anche una minore paura. E poi, se ci pensiamo bene, tutti coloro che usano il tempo come attenuatore del rischio, navigano sotto le onde in tranquillità, anche nei giorni di tempesta.
Da ultimo consiglio ai più timorosi, proprio perché conosco molto bene quanto quello stato emotivo possa essere portatore di inquietudine, di non controllare giornalmente e ossessivamente il proprio investimento, specialmente nei giorni di crisi, proprio per non cadere nella pericolosa tentazione di liquidare. Meglio sarebbe dunque verificare l’andamento di portafoglio con cadenze regolari non troppo ravvicinate, controllando più che l'andamento delle performance quella del mantenimento della qualità dell’asset, magari senza perdersi troppo nella modifica tattica del portafoglio, se non strettamente necessario. Lasciamo dunque che i gestori facciano i gestori e i consulenti i consulenti. L'incarico di questi ultimi non è quello di azzeccare performance con promesse spesso impossibili da realizzare per soddisfare l'ingordigia dei clienti, ma bensì quello di tradurre in strategie sempre comprensibili ai clienti stessi la scelta condivisa dei prodotti.
Soprattutto invito chi mi legge a non farsi condizionare troppo, SPECIALMENTE nei momenti di crisi, da tutta quell’infodemia finanziaria che ha l'unico obiettivo di suggerire repentini cambiamenti di asset poiché, operando in modo generalizzato sulle emozioni di ogni singolo lettore senza riferimenti alle reali esigenze e preferenze di ciascuno, hanno come finalità quella di vendere notizie di brevissima durata che, se non attentamente valutate con coscienza e conoscenza, seguendo cioè rigorosi processi di investimento, possono provocare seri danni al portafoglio.