Quali strumenti non devono mancare nel portafoglio del 2020 dell'investitore previdente?
Fare previsioni in finanza di per sé rappresenta una pratica comune che diviene ardita, quando deve confrontarsi con la prova dei fatti!.
Tuttavia, molto spesso il buon senso e alcune semplici ma ragionevoli considerazioni ( e un buon consulente) ci possono aiutare nella scelta degli investimenti adeguati alle circostanze.
Come spesso vado affermando l'economia e la finanza sono discipline sociali non esatte e soprattutto esposte alle scelte di individui e come tali condizionate dal contesto in cui ogni persona opera e dalla percezione della realtà e dalle esperienze pregresse di ognuno.
Come se non bastasse la conoscenza del mercato da parte di molti operatori è fortemente influenzata dalle fonti da cui attingono le notizie e dalla capacità di elaborazione di ognuno e non ultimo dall'importanza che ognuno attribuisce alle variabili economiche.
Queste distorsioni nella conoscenza degli avvenimenti economico finanziari, nota come asimmetria informativa è, insieme alla percezione personale degli avvenimenti, una delle principali cause che impediscono a molti investitori di fare scelte di investimento efficienti.
Oggi, vorrei insieme a voi, provare a confrontarmi su alcuni principi guida che possano aiutarci a seguire un processo di scelta di alcuni strumenti finanziari che ritengo debbano essere presenti nei portafogli degli investitori in questo 2020.
Il primo accorgimento che ritengo fondamentale è quello di non cercare necessariamente nel passato similitudini con il contesto attuale che ci permettano di compiere scelte di investimento corrette.
Gli avvenimenti non si ripetono mai nello stesso modo.
Il secondo aspetto, strettamente collegato al primo è quello di non escludere alcune possibilità solo perché fino a questo momento non si sono concretizzate...molto spesso le cose avvengono in maniera apparentemente repentina cogliendoci alla sprovvista, salvo poi ad una attenta analisi (ahimè spesso ex post) farci scoprire che le avvisaglie di tali fenomeni erano evidenti e presenti in maniera chiara, già da tempo.
La scelta degli strumenti da inserire in portafoglio deve partire dalle considerazioni dell’orizzonte temporale e rischio che ognuno vuole assumersi, oggi vorrei concentrarmi sugli strumenti che possono garantire protezione.
Partiamo dal contesto:
Tassi di interesse delle obbligazioni governative bassi, nulli e in diversi casi negativi;
Il prezzo delle materie prime è piuttosto contenuto e storicamente tendenzialmente in contrazione negli ultimi anni ;
Tassi di crescita economici positivi in molte aree del mondo, con paesi emergenti più dinamici (Cina in testa) e paesi industrializzati meno brillanti (USA a parte);
Incremento del rapporto Debito/Pil generalizzato nei paesi OCSE.
Tassi di disoccupazione globalmente costanti e in tensione in alcuni paesi industrializzati;
Dinamica negativa dei prezzi degli immobili dei paesi industrializzati;
Veniamo da un periodo di crescita economica mondiale lungo oltre un decennio dove gli investimenti azionari hanno garantito ritorni superiori ai tassi di inflazione;
Il progresso è trainato dallo sviluppo tecnologico e la popolazione mondiale cresce a ritmi sostenuti;
la distribuzione di reddito mondiale tende a polarizzarsi, aumenta la distanza fra ricchi e poveri, i 26 individui più ricchi del pianeta (erano 61 nel 2016) posseggono la ricchezza della metà più povera della popolazione mondiale pari a 3,8 miliardi di persone (fonte Oxfam) ;
La selezione personale di ciò che considero gli elementi principali che connotano il secondo decennio degli anni 2000 rappresenta allo stesso tempo il limite e la forza di una analisi, la necessità di compiere una sintesi richiede la selezione dei dati e la successiva analisi determinerà alcune considerazioni, ognuno è libero di attribuire pesi e valori diversi agli elementi economico finanziari.
L'elemento fondamentale nella scelta degli investimenti che proteggano il capitale è quello di capire rispetto a “cosa” voglio ottenere protezione.
Credo che per protezione vada intesa la capacità di garantire “il potere di acquisto” del capitale nel tempo, bisogna quindi necessariamente stabilire il tempo in cui voglio effettuare la misurazione parametrandola a dei beni o servizi costanti, ma in soldoni come fare?
Proverò a spiegarlo con un esempio: se dopo 3 anni con il mio patrimonio riesco a comprare beni e servizi in uguale quantità rispetto a 3 anni prima sono riuscito a proteggere il potere di acquisto del patrimonio, se ne posso comprare di più significa che ho aumentato il potere di acquisto e viceversa.
Pertanto se in 3 anni il prezzo di beni e servizi aumenta per esempio del 4% il mio patrimonio deve crescere almeno del 4% se voglio conservare il suo potere di acquisto.
Secondo questa impostazione, se il mio capitale diminuisse nel tempo per esempio del 3%, ma i prezzi dei beni e servizi calassero in maniera maggiore, ipotizziamo il -4% mi potrei ritrovare in una situazione in cui, pur avendo meno patrimonio non solo avrei protetto il mio potere di acquisto, ma lo avrei addirittura incrementato!
L'elemento su cui fare le valutare la protezione del potere di acquisto è quindi l'inflazione che potremmo definire come “la variazione del livello medio dei prezzi di un paniere di beni e servizi in un determinato periodo di tempo”
Nel grafico seguente è riportato l'andamento dell'inflazione Italiana dal 2006 al 2018.
Notiamo subito che dalla fine del 2008 per un anno e per un triennio successivo al 2012 il livello di inflazione in Italia ha conosciuto tassi praticamente nulli o addirittura negativi, questa dinamica che ormai con diverse oscillazioni caratterizza la nostra vita da oltre 10 anni ha limitato la perdita di potere di acquisto del nostro reddito, per assurdo, chi nell'ultimo triennio avesse mantenuto il suo capitale, avrebbe aumentato il suo potere di acquisto.
Questa situazione ha spinto i rendimenti obbligazionari ad “adeguarsi” ai tassi inflattivi portando le nuove emissioni obbligazionarie governative di molti paesi ad offrire rendimenti nulli o negativi.
Ciò inevitabilmente ha prodotto nei risparmiatori disaffezione nell'investimento obbligazionario, spingendo gli investitori ad una spasmodica ricerca di strumenti alternativi.
Coloro che vogliono investire senza incrementare sensibilmente il rischio del portafoglio, oggi devono ricercare strumenti di protezione dall'inflazione che rappresenta il vero elemento che “lima” il potere di acquisto del portafoglio nel tempo.
Anche se per ora l'inflazione è bassa o quasi nulla, vi sono diverse forze che spingono i prezzi ad una possibile salita (dazi, aumento della domanda materie prime, pressioni salariali nei paesi a bassa disoccupazione, difficoltà nel finanziamento per alcune aziende, ecc.) tali dinamiche pur essendo mitigate da diversi fattori contingenti ( basso costo del denaro, apporto all'efficienza produttiva da parte della tecnologia, ecc.) non devono produrre eccessivi allarmi, ma di contro non vanno troppo sottovalutati soprattutto dopo prolungati periodi di inflazione asfittica, oggi un incremento di un solo punto percentuale di inflazione, potrebbe produrre conseguenze importanti in termini di minusvalenze sugli investimenti obbligazionari e azionari in portafoglio ai quali non siamo abituati che possono compromettere il valore del patrimonio in modo sensibile.
Pertanto oggi un portafoglio difensivo deve prevedere una parte di titoli o fondi che investano in strumenti indicizzati all'inflazione (denominati Inflation link) che possono garantire rendimento e protezione del capitale e che sono a buone quotazioni visto l'assenza attuale di spinte inflazionistiche.
Diversamente dalle obbligazioni a tasso fisso che perdono valore, i titoli inflation link in caso di aumenti di inflazione si apprezzano e lo fanno in maniera più efficace e diretta rispetto ai titoli a tasso variabile indicizzati a BOT o tassi euribor che garantiscono un adeguamento del rendimento non sulle base dei dati inflattivi ma sulla base dell'andamento dei tassi interbancari o dei tassi delle emissioni governative, che pur essendo correlati con i livelli di inflazione non ne seguono in toto i movimenti.
In misura minore ma valutando la situazione attuale un altro strumento può oggi essere inserito (soprattutto se totalmente assente) nei portafogli conservativi con l'ottica di proteggere il patrimonio nel lungo periodo e con una particolare valenza nei momenti di elevata turbolenza e instabilità che si possano palesare nel tempo, sto parlando dell'investimento in oro o più in generale nel settore estrattivo.
Questa tipologia di titoli ha la caratteristica di avere una volatilità molto variabile nel tempo, a lunghi periodi di stabilità o di bassa volatilità si possono contrapporre mesi o anni di intense oscillazioni e ciò va tenuto in debita considerazione.
Come spesso accade, un grafico può aiutare meglio di mille parole ad esprimere la dinamica possibile di tale settore.
Ecco l'andamento in dollari Usa del prezzo dell'oro in 30 anni
Va specificato che l'investimento in oro o nelle attività minerarie rappresentano investimenti spesso poco correlati con il resto dei titoli, ciò esalta il loro potere di diversificazione nei portafogli, vale la pena però a tale proposito evidenziare una ultima precisazione, questi investimenti possono essere espressi anche in dollari USA, in questo caso nell'inserire tali strumenti in portafoglio vanno valutate anche le diversificazioni prodotte dalle valute.
Per le loro caratteristiche, questi strumenti vanno inseriti nei portafogli secondo percentuali che vanno valutate tenendo bene in considerazione gli orizzonti temporali, gli obiettivi di protezione e le correlazioni con i diversi altri investimenti del portafoglio, una attività questa riservata a specialisti professionisti.