E’ sempre più frequente, sul Web e sulle riviste specializzate, leggere articoli sugli ETF ma sovente mi chiedo quanti investitori e consulenti abbiano davvero chiari i numeri del fenomeno.
Negli ultimi 15 anni ho dedicato gran parte dei miei studi a questa particolare tipologia di fondi comuni di investimento, gli ETF, frequentando numerosi corsi e convegni e sperimentando l’operatività di questi strumenti che sono divenuti, nel tempo, via via più numerosi sia sul mercato sia nei portafogli dei clienti che seguo.
Oggi vorrei iniziare una serie di incontri su questo tema con l’obiettivo di realizzare una sintesi delle loro caratteristiche fondamentali senza però tralasciare aspetti poco conosciuti di questa tipologia di strumenti tanto semplici da inserire in un portafoglio quanto complessi nella loro costruzione interna.
Gli ETF sono stati inventati dagli americani, infatti il loro nome deriva da Exchange Traded Funds, che in italiano risulta “fondi negoziati sul mercato”: una delle caratteristiche principali di questa categoria è infatti la possibilità di comprare e vendere in tempo reale le loro quote o azioni su un mercato secondario dedicato.
In particolare, possiamo acquistarli nella sezione di Borsa Italiana denominata ETF Plus, dalle 9.30 alle 17.30 dal lunedì al venerdì. In alternativa è possibile acquistarli anche nei principali mercati europei, come Londra, Parigi, Amsterdam o sul mercato tedesco, mentre risulta oggi decisamente più complicato acquistarli sul mercato americano.
La prima caratteristica fondamentale è proprio questa: possiamo inserire facilmente nel nostro conto on-line o andando fisicamente all’ufficio titoli della Banca, un ordine di acquisto di un determinato ETF e subito dopo è possibile rivenderlo, volendo, con una immediatezza che non è consentita in alcun modo nell’investimento tradizionale in fondi comuni che richiede alcuni giorni per l’esecuzione dell’ordine di acquisto e alcuni giorni per l’esecuzione dell’ordine di vendita.
Da questo punto di vista, quindi, l’investimento in ETF permette di essere utile sia al trader che può negoziare più volte nello stesso giorno il medesimo strumento, sia all’investitore con un orizzonte temporale più lungo che può valutare investimento in un ETF potendolo mantenere anche per anni in portafoglio, con la consapevolezza della possibilità di vendita della quantità esatta desiderata in ogni momento negli orari di mercato aperto.
I mercati in cui è possibile negoziare gli ETF sono in ogni caso mercati secondari, dal momento in cui esiste anche un mercato primario a cui si rivolgono tipicamente gli investitori istituzionali: un investitore privato potrà quindi negoziare anche una sola quota in tempo reale al prezzo di mercato (quindi con importi anche di pochi euro, dipende dal valore della singola quota), mentre un investitore istituzionale potrà contattare direttamente l’emittente per investire un importo rilevante fissando, ad esempio, il prezzo di chiusura di giornata.
Dal punto di vista giuridico, gli ETF possono essere fondi comuni di investimento (in questo caso vengono acquistate delle quote) o comparti di SICAV (in questo caso vengono acquistate delle azioni).
Parlando di ETF, va senza dubbio ricordato che si tratta di strumenti che hanno come obiettivo quello di replicare, cioè sostanzialmente di copiare in maniera passiva un determinato indice costruito da società specializzate: per questo motivo si parla di index investing e di fondi passivi, cioè di fondi in cui non è presente l’operato di un gestore che agisce con discrezionalità, cioè che decide giornalmente quanto investire in un titolo e quanto in un altro: la quantità percentuale di un determinato titolo all’interno dell’ETF risulterà infatti pari alla quantità percentuale di quel titolo all’interno dell’indice replicato.
Rinviando a incontri successivi la spiegazione di altre caratteristiche particolarmente interessanti degli ETF, possiamo fornire oggi qualche numero che possa definire le caratteristiche del loro mercato.
La crescita dell’ “index investing”, infatti, è stata uno dei trend chiave nella finanza degli ultimi decenni, fin dal lancio del primo fondo passivo negli Stati Uniti nel 1971 e del primo ETF nel 1993. Negli ultimi anni il trend di crescita del mercato degli ETF è stato esponenziale. Infatti, a partire dal 2007, gli asset in gestione in fondi passivi sono cresciuti quattro volte più velocemente rispetto ai tradizionali prodotti attivi. L’incremento, secondo dati Morningstar, è stato del 230% e tale da portare gli asset in gestione a livello globale da parte dell’industria dei fondi passivi a 6.700 miliardi di dollari a maggio 2016.
Questo fenomeno ha riguardato tutte le zone geografiche del mondo ad esclusione dell’America Latina.
Se nel 2007 l’industria dei fondi attivi era 8,5 volte più grande di quella dei fondi passivi, questo differenziale si è ridotto a 4 volte e, nei soli Stati Uniti, l’industria dei fondi passivi è arrivata ad avere 1/3 del mercato dei fondi attivi, dai 2.000 miliardi di dollari del 2013 ai 5.000 miliardi di metà 2016.
All’interno dell’universo passivo (che contempla anche la categoria dei fondi indicizzati, decisamente poco presenti e poco conosciuti finora sul mercato italiano) il patrimonio investito a livello globale in ETF superava i 3.500 miliardi di dollari a fine 2016 raggiungendo, in pochi anni, una quota di oltre 6.000 strumenti quotati sui mercati regolamentati globali.
L’aspetto più rilevante, da questo punto di vista, è stata l’esponenzialità della crescita: se ci sono voluti 10 anni per raccogliere i primi 1.000 miliardi e quattro anni per i secondi 1.000 miliardi ne sono bastati solo tre per raggiungere altri 1.000 miliardi (fonte: AIPB).
Oggi, gli investitori italiani operano prevalentemente sul mercato ETF Plus di Borsa Italiana, che è diventato il terzo maggior mercato di ETF a livello europeo, caratterizzato da un elevato numero di scambi giornalieri per importi relativamente contenuti, se confrontati al mercato di Londra e a quello tedesco.
In particolare, sul mercato italiano degli ETF sono stati realizzati, nel solo 4° trimestre 2018, 11.697 contratti per un controvalore pari a 376,5 milioni di euro circa, con un incremento del 16,3% rispetto al 2017 (fonte: Borsa Italiana).
A dicembre 2018 il patrimonio totale investito in Italia in ETF era pari a 61.215,9 milioni di euro, suddivisi su 950 diversi ETF emessi da 18 società.
Per avere un termine di confronto, possiamo considerare che sul mercato di Londra gli ETF quotati a fine febbraio 2019 sono 1.187, la maggior parte dei quali è ovviamente quotata anche a Milano dal momento in cui lo stesso ETF a livello europeo può essere quotato su diverse piazze.
Si tratta di numeri certamente rilevanti, sui quali possiamo trarre alcune conclusioni:
• se il mercato italiano è caratterizzato da un numero rilevante di scambi giornalieri di importo contenuto, possiamo ipotizzare una presenza rilevante di traders che utilizzano l’investimento in ETF per acquistare un singolo indice, ragionando in termini di scambi frequenti;
• il mercato degli investitori privati che si rivolgono agli ETF per investimenti a medio lungo termine è ancora limitato;
• le società che emettono ETF sono decisamente poche, solo 18 sul mercato italiano, ma in ogni caso non molte di più a livello europeo;
• non esistono società italiane che emettono ETF, quindi le 18 società presenti sul mercato italiano sono società estere e, in particolare, sono nove società americane, quattro società francesi, una società tedesca, tre società inglesi e una società svizzera;
• delle 18 società emittenti di ETF presenti su Borsa italiana, 12 fanno parte di gruppi internazionali che si collocano nei primi 25 più grandi asset manager mondiali in base agli AUM (Asset Under Management, cioè la quantità di soldi in gestione); fonte: Willis Tower Watson.
È quindi possibile, in ultima analisi, per un investitore privato (o azienda) costruire un portafoglio ponderando diverse asset-class (che sono le categorie dei mercati, ad esempio le azioni americane piuttosto che le obbligazioni societarie dei paesi emergenti) tramite l’acquisto di ETF specifici, quotati su Borsa Italiana, che possono essere considerati alla stregua di “semilavorati” allo stesso modo in cui, per costruire un palazzo, molte componenti sono costituite da strutture “pre-assemblate”, con la tranquillità di sapere che i propri soldi sono in strumenti realizzati dalle società di investimento più grandi al mondo.
Da questo punto di vista, un consulente finanziario autonomo ha la possibilità progettare un portafoglio su misura per ciascun investitore, realizzabile facilmente dai clienti presso qualsiasi intermediario autorizzato, sia quindi allo sportello titoli della propria banca, sia tramite un conto on-line.
Nella prossima puntata, vedremo come un cliente smart può oggi investire in modo smart tramite il proprio smartphone utilizzando ETF smart (beta) ….. laddove il termine inglese smart si può tradurre con “intelligente”, “furbo” o “sveglio”…