Parto dalla domanda che un cliente mi ha rivolto in settimana riguardo al mio modo di trattare la situazione dei mercati, con uno sguardo ottimista sul futuro e la convinzione che questi ribassi siano fantastiche occasioni d’acquisto. Tuttavia c’è da chiarire che anche un consulente finanziario è preoccupato per l’attuale situazione, così come lo è stato in altre occasioni simili. Anche lui è uomo e come tale è colpito da bias comportamentali così come qualsiasi altro individuo. Tuttavia dalla sua parte ha l’esperienza, qualche nozione di finanza, almeno una sufficiente infarinatura di come funzionano i mercati e soprattutto conosce e sa interpretare gli insegnamenti della storia. Questo è il motivo per cui un consulente finanziario non può che essere ottimista guardando al futuro e questa deve essere la sua mission. Lo è tanto più se ha avuto l’accortezza di coinvolgere i clienti nel processo di costruzione del portafoglio, progettando insieme a loro il tempo dell’investimento, graduando il grado di rischio, tenendo conto delle loro preferenze. Certo deve avere anche saputo trasferire con profitto le sue convinzioni e le sue esperienza. Una volta fatto tutto questo il risultato non è questione del SE si raggiungerà l’obiettivo ma semmai, nel peggiore dei casi, del QUANDO.
CERTEZZA IN FINANZA
Un presupposto mai scontato è che sui mercati finanziari non esistono certezze. Non ne esistevano nel passato, quando i rendimenti dei BTP o dei BOT sembravano altissimi con l’inflazione che comunque mordeva per sottrarre la “ricchezza” generata, senza che comunque nessuno se ne accorgesse, concentrati come si era solo sui rendimenti monetari e non su quelli reali. Come si può vedere dal grafico sotto riportato che descrive l’andamento dei Tassi Ufficiali e dei Bot dal 1955 al 2021, l’inflazione non ha sottratto potere d’acquisto ai rendimenti tutte le volte in cui la linea rossa è stata sotto quella blu e azzurra. Per questo dire che i titoli di Stato hanno sempre dato grandi interessi non è del tutto vero, così come non lo è dire che una volta si avevano certezze quando si investiva.
Questo è quindi falso o, quanto meno, non è sempre stato vero. Dal 2008 ad oggi l’inflazione, pur viaggiando a livelli molto bassi, ha comunque eroso il potere d’acquisto di chi ha investito in titoli di Stato, per non parlare di chi ha tenuto grandi quantità di denaro liquide sul conto corrente. Questo è il motivo per il quale parlare di certezze in campo finanziario è scorretto, proprio perché come abbiamo scoperto nostro malgrado negli ultimi tre anni, tutto è possibile tranne che prevedere il futuro dei mercati. E proprio perché si tratta di probabilità la certezza è latente, mai garantita. Chi si sarebbe mai immaginata una pandemia e subito dopo, una guerra così devastante alle porte dell’Europa? Nessuno poteva prevederlo e nessuno poteva nemmeno immaginarlo. Se nelle loro previsioni hanno sbagliano anche la Fed e la BCE, considerando il rialzo dell’inflazione come fenomeno di brevissimo periodo facilmente superabile, figuriamoci gli errori che potrebbe commettere un investitore in balia dei propri bias comportamentali, disperatamente solo quando si trova davanti alla tentazione di uscire o meno dal mercato proprio il giorno del maggiore ribasso di Wall Street. La storia ci ha insegnato che un investitore non cerca di prevedere gli andamenti di mercato ma usa il tempo come alleato rimanendo investito, per evitare di perdere i migliori rimbalzi che ci sono sempre dopo i ribassi. Meglio quindi rimanere investiti piuttosto che cercare di mettersi contro il mercato, navigando sotto la superficie degli oceani. Lo speculatore invece DEVE cercare di battere il mercato provando ad anticipare rialzi e ribassi ma per lui non conta il tempo ma il millisecondo, poiché lui fa surf sulle onde.
PROBABILITA’ E FINANZA
Un'altra cosa da considerare è che diventa difficile per un investitore ragionare in termini di probabilità di successo, visto che noi umani siamo abituati ad un comportamento che è predisposto a ricercare le certezze. Solo che nello scibile umano la certezza è spesso chimera. Vediamo di illustrare meglio questo concetto. L’uomo ha una vita statistica media e NON LA CERTEZZA che ogni individuo la raggiunga e questa si chiama probabilità. Allo stesso modo si parla di probabilità di guarire da una certa malattia, che in alcuni casi è letale, ma che non sempre lo è. Tuttavia preferiamo pensare positivo in assoluto e non alle alte percentuali di sopravvivenza: quello che però ci angoscia è l’esito negativo, mentre non ci interessiamo quasi mai dell’alta probabilità di sopravvivenza. Per spiegare ancora meglio questo concetto citerò una frase presa a prestito dal blog INVESTIRE CON BUON SENSO, dove si può leggere che noi uomini “... siamo più attratti e impauriti da una notizia di una persona morta a causa di una puntura di calabrone piuttosto che da quella di una persona investita da un’auto. Eppure la prima ha una probabilità di essere causa di morte in 1 caso su 62mila, la seconda in 1 caso su 600”. Preferiamo essere colpiti da eventi rari piuttosto che confidare su probabilità migliori. Nel nostro caso è come se qualcuno ci raccontasse della sua esperienza negativa per avere investito su fondi comuni e di avere sempre perso grandi cifre, senza però raccontare l’altra parte di verità, e cioè che ha investito in un anno comprando ai massimi e vendendo spaventato sui minimi, magari senza rispettare i tempi previsti dell’investimento per paura di perdere. Provate a chiedere a chi ha investito sui mercati azionari nel mese di giugno del 2018 e liquidato nel dicembre successivo in pieno drawdown, salvo poi rientrare a dicembre 2019, quando i mercati non solo avevano già ampiamente recuperato le perdite, ma con nuovi massimi raggiunti. Pensate che lui ricordi il rammarico di avere venduto per la paura nel momento peggiore? La stessa cosa chiedetela a chi nell’aprile del 2020, in piena pandemia, ha deciso di liquidare tutte le sue posizioni, magari anche in perdita, salvo poi rammaricarsi di non essere rientrato nel momento più opportuno, con un rialzo molto veloce e ripido, durato sino a ben oltre la metà dell’anno successivo. Il maggior silenzio si avrà in tutti i casi da chi ha pensato in termini probabilistici di usare la ragione e vincere la paura: non ha disinvestito nel 2018 e non ha liquidato in piena pandemia conservando le sue posizioni. Ma noi sappiamo che fa più rumore un albero che cade piuttosto di quello di una foresta che cresce!
CONCLUSIONI
Ora veniamo a noi riflettendo su quanto appena detto: pensate davvero che dopo questi ultimi forti ribassi, ammesso e non concesso che siano gli ultimi, il mercato diventi ingestibile e cambi totalmente il suo funzionamento solo per fare felici i miei amici gufi? Questo è uno dei tanti motivi per i quali non riesco mai ad essere pessimista quando i mercati scendono. Nei miei 32 anni di carriera non ho mai visto (MAI) collassi irreversibili di sistema tanto da poter dire in via definitiva “questa volta è davvero finita!”. Ho visto piuttosto che più il mercato correggeva pesantemente e meglio era l’andamento negli anni successivi, come succede ad un organismo vivente quando si riprende da una malattia, diventando a causa di quella malattia più forte di quanto non fosse prima. Certo qualche raro esempio negativo c’è, ma è una rara eccezione, l’unica che consente di fare felici i tanti gufi del mercato. E se statisticamente la storia ci dice che c’è un ribasso ogni 5 anni circa, sappiamo anche che la ripresa non tarda a venire nei mesi successivi al picco di minimo. Ammesso e non concesso che i rialzi siano anche nei 2 o 3 anni successivi, questo non ci farà mai diventare negativi di indole. Rimanere investiti è quindi il mantra da recitare per tutti coloro che vogliono guadagnare qualche punto più dell’inflazione in termini reali e non solo monetari, anche e soprattutto in periodi di alta inflazione.