Guerra, rialzo dei tassi e inflazione sono sicuramente validi motivi per valutare modifiche da apportare sul portafoglio. Nell’immensa confusione generata dal momento, la cosa importante che suggerisco sempre all’investitore attento, è di ritornare al momento in cui ha deciso di investire sul futuro, ripensando ai motivi della sua scelta. Questa non è mai un’azione che mira al passato o al presente ma sempre al futuro, vicino o lontano che sia. La scelta del tempo dipende sempre da noi e dai risultati che noi vogliamo ottenere, il tutto in funzione del rischio che ci sentiamo di voler accettare. Tutto il resto è indipendente da noi e accede alle situazioni contingenti del vivere e a ciò bisogna rassegnarsi. Noi però possiamo costruire un buon portafoglio in grado di resistere alle inevitabili tempeste che si ripresentano discontinuamente sui mercati. L’invito è di prepararsi all’incertezza quando si investe. Questo non significa rassegnarsi all’imprevedibile o affidarsi alla fortuna, quanto piuttosto seguire rigorosi processi di investimento nella costruzione dell’arca che ci può trarre in salvo nell’eventualità che un diluvio arrivi. E tra gli elementi di questi processi ci sono la diversificazione, il rigoroso rispetto del tempo dato, l’accettazione di un rischio adeguato e ... molta, molta pazienza.
Dovremmo ormai avere capito che nel campo che stiamo trattando le certezze non esistono. Un esempio può chiarire le idee su quello di cui stiamo parlando. Tutti coloro che l’anno scorso (o ancora prima) hanno scelto di sottoscrivere strumenti a ferreo controllo del rischio usando uno strumento semplice come il conto deposito, con un ritorno teorico a 10 anni vicino al 2% lordo, si trovano oggi ad avere denaro vincolato nel tentativo di raggiungere un rendimento superiore allo zero. Un anno fa l’inflazione però era così bassa che quei rendimenti erano comunque accettati. Non dimentichiamo che c’era addirittura chi investiva a rendimenti negativi, per avere certezza di restituzione del capitale! Oggi invece l’inflazione è in aumento e per noi italiani è ormai vicina al 6%, a fronte di un investimento che come il conto deposito ha una resa intorno al 2% lordo. Ditemi ora se quel denaro, investito con bassi rendimenti per tenere il rischio sotto controllo, possa essere considerato come una scelta oculata, sinonimo di tranquillità e assenza di rischio. Riflettiamo ancora a questo riguardo allo stato d’animo di quel cliente che per paura aveva deciso di rassegnarsi ad un 2% lordo. Mentre vedeva il suo capitale protetto almeno dall’inflazione, osservava intorno a sé l’andamento dei mercati azionari od obbligazionari High Yield, che stavano dando ritorni a doppia cifra. Ben magra consolazione per chi ha anteposto la tranquillità al rischio. Comunque è stata una sua decisione e come tale va sempre rispettata. Questo problema oggi diventa decisivo perché questo investitore deve decidere se accettare la perdita dovuta all’inflazione oppure modificare la strategia di portafoglio.
Non stiamo cercando qui di convincere i più timorosi spronandoli all’azione contro i propri principi e comportamenti. Vogliamo piuttosto invitarli ad un pensiero più razionale e meno emotivo. Il suggerimento passa per la formulazione di alcune domande:
a. Accettare il rischio di una perdita sul valore reale del capitale o meglio sarebbe cambiare qualcosa per cercare il differenziale di rendimento perduto con l’inflazione?
b. Accettare un aumento del rischio per il tempo necessario al fine del recupero del rendimento perduto, e se si per quanto tempo?
c. Quale potrebbe essere il grado di sopportabilità del rischio alla pressione dei media che invitano a liquidare tutto per salvare il salvabile?
Come si può notare le scelte non dipendono dal mercato ma dall’investitore. Qui si nota la macroscopica differenza tra variazione strategica e tattica di portafoglio, tra chi cioè dovrà ridisegnare tutto suo malgrado (durata, prodotti, rischio), e chi, avendo già diversificato puntando su prodotti diversi, su un tempo più lungo con l’accettazione di un aumento della dose di rischio, dovrà solo correggere in parte quanto già esistente.
La verità è che non si può prevedere il futuro e di certo la guerra in Ucraina ha determinato una variazione sulle aspettative, ma solo su quelle di breve. La storia insegna che il rumore del momento (la guerra) non inciderà sui rendimenti del futuro (aspettative). Sono quindi le nostre scelte iniziali che condizionano i risultati, non gli accadimenti di percorso. Abbiamo infatti visto negli editoriali precedenti che vendere quando il mercato scende, è sempre una cosa vincente solo se il rientro è fatto nel momento giusto senza sbagliare, cosa praticamente impossibile. Una tra le risposte sul comportamento sta allora nella resilienza dell’investitore e nella sua reazione alla crisi del momento: se gli obiettivi di rendimento sono distanti nel tempo sarà sufficiente aspettare il passaggio della crisi oppure, meglio ancora, approfittare tatticamente della situazione per comprare ancora a sconto. Questa scelta farà abbassare le medie del costo d’acquisto, aumentando le probabilità di un rendimento atteso più alto. E nel caso in cui non ci siano risorse aggiuntive, la correzione tattica potrebbe essere quella di realizzare su settori con una minore probabilità di recupero, puntando invece su qualcosa le cui aspettative di crescita al momento di fine crisi possano apparire migliori.
Tutto ciò dipende da una solida costruzione del portafoglio, nel rispetto di processi di investimento convalidati dai risultati raggiunti nel tempo. Questo è il motivo per il quale è necessario per l’investitore porsi sempre una serie di domande prima di investire:
a. Quali tipologie di titoli hanno dato maggiori ritorni nella storia per un determinato periodo di investimento non discontinuo (5, 10 o 15 anni)?
b. Con quale probabilità queste performance si sono ripetute anche in presenza di crisi finanziarie, guerre, pandemie, ecc.?
c. Quale è stato il punto massimo di drawdown raggiunto nei momenti peggiori della crisi e quali sono stati i periodi di recupero?
d. Quali sono da sempre i migliori mercati e le migliori strategie di investimento?
e. Come posso attuare la miglior diversificazione possibile in modo da ridurre ulteriormente il rischio?
Insomma un poco di studio non può che fare del bene all’investitore, soprattutto in termini di comprensione del mercato e del suo funzionamento. Questo non da certezza di risultato perché impossibile da ottenere, ma sicuramente garantisce un radicale aumento delle probabilità di successo.
Vedo già comparire l’obiezione che fa riferimento all’impegno necessario per fare tutto ciò, cosa che rende più dolce la scusa del non volere investire perché non ci si fida di qualcuno o perché si ha paura. Rispondo con una domanda: come mai quando ci si deve curare da una malattia si fa ricorso ad un medico che mette a disposizione tutta la professionalità e l’esperienza necessaria, anche se ciò non punta ad ottenere la certezza della guarigione, quanto soltanto ad un aumento delle probabilità di successo? Come mai ai consulenti finanziari si chiedono invece sempre certezze di risultato, quando sappiamo benissimo che gli accadimenti del mondo, sono fondati sull’imprevedibilità? Ecco che allora sorge la domanda delle domande, la più pericolosa tra quelle che è possibile rivolgere al proprio consulente: “come mai non mi hai disinvestito quando i mercati erano al massimo, prima della crisi degli stessi, soprattutto prima che il mio portafoglio arrivasse a quei livelli di perdita?”. La risposta è già conosciuta dai più ma voglio ribadirla: le statistiche insegnano che bisogna cavalcare i mercati non combatterli sistematicamente. E ancora: gli insegnamenti della storia degli investimenti ci dicono che le modifiche tattiche di portafoglio (quelle che potrebbero essere necessarie in tempi di crisi) incidono solo per il 20% sul risultato totale di performance. Così la costruzione di un portafoglio strategico valido, basato sostanzialmente su di un giusto lasso temporale, con un rischio sopportabile dal cliente senza particolare ansia, con una buona diversificazione di prodotti e strategie, comporta un notevole miglioramento delle probabilità di successo. Il raggiungimento del risultato finale dipende infatti per oltre l’80% dall’individuazione di una giusta strategia di investimento.
Ho voluto semplificare per trasmettere il messaggio che voglio ribadire in questo momento: non abbiate fretta di modificare il vostro portafoglio e non fatelo sulla base dell’emotività ma su quella della razionalità. Potrebbe infatti essere utile modificarne tatticamente una porzione vendendo un titolo o un fondo anche in perdita, reinvestendo però l’importo in qualcosa che nel momento della ripresa possa beneficiare di una migliore performance. Un esempio per tutti riguarda la tecnologia che è stata colpita da forti vendite: davvero pensate che quando l’inferno che si è scatenato sui mercati sarà finito, i prezzi dei titoli tecnologici non tenteranno di recuperare il precedente massimo raggiunto? E se lo faranno quanto pensate possa rendere un investimento comprato con uno sconto di oltre il 50%, sapendo che la storia insegna che i mercati si riportano sempre verso il livello massimo raggiunto prima della crisi per poi superarlo?