Alberto Marracino

Alberto Marracino

Rating:

Consulente finanziario

Condividi

Punteggio ottenuto

dal giudizio degli investitori

Ha ricevuto 1 votazioni
Vedi la scheda

07/09/2021

Data ultimo
voto

0

Voti ultimi
30gg

Se mi conosci votami

FINECOBANK
Roma, Chieti, L'Aquila, Milano, Pescara, Teramo
-
Da 5 anni a 10 anni
Master universitario di II° livello
52 anni
1550 Dato aggiornato da Google quotidianamente
28 settembre 2018
MoneyController Financial Educational Award Top Financial Educational

Awards: I-2023, anno 2022, 2021, 2020, 2019,

Punteggio ottenuto

dal giudizio degli investitori

Ha ricevuto 1 votazioni
Vedi la scheda

07/09/2021

Data ultimo voto

0

Voti ultimi 30gg

Se mi conosci votami

Profilo professionale

Studi classici e laurea in Economia Aziendale alla Bocconi, ho lavorato oltre 11 anni a Londra come analista finanziario su M&A (Mergers and Acquisitions) e nella City londinese come Equity Sales (fornendo consigli d’investimento sul mercato azionario italiano direttamente a gestori e analisti di fondi investimento e hedge funds basati a Londra e Dublino) per Intermonte, la principale società italiana di brokeraggio. Da 5 anni in Fineco come consulente finanziario aiuto le persone a conseguire i loro obiettivi di pianificazione finanziaria, gestione e protezione del risparmio e finanza comportamentale. Durante il mio soggiorno londinese ho conseguito le certificazioni professionali dell’ Investment Management Certificate (IMC), Financial Security Authority (FSA) e svolto un MBA presso la European School of Economics. Sono CFA Charterholder dal 2017. La qualifica di Chartered Financial Analyst è solitamente conseguita a livello internazionale dai gestori e dagli analisti dei fondi d’investimento e include, insieme alla certificazione di elevate competenze tecnico-finanziarie anche l’adesione a elevati standard etici di condotta morale e professionale. Oltre a seguire con passione e interesse i mercati finanziari e l’economia in genere, i miei hobby includono il beach volley, tennis, bici, viaggiare.
Leggi di più

Le mie principali competenze

Analisi strumenti finanziari, trading
Consulenza agli imprenditori
Consulenza patrimoniale
Gestione del rischio finanziario
Ottimizzazione di portafoglio
Pianificazione assicurativa
Pianificazione del patrimonio immob.
Pianificazione pensionistica
Pianificazione successoria
Valutazione Mutui e leasing

I miei credit

  • Dal 2013 a oggi - Personal Financial Adviser presso FinecoBank
  • Dal 2010 al 2012 - Trader indipendente presso Titanus AM
  • Dal 2006 al 2010 - Equity sales presso Intermonte
  • Dal 2000 al 2006 - Analista finanziario presso M&A Monitor Ltd
Leggi di più

Le mie ultime attività

LA DEMOCRATIZZAZIONE DELLA CONOSCENZA: DALLA SCRITTURA ALL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE, POTENZIALITÀ E PERICOLI

31.05.2023 / 37 / 0

Siamo agli albori di un passaggio epocale nella diffusione della conoscenza tra uomini e civiltà grazie agli sviluppi attuali e futuri di intelligenza artificiale (AI) e realtà virtuale. Tutto questo apre scenari di grande sviluppo culturale per le società e gli individui ma allo stesso tempo pone rilevanti problemi di organizzazione sociale, politica oltre a nuovi interrogativi etici a cui rispondere. Nella seguente analisi storica vedremo come si è giunti a questo momento di probabile “discontinuità storica”. Nella storia di come il sapere umano si diffonde tra gli individui, un primo passaggio fondamentale è quello che vede la scrittura mettere nero su bianco lo scibile di tradizione orale e quindi di cultura dei popoli, accumulato nel passato. In ambito occidentale questo passaggio viene fatto coincidere, solitamente, con la scrittura dei testi di Iliade e Odissea, in un periodo databile tra i secoli VIII e V prima di Cristo. La scrittura nasce con i Sumeri e gli Egizi, circa 3000 anni prima di Cristo, tuttavia scrittura e letteratura non coincidono cronologicamente: infatti, i testi letterari più antichi, giunti fino a noi, sono databili verso la fine del III millennio a.C., circa 1000 anni dopo l’invenzione tecnica della scrittura. Nella storia della cultura occidentale, l’invenzione dell’alfabeto greco, ripreso dalla lingua fenicia, permise di trasferire su un supporto fisico la tradizione orale dei versi di Iliade e Odissea, per molto tempo recitati e non letti. Infatti, era compito di aedi e rapsodi, durante feste religiose, celebrazioni pubbliche o simposi, declamare le gesta degli eroi del passato. È provato che già durante la tirannia di Pisistrato, ad Atene, durante il VI secolo a.C. nella grande biblioteca ateniese fossero presenti dei libri ordinati di Omero e che i poemi di Iliade e Odissea venissero utilizzati per l’insegnamento degli allievi nelle scuole. Secondo lo storico e filosofo Ivan Illich: “Il passaggio dalla tradizione orale a quella scritta segna una frattura epistemica, infatti, la scrittura introduce un nuovo stile cognitivo indicato come pensiero letterario (o alfabetico), il quale è un "pensiero argomentativo", causale, che procede per analisi e sintesi e lavora non su oggetti concreti ma su concetti”. Un secondo importante passaggio storico avviene grazie all’invenzione dei caratteri mobili per la stampa dovuta a Gutenberg. Infatti, nei molti secoli successivi ai fasti della civiltà ateniese, la tradizione orale rimarrà comunque fondamentale per la trasmissione della conoscenza, in quanto pochi erano in grado di leggere mentre i testi scritti erano pochi, costosi da produrre e la cultura e la capacità di leggere e scrivere erano prevalentemente relegate ai chierici: non a caso il recupero e la trasmissione fino ai giorni nostri di molti testi dell’antichità sono stati possibili solo grazie all’instancabile lavoro dei monaci amanuensi in epoca medioevale. Fino a circa il XIII secolo la lettura rappresentava un evento pubblico e molto meno individuale rispetto a come lo conosciamo oggi in quanto era affidata a qualcuno che leggeva a un pubblico fatto da dame e cavalieri, spesso nelle sale delle corti. La stessa produzione artistica medioevale (si pensi ai famosi affreschi giotteschi nella Basilica di Assisi) era volta a educare il popolo, non in grado di leggere o scrivere, attraverso il ruolo dell’immagine. Tutto questo cambia radicalmente nel 1455 con la pubblicazione della Bibbia da parte di Gutenberg, attraverso l’utilizzo di caratteri mobili che Johann aveva già sperimentato anni addietro, tra il 1436 e il 1440. Sembra che, nella prima edizione, furono stampate circa 180 copie, una tiratura straordinaria per quell’epoca. Un terzo passaggio storico si realizza con la nascita della cinematografia alla fine del XIX secolo.  Nel 1873 il fotografo inglese Eadweard Muybridge realizzò un primo filmato, della durata di qualche secondo, di un cavallo in corsa mettendo in sequenza una serie di 24 fotografie. Nel 1895 la prima proiezione in pubblico di un film da parte dei fratelli Lumiere segnò la nascita ufficiale del cinema i cui sviluppi sono oggi ben evidenti. L’invenzione del video è epocale in quanto permette di trasmettere la parola, la tradizione orale, senza utilizzare l’unica alternativa che per secoli era stata la scrittura. In particolare, l’esperienza unica dell’ascolto della parola si slega dal vincolo cronologico, dalla sua unicità rappresentativa e dal vincolo spaziale. Infatti, un’orazione (una rappresentazione teatrale e via dicendo) può essere riascoltata in qualsiasi momento senza un nuovo intervento da parte del soggetto narrante o attore, è esattamente uguale a se stessa (anche una poesia ripetuta 10 volte in maniera impeccabile da un attore avrebbe differenze nel tono della voce o nelle pause, ad esempio) e può essere ascoltata in qualsiasi luogo attraverso un mezzo di riproduzione (tv, sala cinematografica o computer) senza dover essere fisicamente presenti nel luogo della sua produzione. La trasmissione dei canali televisivi via etere e l’invenzione più recente di internet hanno permesso una diffusione di contenuti in maniera massiccia e capillare in tutto il mondo civilizzato, fornendo un accesso alla cultura da parte degli individui come mai prima nella storia. Potremmo dire che lo sviluppo delle reti di comunicazione, dai canali televisivi alla rete internet, rappresenta per i contenuti video ciò che l’invenzione di Gutenberg ha rappresentato per il libro. Oggi intravediamo un ulteriore passaggio epocale nella maniera in cui la conoscenza umana può essere trasmessa e nell’accessibilità o meno degli individui al sapere umano. Infatti, con lo sviluppo della realtà virtuale e dell’intelligenza artificiale, il processo di apprendimento e di trasferimento di cultura e sapere potrà diventare sempre più esperienza diretta dell’individuo e sempre meno mediata dal “medium” della parola, testo o video.In un futuro che è già realtà l’utilizzo di visori in 3D e tute sensoriali indossabili renderà possibile a ciascuno di noi l’esperienza diretta, sebbene virtuale, di una battaglia del passato, di un discorso di un condottiero, di una lezione di un filosofo, dandoci l’impressione di essere presenti nel momento in cui l’evento accade, come se lo vivessimo nella nostra vita reale. L’AI permetterà di dialogare “direttamente” con Pericle, Dante o Leonardo, facendoci spiegare direttamente dagli autori il significato delle loro opere o delle loro gesta. Alla tradizione orale, al libro, al video, si affiancherà quindi la trasmissione del sapere quale esperienza diretta, attraverso un viaggio nel tempo non fatto più solo di immaginazione personale leggendo un testo di un racconto storico, ad esempio, o della constatazione visiva guardando un video che risulta immutabile e con il quale non è possibile interagire, ma anche attraverso l’interazione con l’evento storico che si sta studiando o il fenomeno chimico-fisico che si sta osservando. Se volessimo azzardare una previsione di un futuro passaggio nella storia della capacità dell’uomo di apprendere e trasmettere conoscenza, potremmo immaginare che la conoscenza di una singola materia o fatto storico possa essere caricata direttamente nel cervello umano attraverso una connessione elettronica, similmente a come oggi carichiamo un software su un pc. E’ di questi giorni l’annuncio che Neuralink, la società di neurotecnologie fondata da Elon Musk, ha ricevuto l’autorizzazione a testare i suoi impianti celebrali direttamente sul cervello umano. Un primo passo che potrebbe aprire in futuro la strada a una connessione sempre più forte tra biologia umana e mondo digitale e robotico. Sono passati oltre 900 anni da quando Wiligelmo scolpì le storie della genesi che oggi possono essere ammirate sulla facciata del Duomo di Modena, eppure da quelle quattro lastre possiamo trarre degli spunti significativi per la nostra analisi. In primis, lo strumento della forma marmorea che assolve al ruolo educativo per il popolo analfabeta, una sorta di Biblia pauperum, oggi ha ceduto il passo a mezzi nuovi quali il video e l’esperienza di realtà virtuale potenziata dall’intelligenza artificiale. La scoperta del bene e del male se nella storia della genesi comporta la cacciata dal paradiso e la condanna al lavoro per l’uomo, nella realtà storica implica per l’uomo pericoli e continue domande etiche. La domanda centrale è: fino a che livello e con quale grado di capillarità è accettabile per la stessa evoluzione e sicurezza della società umana la diffusione di conoscenza tra gli individui? Se da un lato, infatti, la diffusione del sapere tra gli uomini ha prodotto e produce progresso nella storia umana, dall’altro il controllo del sapere ha un risvolto etico ma anche pratico di sicurezza sociale e di organizzazione politica. Infatti, il sapere può essere usato da un uomo contro un altro uomo, da una società o da un individuo contro un singolo o una collettività. Lo sviluppo della ricerca sul nucleare, se da un lato ha prodotto sviluppi nel campo della fisica e della produzione di energia, dall’altro ha dotato alcune comunità di armi in grado di annientare non solo altre comunità di uomini ma di compromettere la stessa esistenza della civiltà umana. L’accesso da parte di gruppi terroristici al dark web per il traffico di armi, d’informazioni privilegiate o rubate, la capacità con cui gli hacker possano entrare nei sistemi informatici di enti pubblici o aziende, sono solo altri esempi di come la pervasività e l’accesso al sapere rappresenti una grande risorsa per la civiltà ma allo stesso ponga problemi etici e politici sul suo controllo. Il pericolo, come rappresentato da Wiligelmo, è che Caino alzi allora la mano contro Abele, usando il suo sapere contro suo fratello. Con l’intelligenza artificiale potremmo spingerci anche oltre: un nuovo Adamo, creato dall’uomo in questo caso nella veste di creatore, che potrebbe disubbidire alla volontà del padre, mangiando il frutto proibito e rivoltandosi contro colui che lo ha creato. Fuor di metafora vale la pena ricordare quanto dichiarato, pochi giorni fa, da Eric Schmidt, ex CEO di Google, secondo il quale l’AI potrebbe arrivare a danneggiare o uccidere un gran numero di persone attraverso la scoperta di falle nei sistemi informatici e di nuovi tipi di biologia potenzialmente dannosi per gli uomini. Si unisce al coro di massima attenzione sulla nuova tecnologia anche Sam Altman, CEO di OpenAI, la società creatrice di Chat-gpt, che ha indicato, in base quanto riportato sul sito del Center for AI Safety, ossia l’organizzazione che si occupa di sicurezza dell’intelligenza artificiale, come: “Mitigare il rischio estinzione causato dall’AI dovrebbe essere una priorità globale, insieme ad altri rischi sociali  su vasta scala come le pandemie o la guerra nucleare”. Vale la pena ricordare che gli stessi algoritmi che muovono l’AI sono prodotti dall’uomo che, nella loro generazione, ha il compito morale ed etico di inserire dei meccanismi di salvaguardia nei confronti della collettività, ben consci che possano esistere altre comunità di individui pronti a modificare in senso meno etico e a proprio favore quegli stessi algoritmi creando AI pronte a danneggiare l’interesse di altre comunità, culture e popoli. In questo senso la regolamentazione sull’accessibilità alla conoscenza e l’uso etico o meno che di questa se ne vuol fare, non solo rappresentano temi fondamentali all’interno delle società degli umani ma lo saranno sempre di più nel rapporto tra umano e il nuovo Adamo rappresentato, in futuro, dalla società dell’AI e dei robot. In un mondo sempre più ipertecnologico sarà importante rimettere al centro dell’attenzione i valori dell’etica e dell’umanesimo.   P.S. Alla luce di queste tematiche è rilevante, che al fine di una corretta pianificazione finanziaria personale, vengano considerati, in collaborazione con il proprio consulente finanziario, anche attraverso un piano di accumulo, soluzioni di investimento relative alle tematiche della cybersecurity e dello sviluppo dell’ Artificial Intelligence.

Leggi il mio post

Leggi tutti i miei post

Avvia podcast

SETTORE IMMOBILIARE USA IN PERICOLO E FED A FINE CORSA

09.05.2023 / 84 / 0

Le crisi bancarie degli ultimi mesi hanno generato una contrazione del credito, quindi con una ricaduta negativa sul tasso di interesse dei mutui.

Ascolta il mio podcast

Ascolta tutti i miei podcast

LA RIVOLUZIONE SOCIALE, ECONOMICA E POLITICA DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

13.04.2023 / 108 / 2

Chat GPT. C’è un mondo dietro questa parola ma, soprattutto, c’è un mondo che verrà che potenzialmente potrebbe essere molto diverso da quello a cui siamo abituati. Una vera rivoluzione copernicana. Il clamore suscitato dalle capacità dell’intelligenza artificiale dietro Chat GPT è ancora forte e le prime reazioni non sono mancate anche a livello politico, non a caso è stato vietato in Italia, anche se le motivazioni sono legate a motivi di sicurezza sui dati personali. Cos’è Chat GPT? Si tratta di un’interfaccia, un software se vogliamo, sviluppato dalla società Open AI, una start-up di sviluppo dell’intelligenza artificiale (già valutata circa 30 miliardi di dollari), capace di dialogare con persone in maniera simile ad una persona umana, scrivere testi su qualsiasi argomento in maniera assai efficace e professionale, superare brillantemente molti esami accademici. La sua versione più aggiornata, Chat GPT4 (GPT sta per generative pre-trained transformers), è in grado di riconoscere e gestire anche immagini e risulta più precisa, creativa e collaborativa rispetto alla versione precedente. La tecnologia si basa su modelli di linguaggio di ampie dimensioni (Large Language Model o LLM), un modello di linguaggio generativo pre-addestrato in cui algoritmi di deep-learning sono in grado di generare contenuti attingendo ad un’enorme quantità di dati quali enciclopedie, dizionari, testi on-line e via dicendo e soprattutto con la capacità di migliorarsi e ampliare le proprie conoscenze attraverso l’interazione con gli utenti. Nonostante presenti ancora molte lacune, è solo questione di tempo prima che diventi sempre più preciso e affidabile. Chat GPT è solo uno dei progetti di AI (Artificial Intelligence) a cui si sta lavorando nel mondo. Google, ad esempio, sta sviluppando una sua versione di intelligenza artificiale chiamata Bard. La direzione e la velocità di sviluppo e gli ambiti di applicazione di questa tecnologia avranno forti implicazioni sul campo lavorativo, sociale, e, in ultima istanza, politico. Una recentissima ricerca, pubblicata il 27 marzo scorso da ricercatori dell’università di Pennsylvania e della stessa OpenAI, dal titolo “An early look at the labor market impact potential of large language models”, indica che già oggi il 15% delle mansioni di ciascun lavoratore potrebbe essere portato a termine più velocemente e con la stessa qualità, una percentuale che potrebbe salire ad oltre il 50% una volta si sia completata l’integrazione dell’intelligenza artificiale nei software e nelle macchine industriali esistenti, andando ad impattare, in particolare, le professioni con i salari elevati. Non sorprende questa conclusione: se da un lato, infatti, la robotica, ovvero l’automazione di processi manuali, comporta la sostituzione del lavoro manuale ripetitivo con delle macchine, dall’altro, con una logica parallela, l’automazione intellettuale dell’ AI porterà ad un sostituzione di molti compiti di concetto. Mentre sono già in allarme alcune figure professionali, come i copywriter, in quanto facilmente sostituibili dalla nuova tecnologia, c’è anche chi guarda alla necessità di nuove figure professionali, con preparazione umanistica e psicologica, necessarie per “addestrare” meglio la nuova intelligenza artificiale a diventare sempre più umana e affidabile nelle risposte. Se uniamo queste considerazioni al fatto che si stanno sviluppando nel mondo i computer quantistici, molto più veloci di quelli attuali e talmente potenti che anche gli attuali modelli di criptografia (delle password ad esempio) dovranno essere rivisti, possiamo solo immaginare la potenza di calcolo a cui avrà accesso questa nuova tecnologia, in grado di far compiere passi da gigante soprattutto nel campo della fisica, della biologia, nella farmacologia e via dicendo. E’ chiaro che tale trasformazione richiederà anni ma la direzione sembra ben delineata. Agli uomini spetta però governare i cambiamenti che ciò comporterà, sia riguardo ai risvolti positivi che a quelli negativi. A mio parere, lo sviluppo combinato di robotica e intelligenza artificiale, in pratica non solo la replica delle capacità fisiche e intellettive dell’uomo ma allo stesso tempo anche un loro potenziamento, può rappresentare una rivoluzione copernicana, lo stravolgimento del modello storico della società umana fondato sul connubio di lavoro e fatica ben rappresentato in un celebre quadro di Van Gogh (a 170 anni dalla nascita dell’artista), “I mangiatori di patate”, la cui atmosfera cupa, l’assenza di quei colori brillanti e luminosi che hanno reso l’artista famoso e amato, la potenza espressiva degli sguardi affossati e rugosi, testimoniano la fatica e allo stesso tempo la dignità della civiltà contadina, un richiamo più ampio alla fatica esistenziale di tutta l’umanità. Se le macchine possono sempre più spesso e in maniera sempre più ampia e pervasiva sostituire il lavoro umano, l’uomo avrà necessità di lavorare sempre meno per produrre almeno il minimo indispensabile al proprio sostentamento e in prospettiva potrebbe anche non dover lavorare affatto. Utopia? In questi giorni si parla, anche in Italia, di riduzione della settimana lavorativa a 4 giorni, a parità di salario. Sperimentazioni si sono avute già all’estero dove il modello ha riscosso un certo successo. Anche in Italia alcune imprese lo stanno sperimentando. Da un punto di vista di teoria economica il ragionamento è molto semplice. La produttività non è altro che la quantità di output, ossia di produzione, che si riesce a generare in un determinato intervallo di tempo data una quantità definita di input produttivi, diciamo capitale e lavoro. Se grazie a qualcosa, chiamiamola tecnologia, riesco ad incrementare l’output con la stessa quantità di input o riesco a produrre lo stesso con meno fattori produttivi, ho aumentato la produttività. Se quindi lavorando 4 giorni, grazie al maggiore supporto di tecnologie informatiche o robotiche e un migliore bilanciamento con la vita privata, riesco a produrre quanto facevo in 5 giorni ovviamente ho lavorato meno tempo ma a parità di salario in quanto il valore finale del mio lavoro, misurato dal valore della produzione, non sarà stato modificato. Estendendo questo ragionamento al suo estremo, se aumento il fattore tecnologia potrei arrivare ad un livello dove l’input lavoro diventa assai piccolo o vicino a zero. Del resto lo abbiamo visto anche nella storia. In Italia, alla fine dell’800 l’orario di lavoro medio era di 16 ore giornaliere e solo una legge del 1899 permise di fissarlo a 12 con l'interdizione dal lavoro notturno per le donne e i ragazzi dai 13 ai 15 anni. Il regio decreto 692 del 1923 fissò l’orario di lavoro per tutte le categorie produttive a 8 ore giornaliere, per un massimo di 48 settimanali. Agli inizi degli anni 70 il massimale settimanale passò da 48 a 40 ore. In base alle ultime statistiche, attualmente in Italia si lavora mediamente 37 ore alla settimana (media UE a 38 ore). I paesi dove si lavora meno sono i Paesi Bassi (30 ore), Danimarca (33,6) e Germania (35), quelli dove si lavora di più sono Grecia (41,7), Bulgaria (40,4) e Polonia (40,3). Al di là delle situazioni specifiche dei singoli paesi, è bene evidente una correlazione tra sviluppo tecnologico delle società e riduzione dell’orario di lavoro (dati Openpolis . febbraio 2022). Le conseguenze di questo fenomeno storico inarrestabile, che potrebbe ora subire una forte accelerazione nella sua direzione di fondo grazie agli sviluppi dell’AI, spaziano dal sociale al riequilibrio dell’ordine geo-politico mondiale. La disponibilità di maggiore tempo libero da parte degli individui favorisce le attività economiche di quei settori che si occupano appunto del “tempo libero”. Secondo i dati di Growth Capital, nel 2020 il settore del gaming ha generato 175 miliardi di dollari di ricavi, con circa 2,7 miliardi di gamer attivi in tutto il mondo, superando industrie quali cinema, musica, televisione. Solo in Italia il volume di affari del 2021 è stato di 2,2 miliardi di euro, con una crescita del 3% rispetto all’anno precedente. La stessa Unione Europea, conscia dell’importanza crescente del settore sia dal punto di vista lavorativo che da quello di vista culturale in competizione con USA, Giappone e ultimamente Cina, ha instituito l’Osservatorio europeo per i videogame, con lo scopo di incrementare il numero di videogiochi prodotti dal settore europeo che, attualmente, occupa circa 100mila addetti e che vede la Polonia come paese leader, con oltre 60 corsi di laurea legati allo sviluppo di videogiochi e numerose aziende del settore quotate presso la borsa di Varsavia. Se prendiamo il settore dei musei, monumenti e aree archeologiche statali ad esempio, dopo il crollo dovuto alla pandemia, il 2022 è terminato con numeri importanti, ormai vicini al 2019 (anno migliore di sempre per affluenza ed incassi). Qualche esempio: gli Uffizi di Firenze hanno registrato 4 milioni di visitatori nel 2022, con un record di incassi di 35 milioni di euro, poco sopra il record del 2019; il Museo Egizio a Torino quasi 900mila visitatori contro gli 850mila del 2019. Allargando lo sguardo a livello geopolitico un nome su tutti, Taiwan. La piccola isola nel Pacifico rappresenta l’emblema della battaglia che a livello mondiale si sta combattendo per la supremazia tecnologica, che, in ultima istanza, significa anche supremazia economica, militare e quindi politica. Taiwan, stato indipendente che la Cina vorrebbe “riannettere” all’interno del suo territorio, ha la leadership mondiale riguardo all’industria dei semiconduttori: la repubblica taiwanese ha il 65% del mercato della fabbricazione e ha una leadership nel segmento dell’assemblaggio, imballaggio e testing, con oltre il 50% di quota di mercato mondiale. Il suo campione nazionale, TSMC, è il primo produttore di chip al mondo.L’importanza attribuita all’industria dei microchip, che sono ovunque, dai pc ai cellulari, dalle auto ai sistemi militari, ha portato gli USA ad approvare una legge specifica, il Chips Act, che ha un valore di circa 280 miliardi di dollari e include 53 miliardi in aiuti industriali e che da un lato cerca di incentivare sempre più una propria produzione nazionale, dall’ altro di arginare lo sviluppo cinese nel settore. Gli Usa, attraverso moral suasion e vincoli legali e commerciali, stanno cercando di impedire l’acquisizione delle più moderne tecnologie da parte dei cinesi che, sul segmento più avanzato dei microchip, hanno circa 6-7 anni di ritardo rispetto a Taiwan. Ad esempio, la società olandese ASML, unica azienda al mondo in grado di produrre le stampanti necessarie per produrre i microchip di ultima generazione, ha accettato, su pressioni americane e in accordo con il governo dei Paesi Bassi, di limitare l’esportazione di certi modelli verso la Cina. Da un punto di vista più strettamente politico Taiwan, oltre ad essere una democrazia, rappresenta anche il simbolo di come uno stato di etnia cinese possa prosperare senza il modello comunista (situazione simile all’Ucraina dove permettere ai “fratelli” russofoni ucraini di prosperare in un regime democratico significherebbe ammettere indirettamente anche il fallimento del modello autocrate russo in patria, che, nonostante la sfavillante ricchezza degli oligarchi e della borghesia di Mosca e San Pietroburgo, ancora lascia la maggior parte della sua popolazione in condizioni socio-economiche poco entusiasmanti, con uno stipendio medio mensile di 700 euro e una speranza di vita a 73 anni, contro una media OCSE di 81, senza parlare di censura informativa e restrizioni delle libertà personali). Infine, guardando un po’ più avanti, lo sviluppo di robotica ed intelligenza artificiale potrebbe influenzare la visione socio-politica con cui affrontare il fenomeno dei flussi migratori. Negli ultimi mesi è caldo il tema politico del calo demografico da un lato e dall’altro della necessità di accogliere i migranti che continuano ad arrivare sulle nostre coste, non solo dall’Africa, ma da diversi paesi dell’oriente. Lasciando da parte considerazioni di carattere morale e/o religioso, l’incremento della forza lavoro, possibilmente qualificata e gestita tramite flussi regolari, potrebbe supportare diversi settori economici che richiedono manodopera e aiutare il problema del calo della natalità, fenomeno tipico dei paesi maggiormente sviluppati ma particolarmente evidente proprio in Italia. La potenziale prospettiva, come detto più nel lungo termine, di poter rimpiazzare gran parte del lavoro manuale e non solo con macchine e intelligenza artificiale, potrebbe diminuire la necessità di migranti. I robot e l’intelligenza artificiale diventare i nuovi schiavi del futuro, creando ricchezza cosi come in passato è stato per i grandi imperi, da quello romano alla stessa società americana prosperata anche grazie alla tratta degli schiavi dall’Africa. L’accesso o meno alle migliori tecnologie sarebbe l’equivalente del possesso o meno degli schiavi più forti, in grado quindi di creare maggior ricchezza per i propri possessori. In un sistema in cui, tuttavia, anche tramite strumenti di redistribuzione del reddito (un salario minimo universale), i cittadini godono di maggiore tempo libero e maggiore serenità economica, è assai probabile che anche il tasso di natalità si alzi significativamente, andando a risolvere parzialmente, se non in toto, in problema demografico. In quest’ottica, un simile modello di sviluppo economico potrebbe essere visto favorevolmente dai governi con visione sovranista e con retoriche e programmi incentrati alla difesa dell’identità e della cultura nazionale. Insomma, come abbiamo visto, Chat GPT non è solo una chat automatica, ma solo il segnale di  un mondo nuovo e potenzialmente molto diverso che spetta a noi plasmare nella maniera migliore.

Leggi il mio post

Leggi tutti i miei post

La pubblicazione della pagina profilo è a cura e su iniziativa personale del singolo consulente. MoneyController non si assume alcuna responsabilità in merito ai contenuti pubblicati dal consulente e a quelli accessibili attraverso link a siti web esterni citati dal consulente.

Condividi