Pare che in biologia la diversità sia un elemento di sopravvivenza della specie quindi un valore, mentre l'adeguamento della massa a protocolli con creazione continua di replicanti porti in realtà all'aumento del rischio sistemico, basti pensare alla facilità estrema con cui i cani di razza si ammalano quanto più la razza è pura. Se tutti de-correlano allo stesso modo, che razza di decorrelazione è?
Il problema legato al coronavirus e alla sua possibile diffusione era sotto gli occhi di tutti da metà gennaio e le risposte in merito date da alcuni famosi gestori di fondi nel corso degli incontri a cui ho partecipato nel mese di gennaio e febbraio dimostravano quanto il buon senso in alcune occasioni, purtroppo, sia preferibile di gran lunga alle elucubrazioni teoriche e alle complicazioni dell’industria del risparmio gestito con la catena e gli ingranaggi della distribuzione di prodotti finanziari retribuita perlopiù a provvigioni.
Nel corso di questi incontri, se da un lato trovavo insufficienti e deludenti le risposte di coloro che hanno in gestione enormi quantità di denaro anche di risparmiatori e investitori italiani, ho avuto peraltro l’occasione di venire a conoscenza della mappa in tempo reale della diffusione del coronavirus pubblicata on-line dalla Johns Hopkins University grazie all’indicazione di un carissimo amico e collega.
Ho iniziato man mano a seguire le notizie circa lo sviluppo del coronavirus in Cina e mentre in Italia si stava scatenando una becera caccia al “cinese untore”, io piuttosto riflettevo su due considerazioni, banali ma quantomai reali:
se i cinesi prendono così seriamente la questione e costruiscono un ospedale enorme in pochi giorni, evidentemente il problema è molto grave e i virus restano confinati in una zona solo se riescono a contenerli, ma potrebbero viaggiare anche in poche ore in prima classe;
la realtà italiana è fatta anche da moltissime piccole e medie imprese, a volte a conduzione familiare che intrattengono da oltre un decennio rapporti commerciali con la Cina, comportando sovente viaggi di manager e tecnici non solo nelle principali città cinesi, ma soprattutto nelle zone meno conosciute interne in relazione alla dislocazione delle aziende con cui lavorano.
Nonostante questo, parlando del coronavirus, era evidente come la maggior parte delle persone, soprattutto tra gli addetti ai lavori della finanza, sottovalutasse il problema e francamente anch’io in una prima fase non ho avuto sufficiente convinzione limitandomi a spiegare ai clienti, molto banalmente, che gli I-Phones di Apple sono prodotti in Cina così come moltissimi altri prodotti nel mondo e che se la catena della produzione e della distribuzione mondiale si fermava per il blocco delle attività in Cina, questo avrebbe in ogni caso avuto una ripercussione anche sulle aziende occidentali, i loro utili e in ultima analisi sulle quotazioni azionarie.
Ho quindi iniziato a scrivere una serie di articoli pubblicati su questo sito da inizio febbraio in cui suggerivo di utilizzare degli strumenti di protezione utili a bilanciare i portafogli e ad evitare, almeno in parte per un periodo temporaneo, una eventuale forte discesa del mercato azionario.
Allo stesso tempo, all’interno della progettazione complessiva del portafoglio di ciascun cliente, già da tempo avevo iniziato a consigliare strumenti quotati prevalentemente legati ai titoli di Stato americani e strumenti quotati correlati al prezzo dell’oro con copertura valutaria.
Il tema centrale era quindi la protezione del patrimonio, in attesa di capire gli sviluppi della situazione: a mio parere una soluzione di buon senso alla portata di tutti, a quanto pare molto lontana dalle logiche contorte di alcuni gestori di fondi comuni famosi a livello mondiale.
Ciò che non avevo invece assolutamente in mente era una possibile guerra sul prezzo del petrolio che, guarda caso, è intervenuta esattamente una settimana dopo l’inizio conclamato della crisi dovuta al coronavirus in Italia e quindi in Europa e nei paesi occidentali.
Gli interventi delle banche centrali, a cui molti famosi gestori internazionali si sono appellati dal momento in cui si sono resi conto che il loro castello di carte poteva crollare, sono stati finora complessivamente poco efficaci e in alcuni casi deludenti: è sotto gli occhi di tutti e non aggiungo altre parole sul tema.
Purtroppo, vedo che la stragrande maggioranza della cosiddetta “consulenza finanziaria” facendo parte di un sistema integrato che replica procedure e modelli - sovente basati sulle teorie di accademici dello scorso secolo che non sono stati neppure in grado a volte di gestire bene i loro risparmi privati - continua a ripetere il solito vecchio mantra “investi per il lungo termine, tanto poi le cose si aggiustano sempre e l’economia nel lungo periodo è il motore di sviluppo principale che ci salverà”. Per dimostrare tutto questo vengono evidenziati ai clienti grafici e foto di giornali dello scorso secolo, senza spiegare che il mondo non è assolutamente più quello di allora: il mondo è cambiato profondamente già solo negli ultimi vent’anni, la popolazione è cresciuta in modo esponenziale e lo sfruttamento delle risorse è stato gestito finora in modo criminale. Parallelamente si sono avuti enormi sviluppi in tecnologia, nel settore sanitario e nel settore finanziario.
Il famoso crollo di Wall-Street negli anni ’20 (cento anni fa), che in qualche modo segnò l’inizio della Grande Depressione, colpì in realtà soltanto i patrimoni di pochissimi investitori statunitensi dato che la maggior parte della popolazione sia americana che mondiale era dedita alla sopravvivenza e non certo all’investimento borsistico.
Oggi è possibile investire in tempo reale in mercati lontani e in materie prime o valute stando seduti nel salotto di casa o in spiaggia ai Caraibi grazie alla tecnologia. L’accesso all’investimento finanziario è di fatto possibile ad un numero di persone e risparmiatori infinitamente superiore alla situazione americana di cento anni fa.
Già solo questo elemento sarebbe sufficiente per affermare che non c’è alcuna coerenza nel confrontare la situazione della borsa americana di allora con la situazione attuale.
Come scritto all’inizio di questo mio articolo, da tempo il sistema della pseudo consulenza finanziaria cerca di costruire portafogli de-correlati spiegando ai clienti come questo possa portare, nel tempo, ad ottenere risultati positivi praticamente certi, facendosi pagare molto caro sotto forma di commissioni interne ai prodotti venduti.
Tutta questa costruzione e queste procedure avrebbero molto senso se realizzate da un numero limitato di operatori rispetto alla totalità del mercato e potevano avere certamente più senso nei mercati finanziari e con le economie di trent’anni fa, del resto questa modalità operativa nasce da teorie economiche circa la costruzione del portafoglio divulgate proprio in quegli anni.
Nel corso degli ultimi due decenni, il mondo ha vissuto crisi finanziarie di portata epocale incentrate però fondamentalmente su problemi di tipo puramente finanziario e con decisioni politiche di tipo puramente finanziario siamo arrivati fino ad un mese fa complessivamente con buoni risultati.
Purtroppo, il sistema finanziario ha creduto evidentemente che ci fosse sempre la possibilità di correre a casa piangendo da mamma e papà sperando in un aiuto dopo aver combinato qualche grosso guaio.
È incredibile come da questo punto di vista in pochissimi giorni il paradigma costruito in decenni abbia dimostrato la sua enorme fragilità.
Sono certo, assolutamente certo, che anche questa volta che la caveremo e il Nostro Paese sarà preso da esempio per come ha gestito la situazione in positivo.
Sono altresì convinto che questa volta è “davvero diverso” e che sia fondamentale, una volta superata l’emergenza, ripensare profondamente a tutto quanto siamo stati abituati finora.
E’ necessario un cambio di paradigma: un enorme cambio di paradigma che coinvolgerà ognuno di noi perché sarà assolutamente necessario un ampio progetto comune condiviso nelle linee guida e in ogni singolo dettaglio, in modo che eventi come quelli che stiamo vivendo in questi giorni possano in qualche misura essere evitati o avere un impatto minore sulla nostra vita.
Non voglio con questo dire che non esistano più regole da seguire per investire in modo ragionato i propri soldi, anzi, quanto piuttosto desidero evidenziare come le procedure e le metodologie siano corrette in momenti normali, ma che il buon senso e la responsabilità individuale di saltare i protocolli in caso di emergenza possano rivelarsi molto più utili di mille contorte elucubrazioni mentali e mille e più ore perse a calcolare e confrontare le minime differenze di costo tra diversi strumenti e diverse operatività.
In prossimità dei miei trent’anni di consulenza finanziaria, sono assolutamente convinto che sia molto meglio per un risparmiatore padre di famiglia in questo momento poter contare su maggior liquidità in conto corrente e investimenti in strumenti difensivi rispetto alla prospettiva di ritrovarsi con qualche migliaio di euro in più tra cinquant’anni, dal momento in cui la possibilità di perdita di lavoro e di difficoltà economiche per un certo periodo di tempo, al momento imprecisato, è certamente molto più elevata oggi rispetto anche solo a due settimane fa.
Chi invece dispone di maggiori capitali, potrà decidere quanto dedicare alla parte più aggressiva del portafoglio, sia azionaria che obbligazionaria, con la consapevolezza che i minimi potrebbero nel breve termine essere ben più in basso di quanto visto sino a ieri. Dipenderà dall’evoluzione della crisi che tutto il mondo sta vivendo, dallo sviluppo di vaccini e cure utili e dall’impatto di tutto ciò sull’economia mondiale.
E visto che per un po’ di tempo dovremo restare in casa più del solito, ho pensato di lasciarvi un collegamento ad un articolo di due anni fa che considero interessante: