Nonostante tutti ne parlino, c’è ancora chi non crede nella forza dell’inflazione. Per catturare l’attenzione dei più scettici è sufficiente porre una domanda: ci siamo accorti che fare il pieno di carburante oggi costa molto di più rispetto a qualche mese fa? Qualcuno tra i miei lettori ha provato a calcolare l’aumento dall’inizio della pandemia ad oggi? Io ci ho provato usando i dati riportati sul sito del Ministero della Transizione Ecologica, da cui si può facilmente evincere quanto sia stata violenta l’impennata dell’inflazione sui prezzi dei carburanti. Nell’ultimo trimestre dell’anno la benzina ha toccato mediamente alla pompa l’importo di 1,751 euro/litro mentre il gasolio è arrivato a 1,616 euro/litro.
causa del fatto che in Italia oltre l’80% della merce viene trasportata su gomma. Il ritorno al livello del consumo di carburante pre pandemia ha comunque contribuito al suo naturale rincaro. Se a questi aumenti sommiamo quelli di gas ed elettricità, con un rispettivo + 29% e + 15% calmierati da un intervento governativo volto alla riduzione degli oneri e dell’iva, possiamo capire meglio il tenore di quanto avevamo riportato tempo fa, relativamente al danno potenziale al portafoglio, causato da un accumulo troppo elevato di liquidità sui conti correnti, con la conseguente perdita del potere d’acquisto.
L’Europa è la dimostrazione di questa nuova spinta inflattiva, con una crescita che mediamente si assesta intorno al 3%, con punte oltre il 4% della potente Germania, con livelli mai toccati negli ultimi 30 anni.
Certamente, senza addentrarci in pericolosi discorsi e limitando la nostra analisi a quanto riportato nel grafico sopra, possiamo affermare che buona parte di questo aumento è dovuto prioritariamente al costo dell’energia + 23,5%, seguito da quello dei servizi (+2,1%), dei beni industriali (+2%) e alimentari, ad alcol e tabacco (+2%). La scarsità di alcune materie prime è un altro fattore incrementale dell’inflazione. Per questo basterebbe citare il caso di ferro e acciaio, aumentati del 150% rispetto ad un anno fa, l’alluminio invece ha registrato un incremento del 39%, toccando il prezzo più alto degli ultimi 10 anni. Anche il settore alimentare sta subendo la stessa sorte con rincari importanti per grano, cereali, zucchero e oli di semi. Persino carta e imballaggi hanno registrato un + 60%. L’assenza di microchip sta inoltre impattando sulla crescita del settore automobilistico; in Italia, ad esempio, scarseggiano i materiali da costruzione, la cui richiesta è aumentata grazie al Superbonus 110%, causando la sospensione dell’attività di molti cantieri.
Una parola è poi necessaria sugli ormai inevitabili interventi delle banche centrali, volti ad un raffreddamento dell’economia per contenere l’inflazione. Per quanto attiene al tapering siamo già in una fase avanzata, mentre per il rialzo dei tassi dovremo attendere ancora qualche mese. Per questo l’Europa rimane apparentemente a guardare mentre la Fed è già pronta ad agire con i primi aumenti previsti nel primo semestre del prossimo anno, ma che pare il mercato abbia già scontato.
A questo punto termino il mio pensiero con una domanda rivolta a tutti i possessori di (troppa) liquidità sui conti: davanti a questi rincari, non credete sia arrivato il momento di scegliere la via di una seria pianificazione finanziaria, che consenta nel tempo di ottenere risultati almeno in grado di tenere a bada la risalita dell’inflazione? Davanti a questa situazione l’alternativa è semplice: investire prestando la giusta attenzione al rischio accettabile oppure perdere in potere d’acquisto. A voi la scelta!