Non posso mai esimermi dal parlare delle previsioni, soprattutto quando qualcuno mi chiede di raccontare qualche aneddoto relativo alla mia carriera. Tra le ultime alle quali ho creduto c'è n'è una che risale al 1992. Era stata lanciata dal vincitore del Premio Nobel per l'economia del 1985 Franco Modigliani, durante un collegamento via satellite al quale assistevo dal Jolly Hotel di Milano Due, in compagnia di colleghi della società di cui allora facevo parte. Per l’occasione l’esimio professore si era lasciato andare ad una apocalittica previsione sull’imminente declino dell’economia Usa che per lui, aveva già dato tutto il possibile. L’invito riservato a noi consulenti era stato quello di modificare i portafogli, guardando verso altri mercati. In fondo il consiglio veniva da un Premio Nobel, perché non credergli? Tuttavia dopo quella previsione il Dow Jones aveva continuato inesorabilmente a salire sino alla crisi conosciuta come dotcom bubble dell'anno 2000. In quei momenti ho finalmente capito che prevedere è davvero uno sport riservato alle divinità più che ai Premi Nobel o agli economisti! Così ho deciso di cambiare approccio ed assumere, in costanza di previsioni, un atteggiamento critico: la scelta sarebbe stata quella di ascoltare tutti, ma di basare le mie convinzioni sulla conoscenza professionale dei mercati e sulla storia economica, fatta anche di racconti e vita di vissuta. L’esperienza del passato poteva diventare così una affidabile guida per la costruzione di strategie di investimento, sia di lungo che di breve periodo. Oggi la mia più grande convinzione è che proprio durante le fasi di tempesta sui mercati si producono le condizioni per generare ricchezza, che si può però distruggere lasciandosi andare a vendite emotive. Sarà anche controintuitivo ma è così che ci si deve comportare. Sempre.
Infine prendo spunto dalle discussioni che molti anni fa avevo con clienti parlando di Inps, per una riflessione sulle pensioni. Già allora si percepiva chiaramente che il sistema aveva delle evidenti carenze che dovevano essere assolutamente sanate. Le prime crepe nel sistema previdenziale avevano cominciato a manifestarsi palesemente con la riforma del 1990, che per la prima volta toccava i lavoratori autonomi fissando un’iniziale quota fissa di versamenti contributivi pari al 12% del reddito lordo, seguita subito dopo da quella Amato del 1992, dal nome del presidente del consiglio dell'epoca che l'aveva posta in essere. Si, proprio quello stesso Amato che aveva applicato dalla sera alla mattina il famoso prelevamento del "seipermille" sui conti correnti! Nell’anno successivo avevamo assistito poi al varo del DL 34/1993, che accorpando varie gestioni previdenziali per tentarne il salvataggio, apriva la stagione non ancora esaurita dell'innalzamento dell'età pensionabile, dell'aumento dei contributi e del taglio delle prestazioni pensionistiche, introducendo il passaggio da un sistema retributivo ad uno contributivo (riforma Dini e seguenti). Tutti questi fattori mi hanno spinto allora all'azione per aiutare i clienti a decidere del loro futuro. Oggi, certamente più di allora, abbiamo le prove reali e tangibili che l'Inps non sarà in grado di garantire il mantenimento del tenore di vita dei pensionati del domani, specialmente di quelli che oggi cominciano a lavorare. Da qui la domanda: perché, se siamo davvero consapevoli di questa nostra situazione, perché non ci si adopera per costruire le basi per un pensionamento più sereno mediante un accantonamento volontario, in grado di garantire il tenore di vita futuro? Perché si è così restii ad accumulare risorse quando non saremo più produttivi? Per chi poi ha la fortuna di avere molto tempo davanti per accumulare, può utilizzare il miracolo della capitalizzazione composta che aiuta ad ottenere grandi risultati, con impegni relativamente modesti, se continuativi nel tempo. Poiché tutti i dati ci dicono che è nullo il rischio di perdere denaro sul mercato azionario, in un periodo di tempo superiore ai 15 anni, ci si chiede perché ci si ostini a preferire la sicurezza dei rendimenti quasi nulli o negativi, offerti dai titoli di Stato o simili. La morale è quindi sempre la stessa: più tempo a disposizione ho e più rischio posso prendere. Come sappiamo molto bene, più rischio prendo e più risultato certamente avrò. E questo se vale per gli investimenti, deve essere a maggior ragione linea guida per la pensione che verrà.