Il 17 maggio 2007, Ben Bernanke, allora governatore della Federal Reserve, tenne a Chicago l’annuale conferenza “Bank Structure and Competition”. Bernanke, in quell’occasione, rassicurò il suo uditorio su un punto specifico: sebbene sorvegliato speciale, il mercato dei mutui sub-prime non avrebbe dovuto creare preoccupazioni; in fondo, pur essendo rallentata la crescita del prezzo delle case, i dati del mercato immobiliare e quelli macroeconomici erano positivi; la situazione finanziaria degli istituti di credito, stabile. Lo stesso concetto fu ribadito dal Chairman a Cape Town, un mese più tardi, durante una conferenza monetaria internazionale. In ogni caso, rassicurava Bernanke, l’impatto sull’economia reale di un’eventuale crisi della finanza sarebbe stato limitato.
Esattamente un mese prima di quel 17 maggio, il matematico e trader Nassim Nicholas Taleb dava alle stampe il suo libro “Il Cigno nero”, destinato a diventare un best-seller. La tesi del libro, per quanto riccamente argomentata, poteva essere riassunta così: le nostre vite sono strutturalmente interessate da eventi, detti “Cigni neri”, la cui probabilità è per noi talmente bassa da non essere presa in considerazione seriamente, sebbene il loro impatto sulle nostre vite sia potenzialmente enorme. Per dirla in un altro modo: i Cigni neri sono oscillazioni statistiche tanto rare quanto impattanti sulla realtà concreta. Ecco: per molti analisti, la crisi cominciata nell’agosto del 2007 non è stata nient’altro che l’arrivo di un Cigno nero.
La Frankfurter Allgemeine Zeitung ha di recente riproposto le dichiarazioni rilasciate da un amministratore delegato di una banca d’affari coinvolta dalla crisi, a poche settimane dal suo sfiorato fallimento. In particolare, alcuni fondi della banca registrarono, nel giro di diversi giorni consecutivi, perdite di una media del 27%. Un disastro. Il dirigente si difese, dicendo che si trattava di un evento con una scala di probabilità di 25 sigma, calcolato ex-post sulla base dei modelli di rischio interni. Il valore indicato, però, è mostruosamente alto. Per dire: una probabilità di 5 sigma viene assegnata a fenomeni così lontani dall’accadere, da essere un’unità di misura per dimostrare, con una doppia negazione, la massima improbabilità di errore di un’ipotesi scientifica. Una probabilità così bassa, come quella indicata dal banchiere, per dare un’idea, sarebbe associabile alla possibilità di vincere per venti giorni consecutivi alla lotteria. La domanda è spontanea: i Cigni neri sono davvero così imprevedibili? O sono i nostri modelli di rischio a essere difettosi?
Forse, a essere vere sono entrambe le cose. Prendiamo due esempi di Cigni neri, noti e riconosciuti come tali: l’11 settembre 2001 e la catastrofe nucleare di Fukushima. Ora, che i modelli di rischio legati agli investimenti non prevedessero queste determinate sciagure appare ragionevole, se non ovvio (e, del resto, se si fossero potuti prevedere, non sarebbero accaduti). Ad ogni modo, l’impatto di entrambi gli eventi fu considerevole, anche nel mondo finanziario: dalla sua riapertura (restò chiuso quel giorno), il Down Jones perse il 14% nel giro di una settimana, mentre per Tokyo il tonfo della borsa fu del 10% il giorno stesso del disastro.
Che dire, invece, delle recenti crisi finanziarie, spesso additate quali Cigni neri? Sull’impatto reale degli eventi non si discute: a seguito dello scoppio della bolla delle dot-com, da oltre 5.000 punti il Nasdaq crollò, in circa tre anni, a poco più di 1.100 (quasi -80%) e il Down Jones scese da 11.000 punti a 7.500 (-32%). A causa della crisi del mutui sub-prime, nel 2008 la Borsa americana dimezzo il proprio valore; quella europea perse circa 4mila miliardi di euro. Ma il peggiore crollo registrato da Wall Street in un solo giorno fu il 19 ottobre 1987, il famoso lunedì nero. Nel giro di una sola seduta, perse il 22% e furono bruciati 500 miliardi di dollari. Bene: lo stesso giorno il giovane Nassim Taleb, sì il futuro autore del “Cigno nero”, guadagnò 60 milioni di dollari (o forse ancora di più: 70 o 80; Taleb, incredibilmente, non ricorda più). Eppure, come ammise, gli era stato impossibile prevedere quel crollo; piuttosto, aveva scommesso sul fatto che un simile evento sarebbe potuto accadere.
Una chiave di lettura che fa chiarezza su questi fatti è una frase contenuta nel libro di Taleb: “Dato che i Cigni neri sono imprevedibili, dobbiamo accettare la loro esistenza, invece che tentare ingenuamente di prevederli”. Il punto, per Taleb, non è prevedere un evento determinato, ma considerarne la possibilità all’interno del proprio modello di rischio. Occorre però, a questo punto, allargare la prospettiva e concentrarci sull’ultima parte dell’affermazione contenuta nel libro. Da una parte, ci sono gli eventi imprevedibili, i Cigni neri. Ma dall’altra è evidente che il problema delle crisi finanziarie è anche – ed forse il più grave – l’eccesso di fiducia, ingenua appunto, riposta nelle proprie previsioni: la falsa convinzione di una crescita dei mercati o di un loro buon andamento non accomuna forse molte delle recenti crisi finanziarie? Il risultato è che la convinzione nelle proprie previsioni crea comportamenti incoscienti e irresponsabili. Salvo poi, in caso di smentita e fallimento, per giustificarsi, chiama in causa proprio i Cigni neri. In realtà, anche in riferimento agli esempi fatti, si tratta ben più spesso di un caso di scuola, a cui diamo il nome di bolla finanziaria.
Su un punto, Taleb ha senza dubbio ragione: quando si investe (e non solo), è sempre necessario formulare delle strategie di prevenzione dai molti, pericolosi e ipotetici Cigni neri. Ma con ciò, gli investitori dovrebbero comunque fare attenzione a non confondere gli eventi imprevedibili dai prevedibilissimi esiti di comportamenti incoscienti e poco professionali, basati su modelli di rischio incompleti. La morale un po’ amara è che è difficile guardando al futuro e fare previsioni con certezza; o meglio, che seguirle in modo acritico significa prestare il fianco a situazioni di rischio davvero elevato. Insomma, investire significa, da un certo punto di vista, navigare a vista. E per farlo serve quella cautela responsabile che solo l’esperienza e la competenza nel settore può dare.