Qualche volta ricevo critiche relative al fatto che raramente parlo di prodotti e che normalmente evito di dare consigli generici su modifiche tattiche di portafoglio, soprattutto in momenti delicati di mercato. Chi mi conosce sa che non è mia abitudine non rispondere alle domande, ma sa che ho la tendenza a rispettare le esigenze dell'investitore e le sue preferenze, anche se questo talvolta può comportare limiti nella costruzione dell’asset. Ciascuno è un mondo a sé stante, ecco il motivo per cui non amo parlare di terapie finanziarie in generale, cosa che faccio però quando sono con ogni singolo cliente. Qualche volta questi limiti sulle scelte sono dovuti a pregiudizi o scarsa conoscenza della realtà, spesso anche a causa dall’amaro calice bevuto in occasione di esperienze passate fondate su erronee scelte. In questi casi sarebbe troppo semplice accontentare il cliente suffragando il rapporto su di una cura palesemente sbagliata, ma per lui oltremodo tranquillizzante, invece che insistere per somministrare la giusta terapia. L'esempio è semplice: lavorare con prodotti di liquidità, per un tempo infinito con un cliente che dichiara esplicitamente la sua avversione al rischio, è palesemente un errore. Tuttavia non è rinunciando al proprio ruolo che il consulente agisce per il bene del cliente quando si sente dire “faccia lei, mi fido”. Troppo spesso ciò si trasforma in un'arma a doppio taglio, specialmente se di questa fiducia si abusa inducendolo ad acquistare qualcosa che non si è in grado di comprendere e che poi non produce il risultato sperato.
Compito del consulente è quello di prendere per mano il cliente e aiutarlo a comprendere cosa significa davvero investire, rendendolo partecipe del processo di costruzione dell’asset. Lo so che tutto questo sembra tempo sprecato ma vi assicuro che non lo è mai quando si lavora per fare comprendere il perché di certe scelte, magari all'inizio non condivise. Questo richiede la pazienza e la costanza di chi non usa violenza attraverso un uso spregiudicato dell’asimmetria informativa, ma che cerca piuttosto di coinvolgere il cliente nel processo decisionale, facendogli acquisire il più possibile consapevolezza e cultura finanziaria. Non dimentichiamo poi che dalla parte del cliente c’è la normativa Mifid, che tutela e protegge dalle leggerezze o dagli abusi di cui spesso sentiamo parlare. Un esempio ci aiuta a comprendere la cosa: mai dovrebbero essere usati prodotti ad alta volatilità quando c'è un ridotto periodo di tempo, soprattutto quando c'è una aperta e convinta dichiarazione di avversione al rischio.
Uno dei compiti più affascinanti riservati a noi consulenti è quello di togliere dalla parola rischio quell’aura negativa che induce l'idea di potenziali perdite, sostituendola con quella infinitamente più positiva di opportunità, che possono e devono essere colte dal nostro cliente, nella consapevolezza che ogni situazione umana è preda dell’incertezza. Ma non per questo ciò deve diventare la scusa per non vivere e non investire, facendoci dominare dalla paura delle conseguenze che ogni scelta che comporta un rischio ha in sé.