In un momento come questo dove in molti accumulano denaro sul conto corrente, ho deciso unilateralmente di eleggere quale “domanda della settimana” quella che mi è stata rivolta da un lettore di MoneyController, che mi chiedeva se in una fase come questa fosse consigliato investire in un prodotto PIC oppure PAC.
Partendo da qui, comincerò con il dire che PIC e PAC non sono la rappresentazione di prodotti, ma bensì di una strategia. E come abbiamo detto più volte, questa viene sempre prima del prodotto. Per questo motivo è impossibile definire a priori quale delle due strategie sia di gran lungo la migliore. In realtà la parola che rappresenta la soluzione è “dipende”. Approfitto dell'occasione per ribadire che parlare di prodotti senza definire in via preliminare un obiettivo d'investimento è un errore. Quello che voglio evidenziare è che l'obiettivo di un investimento, cioè la ragione per cui quel denaro non è destinato alla spesa, non è mai la crescita in sé ma, piuttosto, è la scelta di destinare quel capitale per raggiungere uno scopo, che non può e non deve essere soltanto quello di conservarlo o incrementarlo.
Invece una prima cosa da fare è proprio quella di riconoscere e separare le preoccupazioni per liberare gli obiettivi futuri, tornando a concentrarsi sui veri motivi per i quali si era deciso di accantonare quel denaro, in modo da poterli realizzare nel tempo, cosa che non avverrà se ci lasciamo frenare dalla paura e dalle preoccupazioni, dato che il tempo è l'altro fattore determinante per un investimento. Rimandare a domani quello che deve essere fatto ora può essere motivo di fallimento. Alcuni obiettivi tra i più comuni sono costruire una carriera scolastica per i figli, l'acquisto della seconda casa, garantire una protezione alla famiglia in caso di incidenti, oppure avere a disposizione sempre della liquidità, per fare fronte ad una eventuale perdita del lavoro; o ancora per la serenità concessa dal fatto di avere sempre disponibile denaro utile per affrontare le eventualità legate alla vita di tutti i giorni (rottura dell'auto, sostituzione di un elettrodomestico, spese di ristrutturazione di una casa per le vacanze).
Se così si riuscisse a fare, il denaro tornerebbe a diventare quello che deve essere e cioè uno strumento che può e deve essere usato per raggiungere un fine dichiarato, qualcosa cioè dai contorni ben definiti in termini di tempo e di quantità. Solo così saremo in grado di entrare nel fantastico mondo della pianificazione finanziaria, luogo da cui nessuno di noi dovrebbe estraniarsi, specialmente quando si decide di organizzare e controllare la nostra vita, senza diventare soggetti passivi.
Un semplice esempio mi aiuterà allora a fare meglio comprendere la mia tesi. Chiunque abbia comprato una casa attraverso un mutuo sa di essere stato costretto dalla banca a pianificare in parte il suo futuro, tramite il piano di ammortamento che obbliga a rimborsare nel tempo il capitale ottenuto, mediante il pagamento per un certo numero di anni di una rata proporzionale al reddito disponibile. A fine periodo, a conclusione del piano di investimento e in ossequio al mantenimento dell'impegno preso, viene trasmessa la piena proprietà dell’immobile. Questa è una pianificazione finanziaria molto simile a quella che viene fatta quando si predispone un investimento: la quantità di denaro disponibile, il tempo destinato all'investimento, una quantità finale attesa proporzionale al rischio assunto. E come per il mutuo la variazione dei tassi costituisce il rischio da correre (per questo si sceglie un tasso fisso o uno variabile), allo stesso modo per un investimento si dovranno considerare le stesse variabili: tempo, quantità iniziale e rendimento atteso, oltre che la valutazione del rischio accettabile. Va naturalmente detto che i risultati devono essere sempre coerenti con quello che è possibile realizzare, non con quello che si vorrebbe accadesse, altrimenti saremmo in presenza di un miracolo atteso, non di un investimento.
Tutto questo, chissà perché, risulta semplice quando si acquista una casa con un mutuo, ma diventa impresa titanica quando si tratta di identificare gli obiettivi per cui quel denaro viene investito. Naturalmente non voglio credere che sia solo la paura quel demone dispettoso che induce l’investitore a rinunciare ai suoi sogni, facendogli accantonare sul conto risorse improduttive, così da accettare passivamente la sconfitta di vedere remunerazioni nulle e perdite dovute all’inflazione. Possibile che la paura sia così potente al punto da causare un comportamento che lo danneggia, anche quando in gioco c'è la sua felicità e il suo futuro?
In realtà se ci pensiamo bene, pianificare non è affatto un compito arduo, anzi aiuta a superare la paura. Se solo poi si usasse la conoscenza dei mercati sarebbe più facile, facendo uso anche di semplici nozioni di buon senso ed esperienza, costruire portafogli destinati a dare frutti nel tempo richiesto, breve, medio o lungo che sia. Non serve un master universitario per gestire un investimento poiché è sufficiente concentrarsi sugli obiettivi, lasciando alla competenza e conoscenza degli specialisti la costruzione di un portafoglio che sia in grado di trarre dai mercati il giusto rendimento, per il tempo e il rischio che l’investitore sia disponibile a concedere. Non ci sono rendimenti senza rischio ma il rischio, se tutte le condizioni di tempo e di volatilità sono rispettate, può e deve essere considerato come una opportunità con valenze positive.