Uno dei migliori consigli che si possano dare a chi decida di investire i propri risparmi è diversificare gli investimenti. Il secondo è diversificarli bene. Il suggerimento sembra utile quanto generico. Eppure, è un po’ come raccomandare di usare prudenza al volante: non sostituisce la capacità di sapere guidare, ma può salvare da molti inconvenienti. Per prima cosa: diversificare significa distribuire i propri risparmi su strumenti finanziari o prodotti alternativi, e cioè suddividere le proprie risorse in differenti asset class. La ragione è semplice: assicurarsi contro il rischio che le performance negative di un solo investimento mettano a repentaglio l’interezza dei risparmi. Usando una metafora cara agli economisti, equivale a distribuire le proprie uova in più panieri per evitare che, rotto un paniere, a rompersi siano anche tutte le uova.
Facciamo ora, per un momento, un salto indietro nel tempo e torniamo nel 1986. Poniamo di voler investire i nostri risparmi su due promettenti realtà dell’hi-tech, appena quotate in borsa: Microsoft e Apple. Bene, aver investito duemila dollari allora significherebbe, oggi, possederne circa 800mila. Morale: se l’investimento è azzeccato, diversificare non serve a nulla; anzi, rischia di essere controproducente. Vero: ma a patto di sapere in anticipo cosa succederà. Detto in altri termini, sapere quali tra le centinaia di aziende quotate saranno premiate, nel tempo, da un radioso successo.
Microsoft vale oggi in borsa 570 volte la sua quotazione iniziale, e ne arrivò a valere quasi 600 nel 1999. Tuttavia, con la crisi delle dot-com, il valore si ridusse a un terzo; e ancor peggio fece, quando l’astro del rivale Steve Jobs cominciò a brillare di nuovo. Già, perché la rinascita di Apple, guidata dal lancio dell’i-phone, arrivò a più di trent’anni dalla fondazione dell’azienda di Cupertino, e a venti dalla quotazione in borsa: solo a partire dal 2007 il titolo cominciò a crescere in modo sostanziale, fino al valore attuale, che è 210 volte superiore a quello registrato al momento dello sbarco sul mercato azionario. Chi avrebbe scommesso sul futuro di Apple nei primi anni 2000? Chi non si sarebbe lasciato spaventare, invece, dai crolli subiti dalle azioni di Microsoft?
Investire su singoli asset può dare elevati guadagni, è vero; tuttavia, resta un comportamento quantomeno rischioso e spesso svantaggioso. Ciò vale anche indipendentemente dal tempo: posizioni di breve respiro rischiano infatti di essere in balia della volatilità dei titoli; quelle di lungo o lunghissimo immunizzano dalla volubilità momentanea del mercato, ma rimandano a prospettive di guadagno troppo lontane. A pensarci su, se si potesse investire su un solo titolo alla volta, la borsa sì che assomiglierebbe veramente a una sala scommesse: in palio, vincite e perdite ingenti, con una buona probabilità, alla lunga, di finire sul lastrico. Così non è: e il mercato finanziario dovrebbe proprio avere il compito di costruire investimenti dinamici e duraturi nel tempo, coprendoli da rischi inutili, laddove possibile.
Attenzione, però: diversificare non vuol dire investire i propri risparmi casualmente. Il punto è fondamentale: investire in asset class differenti non basta. Per equilibrare davvero i propri strumenti finanziari (un fondo, p. es.) è necessario che anche le loro componenti (le azioni) siano tra loro scarsamente o per nulla correlate, ovvero che al calo dell’una non corrisponda, in qualche modo, anche una perdita di valore dell’altra. Il modello matematico che calcola come massimizzare i rendimenti in funzione del rischio così inteso, cioè come costruire dei portafogli efficienti, fu formulato dal premio Nobel Harry Markowitz. Sotto forma di algoritmo, il modello ha ancor oggi un largo utilizzo proprio perché è in grado di tenere conto della correlazione esistente tra i titoli all’interno di un portafoglio e di lasciare all’investitore solo la preferenza sui diversi gradi di rischio da affrontare.
Sulla base di quanto affermato prima, risulta chiaro che non tutte le forme di diversificazione si equivalgono. Anzi, se si considera il mercato finanziario come un sistema di vasi comunicanti, si capisce che, alla lunga, più si cerca di diminuire il rischio, più da un certo momento in poi anche i rendimenti attesi si abbassano, finché diventano talmente bassi da risultare nulli. Morningstar ha individuato in dieci fondi il grado di massima e utile diversificazione possibile, tenuto conto che anche un fondo è di per sé uno strumento di diversificazione. Secondo un criterio di utilità marginale decrescente, investire in ulteriori fondi, infatti, non abbassa più di tanto il rischio, mentre fa lievitare i costi d’investimento e mitiga, fino a ridurre al minino anche le possibilità di guadagno.
Sulla base di considerazioni simili, l’analista e politico Harry Browne ha provato a dare una ricetta per costruire un portafoglio di successo: dividere la torta dei propri investimenti in quattro fette così ripartite – azioni, oro, titoli governativi a breve termine e titoli governativi a lungo termine. Semplice, no? L’analista Francesco Caruso, in un’intervista rilasciata al Sole 24 Ore, ha spiegato di aver seguito questa strategia scegliendo l’indice tedesco DAX 30 per le azioni, l’oro, il CTz italiani per i titoli a breve e il Bund tedesco decennale per i governativi a lunga. Risultato: un rendimento medio dell’8,1% tra il 2000 e il 2012, sottolineando però l’esteso lasso temporale necessario per arrivare a dei risultati stabili.
Nulla vieta, però, che una crisi sistemica cancelli anche queste o altre precauzioni. Durante la crisi del 2008 gli indici globali Morgan Stanley, l’MSCI World e lo S&P 500, strumenti piuttosto diversificati, persero quasi il 40% del loro valore. Aver investito, per esempio, negli indici azionari delle materie prime per limitare il rischio, in quel caso non sarebbe servito a nulla: anch’essi franarono a partire da quell’orribile 2008, come del resto l’intero mercato mondiale.
Aveva quindi ragione Warren Buffet, affermando: «la diversificazione è una forma di protezione contro l’ignoranza; non ha molto senso se sai quello che stai facendo»? Come abbiamo visto, solo in parte. Il rischio dovuto all’incertezza resta una componente ineliminabile, in finanza, di ogni guadagno. In un certo senso, non è nient’altro che il suo prezzo. Certo: diversificare il rischio, in molti ambiti, non serve: aprire più mutui per la prima casa o iscriversi a più università contemporaneamente è anzi un modo per allargare le possibilità di un fallimento. Ma diversificare in modo accurato i propri investimenti, nel mercato azionario, resta il primo miglior consiglio da dare a chi decide di investire i propri risparmi.