Stiamo attraversando una fase di mercato molto negativa, che segue un anno meraviglioso dal punto di vista dei mercati. Il periodo di crescita più lungo della storia, contrassegnato da pochi momenti di ribasso, contraddistinti però sempre da rapide riprese, lo abbiamo già lasciato definitivamente alle spalle. Eppure qualcuno sostiene (non saprei dire se a torto o a ragione) che la storia non si ripete mai e che presenta caratteristiche diverse ogni volta, tanto che per questo motivo è sempre impossibile trovare analogie. Io sostengo invece che è sempre utile conoscerla, quanto meno per valutare se sia possibile trovare almeno utili insegnamenti da usare nel presente. Certo, questa volta è diverso dalle altre perché essendo in pandemia, non stiamo combattendo contro una crisi endemica di natura finanziaria ma, piuttosto, contro un virus sconosciuto per giunta attualmente senza cura.
In realtà prima di questi giorni l’economia stava vivendo un momento, inimmaginabile dopo il crollo del 2008. Detto ciò mi pongo la prima domanda: possibile che la grave situazione che stiamo attraversando possa portarci nell’abisso dello sconforto senza farci vedere che la ripresa è appena dietro l’angolo, al superamento di questa fase pandemica? Certo, l’economia dovrà rimettersi in carreggiata, ma noi sappiamo che i mercati anticipano sempre la ripresa. Lo è stato nel passato e non esistono motivi per cui non debba ripresentarsi domani.
Detto ciò vediamo quale contributo possa darci l’osservazione della storia dei mercati, prendendo spunto da quello statunitense, che oggi sembra essere tra i più penalizzati ma che nel tempo ha sempre portare le migliori soddisfazioni. Ripercorriamo insieme brevemente i suoi momenti di buio, tutti molto simili a quelli che stiamo attraversando oggi, perlomeno in termini di ribassi. Una premessa: si sentano esentati dal leggere le righe che seguono, coloro che credono che stiamo vivendo gli ultimi momenti dell’umanità prima della sua estinzione. Invece, per tutti gli altri che come me credono che il futuro sia sempre migliore del passato, voglio dare dati che spero li facciano riflettere ed agire positivamente per il loro bene.
Aprile 1907 - aprile 1908
Conosciuta come il Panico dei banchieri, è stata tra le prime crisi del mercato americano ed è cominciata nel 1906 e terminata nel 1908. Il minimo fu toccato nel mese di aprile del 1907, facendo segnare una discesa di oltre il 50% dal suo picco di massimo, segnato l’anno precedente. Il panico scoppiò durante un periodo di recessione economica, quando ci furono numerosi episodi di corsa agli sportelli nei confronti di banche e società fiduciarie. Il panico del 1907 alla fine si diffuse in tutta la nazione quando molte banche e società dichiararono bancarotta. Il momento migliore per investire risultò essere sul punto di minimo segnato nell’aprile del 1907.
Settembre 1929 - giugno 1932
Escludendo per ovvi motivi il periodo della grande guerra 1915 - 1918, la borsa americana affondò il 29 ottobre 1929, segnando l’inizio della Grande Depressione, tuttora considerata la madre di tutte le fasi Orso. Lo S&P 500 perse l’86% della sua capitalizzazione: in meno di tre anni risalì verso i massimi sino al 1932, per poi ridiscendere e perdersi durante la successiva guerra mondiale. La durata della ripresa può essere misurata in 34 mesi.
Maggio 1946 - giugno 1949
A meno di un anno dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, la borsa americana cominciò una lenta discesa che la portò ad una perdita dai massimi del 30%. Mentre la domanda si affievoliva, gli statunitensi bruciarono i propri risparmi in quella che nel 1948 si trasformò in una storica riduzione delle scorte. La durata della ripresa per ritornare ai massimi precedenti è durata 37 mesi.
Novembre 1968 - maggio 1970
La rapida crescita economica fu interrotta da una fase di recessione, accompagnata da un rialzo dell’inflazione sino al 6% annuo. L’Orso arrivò appena Richard Nixon fu eletto presidente degli Stati Uniti dopo un anno di forti tensioni sociali. L’economia debole contribuì al malcontento di un’opinione pubblica già provata dall’impegno americano in Vietnam. La perdita massima raggiunta fu del 36% con una ripresa ai massimi in 18 mesi.
Gennaio 1973 - ottobre 1974
La guerra israeliana del Yom Kippur e il conseguente embargo petrolifero da parte dei Paesi arabi portò alle stelle il prezzo dell’energia, generando una fase di recessione. Il tasso di inflazione annua sui consumi raggiunse il 10%. Forse questa situazione può essere paragonata all’attuale guerra del petrolio tra Arabia Saudita e Russia. In questo caso la perdita ha portato una perdita pari a poco meno del 50%, con una durata di 21 mesi per il recupero ai massimi precedenti.
Novembre 1980 – agosto 1982
Dopo quasi un decennio di sostenuta inflazione, la Federal Reserve alzò i tassi di interesse di quasi il 20%, portando immediatamente l’economia in recessione. La combinazione di alta inflazione e lenta crescita - nota come stagnazione - fu il fattore determinante per la vittoria di Ronald Reagan alle elezioni presidenziali statunitensi del 1980. In questo caso il ribasso fu di quasi il 30% con un recupero in un periodo di 21 mesi.
Agosto 1987 - dicembre 1987
Dopo una prolungata stagione di Toro, la crescente automatizzazione delle strategie di trading contribuì al Black Monday del 19 ottobre 1987. Gli investitori furono anche spaventati dalle crescenti tensioni tra Stati Uniti e Germania riguardo al prezzo delle valute e si diffuse il timore di una svalutazione del dollaro. Il risultato fu un crollo del 22,6% dell’indice Dow Jones in una sola giornata, il peggiore dal 1914, prima dell’ingresso nel periodo della grande guerra. La perdita massima di quel periodo fu del 33,5% con una ripresa verso i massimi in soli 3 mesi.
Marzo 2000 - ottobre 2002
Lo scoppio della bolla delle dot-com fu generato dalle speculazioni sul nascente settore dell’industria digitale. Nuove società tecnologiche con profitti bassi o nulli arrivarono a superare in Borsa colossi della old economy. L’indice specializzato Nasdaq perse il 50% della propria capitalizzazione in nove mesi e non riuscì mai più a raggiungere il picco del 2000. Ricordiamo nello stesso periodo anche il fattore esogeno dell’attacco alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001. La perdita massima registrata nel periodo fu del 50% e il recupero fu raggiunto dopo 30 mesi.
ottobre 2007 - marzo 2009
Lo scoppio della bolla immobiliare statunitense, si produsse a inizio 2007 e l’esplodere del costo dei mutui si riversò in pieno sul mercato del credito. Col fallimento dei colossi di Wall Street Beat Stearns e Lehman Brothers il panico fu totale. Il mercato crollò al suo livello più basso dal 1997. La perdita massima raggiunta fu di oltre il 56% e il periodo per ritornare ai massimi fu di soli 17 mesi, con i successivi 11 anni di salita ininterrotta.
Come tutti noi stiamo osservando, i mercati azionari nelle ultime 2 settimane sono stati colpiti da tre fattori concomitanti: panico diffuso, speculazione e attivazione dei sistemi automatici di stop loss. Il tutto ha improvvisamente portato i portafogli a discese sull’azionario comprese tra il 20-30 % e oltre in molti mercati significativi.
La crisi che stiamo vivendo è quasi esclusivamente esogena, prodotta cioè non da una causa interna al sistema finanziario ma, come abbiamo già scritto su Focus Investitore, dall’epidemia di Covid-19. Se vogliamo essere pignoli introdurrei anche un fattore endogeno, indotto dalla guerra dei prezzi del petrolio scatenata da Arabia Saudita e Russia. L’uso dei derivati ha poi di molto amplificato la discesa.
Non sappiamo certamente quando il doppio cigno nero ricomincerà a volare verso luoghi lontani, ma sappiamo che la storia ci invita in questi casi a NON ESSERE MAI TROPPO PESSIMISTI.
Infatti, a meno che non si creda nell’estinzione dell’intera umanità, quando l’infezione comincerà a diminuire, grazie alle misure di prevenzione e all’imminente scoperta della cura con conseguente uso del vaccino, tutto il sistema si riporterà verso la normalità che aveva precedentemente raggiunto. Non dimentichiamo poi che in Cina la produzione è già ritornata a pieno regime, dopo la fine dell’epidemia. Certo ci saranno conseguenze sulla produzione e quindi sui consumi, ma sappiamo che la finanza e i mercati sono sempre anticipatori di quello che sarà la successiva ripresa economica. Non mi si dica però che queste sono previsioni, ma invero semplici analisi di un passato di 120 anni, dove i mercati, alla fine del periodo critico, sono sempre inesorabilmente cresciuti.
L’idea che voglio trasmettere è che in finanza i numeri dei mercati tendono sempre a salire nel tempo e questa volta, ammettendo senza concedere alcuno sconto ai miei detrattori, non sarà diverso: i massimi raggiunti torneranno quindi ai loro valori, prima di superarli.
Il punto che a noi interessa evidenziare di più è che quando i prezzi scendono cosi violentemente, bisogna sempre saperne approfittare: infatti un buon affare oggi non può essere sminuito da un buon affare che si presenterà domani. Se oggi lo S&P 500 quota un 20 o 30 % in meno, perché non approfittarne? Se poi scenderà ancora, aspetteremo il ritorno a questo valore che è di per sé già molto attraente!
In una fase di mercato come questa, è molto semplice farsi prendere dal panico e svendere. I veri eroi, cioè coloro che giustamente verranno ricompensati con il premio al rischio, per il sacrificio e la fatica di resistere, saranno tutti coloro che non si lasceranno distrarre dalle sirene negative che in questi giorni trasmettono immagini di sciagure e che hanno lo scopo di fare felici gli speculatori. Chi vende solo per la paura, senza rispettare il tempo che si è dato per cogliere i frutti del suo sacrificio di tempo, certamente coglierà meno risultati se riuscirà a rientrare, poiché lo farà solo in un momento successivo. Lo sconfitto sarà solo chi ha avuto paura, colui che ha accettato di svendere per zittire le urla che gli inducono di abbandonare il campo. Chi lo farà è condannato a non rientrare più, se non a fine ciclo, nell’illusione che entrare al giusto momento paghi sempre e comunque.
La mia proposta è allora di fermarsi a riflettere spegnendo la televisione, smettendo di sentire le sirene di allarme dei mercati che suonano a morto di continuo, senza mai fermarsi. Evitiamo per qualche secondo di perderci dentro i numeri dei decessi negli ospedali, che non ci risparmiano lacrime in memoria di persone che magari conosciamo. Il mio invito è quello di pensare che il mondo non è destinato a finire per il Covid 19. Il mondo non finirà, facciamocene una ragione. Quello che non sappiamo è come si comporterà il mercato, se ci sarà una ripresa a V più veloce o a U più lenta, oppure, come credono i più pessimisti, ad L, cioè molto, molto lenta.
Comunque sappiamo che ci sarà, come già anticipato molte volte: i mercati sanno sempre riprendere il loro cammino ritornando al punto di massimo da cui erano crollati, per poi superarlo abbondantemente. Proprio per questo è necessario che l’investitore prudente abbia sempre tempo e pazienza dentro le sue tasche. Non stiamo vivendo l’apocalisse, così come non l’abbiamo vissuta nei periodi che abbiamo descritto appena sopra. Certamente possiamo dire che in tutti questi casi abbiamo avuto sempre grandi cambiamenti e, proprio per questo, è sempre molto importante essere investiti correttamente in modo diversificato e adeguato, perché dalle crisi analizzate non serve l’inerzia e la distrazione ma, piuttosto, bisogna sempre adottare una buona strategia, supportata da una buona tattica, senza forzare le proprie preferenze, rispettando la propria propensione al rischio e senza imposizioni.
Per concludere, in una fase di mercato come questa, è dunque meglio comprare o vendere? Meglio difendersi oppure sferrare un attacco? La storia dei mercati finanziari dimostra abbastanza chiaramente che i guru o i veggenti non esistono, soprattutto ci azzeccano come un orologio rotto, cioè solo perché le lancette per due volte al giorno passano sui numeri giusti. I mercati non salgono all’infinito in linea retta ma oscillano in alto e in basso intorno ad un valore medio. Il vero errore è sempre quello di operare in base alla emotività o alla paura, commettendo l’errore di uscire quando i mercati fanno paura e rientrare quando ritornano euforici, pensando cosi di proteggersi e di riuscire cosi a guadagnare. Soprattutto senza mai rispettare il giusto tempo per investire.
E voi che avete avuto la pazienza di leggere sino a qui, cosa ne pensate?