Buone notizie per i Gufi del mercato che sono riusciti in questi giorni a prevedere persino lo scoppio della terza guerra mondiale. Qualcuno ne ha addirittura ipotecato la primogenitura rivendicandone il tipico “io l’avevo detto!”. E dopo un inutile scambio di accuse tra le parti contendenti, ecco che nella notte tra il 23 e il 24 febbraio i carri armati russi sono entrati in Ucraina scatenando le vendite sui mercati, subito rientrate contro ogni pronostico il giorno dopo. Indici del settore energetico in crescita e forti ribassi hanno connotato gli ultimi giorni della settimana, confortati dai poderosi titoli dei giornali e aperture dei TG pieni di scenari catastrofici. La verità è che questo è vero per chi è in quei territori, ma non lo è per noi che vediamo la sofferenza di chi vive a meno di tre ore di aereo da noi, stando al sicuro nelle nostre case.
In realtà questa guerra è cominciata nel lontano 2014 con l’annessione della Crimea da parte della Russia, cosa che in molti di noi hanno già dimenticato grazie alla nostra memoria di breve periodo che cancella il passato, facendoci nel tempo diventare indifferenti. Quello che stiamo vivendo è il culmine di qualcosa che è cominciato tempo fa ma che non abbiamo mai considerato tra le nostre preoccupazioni. L’ipocrisia dominante però ci fa dimenticare che alcuni popoli in Europa o in territori più o meno vicini a noi erano e sono da sempre in guerra. La nostra vita comunque continua ad andare avanti e, proprio perché non colpiti direttamente, ci abitueremo anche questa volta, distraendo la nostra attenzione dalla pandemia.
I conflitti non sono una novità e mai lo saranno e negli ultimi 100 anni non sono mai mancati. A differenza del secolo scorso però sono stati circoscritti in territori ben delimitati, scatenando comunque la loro forza distruttiva prioritariamente in quei luoghi. La domanda che dobbiamo rivolgerci è se i conflitti militari impattino più sulle nostre emozioni oppure di più sulle nostre tasche. La risposta non è univoca perché i fenomeni bellici, come altri shock che l’umanità ha vissuto, hanno certamente impattato sui mercati nel breve ma senza che questi ne abbiano mai risentito nel medio lungo periodo.
Che fare dunque nell’attuale situazione: meglio liquidare le posizioni in attesa di tempi migliori oppure mantenere tutto inalterato, confidando sull’umana resilienza emotiva? Come al solito non avendo tra le mie capacità quella di indovino, cercherò di affidarmi ad una lettura storica di quello che sta accadendo, confidando che i miei 5 lettori comprendano che la mia analisi ha solo lo scopo di cercare di ridurre le conseguenze che decisioni affrettate e sbagliate possano avere sui portafogli. Non è certamente una mia intenzione quella di prevedere il futuro.
Tuttavia, in momenti come questi è molto facile lasciarsi prendere dalla paura. Io consiglio da sempre di agire sulla base degli insegnamenti della storia, ponderando le scelte su quanto già accaduto in passato, cercando di capire se sia possibile evitare di commettere errori. Vediamo allora dai dati che seguono quali risposte possiamo ottenere sull’impatto che i conflitti hanno avuto sui mercati. Ho scelto di usare l’indice MSCI World, che rappresenta l’andamento dei mercati mondiali, in occasione di conflitti recenti.
ancora più indietro nel tempo potremmo utilizzare l’indice S&P500, sensibilmente più datato del precedente, per osservare l’impatto positivo dei conflitti sul mercato. Osservando la tabella possiamo affermare che mai dopo questi shock, si sono registrati momenti di decrescita: il mercato azionario cresce sempre, anche in presenza fenomeni di particolare violenza. Dai dati sopra riportati possiamo notare come dal 1940, ma anche prima se proprio volessimo essere più precisi, i risultati non cambiano: i mercati si sono sempre ripresi e in particolare la borsa americana, che non dimentichiamo mai, pesa oltre la metà dei mercati azionari mondiali, fornendo sempre ottime occasioni di ripresa.
Prendo a prestito dal sito LPL Research la tabella che ci conferma quanto sopra esposto, fornendoci un quadro preciso della reazione dell’indice S&P500 entro 12 mesi dal verificarsi di eventi geopolitici. Tutto questo riconferma la tesi secondo la quale i mercati finanziari mondiali danno sempre un ritorno positivo nel lungo periodo e dopo ogni crollo, riprendono il livello massimo raggiunto per poi superarlo. Il rischio perdita è sempre concentrato sul breve periodo e cede SEMPRE il passo ad una risalita più o meno rapida. Infatti, nei 37 eventi segnalati sopra, solo 12 volte si sono riscontrati casi negativi di durata superiore all’anno, con una perdita media del 19% e con due picchi negativi intorno al 40%, verificatesi durante la guerra del Kippur nel 1973 e nel 2008 in piena crisi Lehman Brothers. La costante che ci conforta è che tutte le perdite sono SEMPRE RIENTRATE.
Comunque non voglio dilungarmi troppo su questi dati che sono difficilmente contestabili. Voglio piuttosto lanciare un’idea di investimento riservata solo a chi è dotato di pazienza e di controllo delle emozioni: COMPRATE SUI RIBASSI E FARETE L’AFFARE DELLA VITA! Per tutti coloro che invece per legittimo timore decideranno di uscire per attendere momenti migliori, le possibilità di guadagno si ridurranno di molto.