Non voglio sembrare ripetitivo, ma pur ammettendo che ogni crisi è diversa dalle altre posso affermare, senza tema di smentita, che tutte le crisi hanno degli aspetti comuni che non sono mai diversi e che ripercorrono sempre le stesse dinamiche: i mercati risaliranno e quando lo faranno non solo recupereranno i livelli raggiunti ma li supereranno.
Innanzitutto vorrei dire che il market timing non paga,come si evince dalla ricerca di Fidelity “Volatilità: 10 punti da tenere a mente”, che chi mi legge potrà scaricare. Questo studio non deve essere visto come un tentativo di mantenere le posizioni a tutti i costi ma, piuttosto, come un valido contributo per tutti coloro che pensano che uscendo, in attesa di rientrare sul mercato, possa essere vincente. Chi abbandona il mercato sbaglia statisticamente due volte: perché esce ed entra, probabilmente nel momento sbagliato. E sbaglia perché l’atteggiamento comune è “ora esco ma quando sarà finita rientrerò”, salvo poi farlo nel momento sbagliato o fuori tempo massimo. Peggio ancora è lo sconfitto che incolpa il mercato di essere stato cattivo e crudele con lui. Cosa buona sarebbe allora quella di fissare il livello di mercato d’uscita, impegnandosi a rientrare agli stessi valori. Il problema è appunto quello di capire quando farlo. La cosa migliore, meno faticosa e impegnativa invece, è quella di comprare a valori di mercato sempre più bassi ma … mi rendo conto che è contro natura comprare quando i mercati scendono, anziché vendere. Infatti, la storia ci insegna che la paura blocca mentre lo stimolo a vendere diventa l’unica soluzione possibile per frenare le perdite.
In secondo luogo, fare il consulente non significa decidere per il cliente, ma discutere con lui su quelle che possono essere le conseguenze di una scelta sbagliata o i vantaggi di una migliore. La decisione di investire o disinvestire è sempre e comunque del cliente, mai del consulente. Lui deve fornire le conoscenze e i processi decisionali su quali basare quelle scelte. Il medico indica la terapia ma non la impone, perché dipende dal paziente seguirla o meno. Decidere di rientrare in un determinato momento è una scelta personale che non dipende dal consulente, il quale si deve limitare a fornire la propria conoscenza ed esperienza, cercando di essere razionale in un momento di crisi, quando cioè l’emotività prende il sopravvento. Con il senno del poi confesso di avere ricevuto nel passato la critica di qualche cliente che mi ha imputato di non essere stato più rigido nel dissuaderlo dal disinvestire, anche se dissuadere non è il mio compito, anzi.
Ma è la storia, con i suoi corsi e ricorsi sempre identici, che indica che è la paura che alimenta nel cliente la decisione di vendere in un momento di pericolo, invece di aiutarlo ad acquistare in momenti molto favorevoli, come quello che stiamo attraversando. Faccio anche notare che la situazione italiana non è la situazione mondiale, dove l’infezione è stata ed è meno violenta. Quanto infatti pensiamo possa scendere in questi giorni il mercato italiano? Meno o più di quello mondiale? Ecco a cosa serve la diversificazione, a ridurre il rischio di mercato. Fermiamoci a riflettere per un istante ancora: se poi tutti gli imprenditori decidessero di vendere le loro aziende per la paura, cosa ne sarebbe dell’intera economia? Noi quando acquistiamo azioni siamo e diventiamo loro soci, non dimentichiamolo mai. L’imprenditore crede nel futuro e nella ripresa perché è solo da questa che ottiene risultati normalmente non ottenibili con investimenti obbligazionari. Quando vediamo che un imprenditore rinuncia alla propria attività gli diamo dello sconfitto, ma non diamo la colpa al mercato ma alla sua incapacità! Ecco perché vanno scelti i migliori gestori con i migliori processi di investimento. La scelta non deve essere mai causale ma studiata.
Concludo con due veloci riflessioni. In Cina, paese dal quale tutto è partito, e in Corea, la situazione sta lentamente tornando alla normalità. Gli Stati Uniti hanno ridotto il costo del denaro per sostenere l’economia e a breve si vedranno questi effetti. Latitante è l’Europa, che ben poco sta facendo per aiutare il nostro (per ora) sfortunato paese. Inoltre, seguendo la logica del “questa volta è diverso”, ricadiamo sempre inesorabilmente nel solito errore che riguarda il non sapere credere nella capacità umana di ripartire e recuperare le posizioni che sembravano perse e che non si ritengono più raggiungibili. Fortunatamente quando qualcuno vende c’è un prezzo di equilibrio che interessa a chi compra. Chi è dunque più folle, chi compra al ribasso o resiste in attesa del successivo rialzo, oppure chi abbandona il campo perché pensa che tutto sia ormai perduto, in attesa dell’illusorio momento migliore per rientrare? Chi non sta sul mercato esce e le sue posizioni vengono occupate da chi è più lungimirante, efficiente e produttivo. E così sarà anche questa volta.