In settimana un potenziale cliente mi ha chiesto quali potessero essere i pericoli di investire, soprattutto in un momento in cui la situazione dei mercati mondiali non sembra essere più così favorevole. In realtà se ne parla da tempo di questa impennata inflattiva, del pericolo del tapering, della immensa liquidità depositata sui conti correnti sottratta all’economia reale, destinata forse ad aumentare in modo spaventoso, nel caso di imprevedibili ulteriori violenti ribassi. Non da ultimo citerò il caso Evergrande che ha innescato il timore di un’altra Lehman Brothers. Di occasioni per essere preoccupati nell’immediato ce ne sono tante a volerle cercare. Tuttavia non lasciamoci catturare dallo sconforto che eventi finanziari catastrofici possano abbattersi su di noi, scatenando cosi scenari distopici. Senza predire il futuro, possiamo a ragione ritenere che il momento attuale sarà certamente diverso da quelli più lontani che ci aspettano, dove i mercati saranno prevedibilmente in un punto molto più alto di quello attuale.
Un esempio mi aiuterà a chiarire quello che intendo dire. Negli anni 70 il mondo sembrava sull’orlo di una grandissima crisi e forse lo era davvero, molto più di oggi. L’Italia non se la passava molto bene, i dati lo raccontano. Eppure oggi ci lamentiamo ancora della nostra situazione. E voi che mi leggete, come vi immaginate tra 5, 10 o 15anni? Più ricchi o più poveri di oggi? Pensate davvero che l’economia possa peggiorare nel tempo? Forse tutto cambierà ancora, come lo è stato con la pandemia, ma cambiare non è necessariamente peggiorare! La storia ci ha insegnato che il progresso aumenta il benessere e, anche se la povertà è ancora alta, non c’è mai stato un periodo simile a questo, con una povertà diffusa così bassa e una ricchezza media così alta. I dati finanziari ci aiutano a comprendere che i mercati non finiranno mai di crescere, aiutando così i nostri investimenti. Ormai questo lo sappiamo, cerchiamo di non dimenticarlo.
Ritornando a dove eravamo partiti, confesso di essermi soffermato con il mio futuro cliente in particolare sul mercato cinese, che lui riteneva oggi molto rischioso. Gli ho rivelato che se quel mercato avesse per ipotesi perso ieri il 10%, sarebbe comunque da comprare, non certo da vendere. Quando i mercati scendono, se si può bisogna comprare e se non lo si fa, si commette un grave errore. Quando si acquista un bene, per noi necessario o desiderato, il nostro sorriso può rivelare al mondo di averlo fatto magari ad un prezzo scontato, facendoci felici per il grande affare fatto. Perché non dovrebbe essere lo stesso in finanza? Siamo consapevoli che se i prezzi scendono al di sotto del nostro prezzo di acquisto, potremmo credere di avere perso l’occasione della vita. In realtà, in campo finanziario così non è: un buon affare fatto, comprando con uno sconto del 10%, non compromette un affare ancora migliore se quel prezzo scende ancora di un altro 10%, proprio perché sappiamo che nel tempo i prezzi risalgono sempre. Abbassare quindi il costo medio è qualcosa di auspicabile che può solo farci del bene, proprio perché i mercati non salgono sempre in modo continuo ma discontinuo, con inclinazioni sempre diverse. Ma sappiamo che cambiano i rendimenti, ma non le gratificazioni per avere scelto di investire sull’economia reale acquistando azioni.
L’andamento in rosso dell’indice azionario MSCI World dal gennaio 1999 all’ottobre 2021, dimostra quanto affermato poco sopra. Come si può osservare, pur in presenza di momenti di forte ribasso, il mercato nel tempo si è sempre ripreso, superando ampiamente i precedenti punti di minimo. Immaginiamo invece di avere comprato sui massimi e di avere rafforzato l’acquisto, comprando ancora sui minimi. Si può forse dire che tutta la performance sia stata frutto della fortuna di essere entrati al momento giusto? Di quanto avrebbe potuto incrementarsi il guadagno comprando nei momenti di massima paura? Comprare al rialzo è facile, provate a farlo quando il vostro investimento è sceso del 50%, come accaduto nel periodo 2007- 2009!
In un precedente post ho già fatto una provocazione che voglio ripetere. Coprite il grafico dell’indice MSCI World con un foglio bianco e lentamente scopritelo da sinistra verso destra. Ora ditemi se voi nei periodi cosiddetti di stress finanziario, avreste comprato o venduto. E non barate sulla risposta, perché da qui al futuro non abbiamo che l’insegnamento della storia a confortarci e a supportarci, rivelandoci quello che è stato, non quello che sarà. Quanti tra voi avrebbero comprato nei punti di minimo? Quanti avrebbero invece venduto giurando di non investire mai più?
Certo ora è facile dire che cosa avreste fatto, soprattutto in virtù della scelta razionale fondata sul senno del poi. Io che c’ero vi assicuro che è stato sempre difficile convincere i clienti a non liquidare posizioni nel momento sbagliato, motivandoli invece ad incrementare la quota investita. E quando lo facevo non mi chiedevo se fosse stato raggiunto il famoso limite inferiore che rappresentava il miglior punto per investire. Lo facevo perché sapevo che tutto sarebbe cambiato e tornato a quella situazione di normalità che si chiama crescita.
Per questo, devo confessarvi che ho imparato molto più dai ribassi che dai rialzi, perché i maggiori guadagni si realizzano quando tutto scende e non viceversa. Chi mi legge sa quanto io sia affezionato alla storia, la cui analisi non amplifica affatto le mie capacità di prevedere il futuro. Questa invece mi aiuta a non commettere errori imperdonabili, soprattutto verso chi si avvale del mio lavoro per raggiungere nel tempo i suoi obiettivi di investitore.