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Borse di nuovo al top: che cosa c'è dietro i nuovi record?

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 13.05.2024

Nonostante i tassi di interesse restino elevati e l’economia (soprattutto negli USA) rallenti la sua crescita, alcuni indici azionari hanno nelle ultime settimane battuto degli ulteriori nuovi record. Ma che cosa spiega questa crescita dei mercati azionari? La prospettiva di un taglio dei tassi negli USA si allontana Alcuni dati economici, come ad esempio il PIL negli Stati Uniti, segnalano un rallentamento della crescita economica. Nel frattempo, sempre negli Stati Uniti, l’inflazione rende sempre meno probabile (da parte della Federeal Reserve) un taglio ai tassi di interesse nei prossimi mesi. Un dollaro più forte e, dunque, un euro più debole potrebbero fare tornare a crescere le spinte inflazionistiche anche in Europa. Nonostante tutto ciò, come fa notare Vito Lops sul “Sole 24 Ore”, negli ultimi giorni, nove indici azionari hanno battuto ogni record: com’è stato possibile? Il ruolo dei riacquisti azionari Lops individua nei buyback una delle ragioni fondamentali. Le operazioni di buyback consistono in riacquisti azionari effettuati da parte delle società emittenti. Portano con sé alcuni vantaggi, tra i quali – spiega sempre Lops – l’aumento di un indicatore, ossia l’utile per azione (“Earnings per Share – EPS”): ciò accade perché gli utili vengono messi in rapporto con un numero di azioni inferiore, dacché una parte di quelle azioni è stata riacquistata dall’azienda emittente. I vantaggi legati al buyback Tra gli altri vantaggi connessi al riacquisto azionario ci sono le remunerazioni che ciò offre agli azionisti e il segnale di fiducia che questa operazione offre ai mercati: da un lato, infatti, diminuisce il numero di azioni circolanti e ciò aumenta il prezzo di quelle rimaste; dall’altro lato, il segnale che dà un’azienda che acquista le sue stesse azioni può essere interpretata come il fatto di credere nel proprio business. Oltre a tutto ciò, si può aggiungere il fatto che i riacquisti azionari forniscono ai mercati anche notevoli quantità di liquidità. Le due fonti oggi di liquidità per i mercati Come spiga Lops, dunque, i buyback sono una fonte di liquidità per i mercati finanziari, a cui va aggiunta però una ulteriore fonte di liquidità, ossia i deficit dei bilanci pubblici; in altre parole, la forte componente di spesa pubblica, che immette denaro nell’economia. Se da una parte, dunque, le banche centrali tengono alti i tassi di interesse proprio con lo scopo di drenare la liquidità, dall’altra parte, la spesa pubblica e i riacquisti azionari compensano l’azione delle banche centrali. Come spiega Lops, questa dinamica spiega oggi, pertanto, almeno in parte, i risultati da record dei mercati azionari. Ti potrebbero interessare anche: Tassi, USA ed Europa a velocità diverse, ma attenzione ai rischi Prospettive di investimento se il mercato resterà toro Il dollaro forte può essere un problema anche per le aziende USA: le ripercussioni sui titoli

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Tassi, USA ed Europa a velocità diverse, ma attenzione ai rischi

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  • Titoli di Stato, Spread e Tassi di i
Scritto il 09.05.2024

È possibile che a giungo la Banca Centrale Europea operi un primo taglio ai tassi di interesse, mentre invece sembra sempre meno probabile che la Fed di Jerome Powell taglierà i tassi prima delle elezioni di novembre o addirittura prima della fine di quest’anno. I dati economici degli USA rendono sempre meno probabile un taglio dei tassi nei prossimi mesi I dati economici degli Stati Uniti fanno pensare a un numero sempre maggiore di analisti e osservatori che il taglio dei tassi da parte della Federal Reserve potrebbe verificarsi dopo le elezioni di novembre o anche non prima dell’inizio del 2025. Gli ultimi dati segnalavano un rallentamento dell’economia, con una crescita del PIL (al di sotto delle aspettative) pari all’1,6% e un aumento del tasso di disoccupazione dal 3,8% di marzo al 3,9% di aprile (un anno fa, il tasso di disoccupazione era al 3,4%). Nel frattempo, l’inflazione è tornata ad accelerare: il Consumer Price Index è cresciuto a marzo dello 0,4%. L’inflazione europea non è così lontana dal target fissato dalla BCE Se si guarda all’inflazione di fondo, negli Statu Uniti la cifra è del 3,8%, in Europa del 2,9%. Come spiega Jumana Saleheen, Chief Economist di Vanguard Europe, le cui considerazioni sono state riportate sulla “Stampa” in un articolo di Sandra Riccio, le aspettative sono che l’inflazione in Europa possa raggiungere il target del 2% fissato dalla BCE entro la fine di quest’anno. Ciò che si potrebbe verificare – come emerge dalle parole di Saleheen – è che la BCE cominci ad abbassare i tassi anticipatamente rispetto alla Fed. I rischi di due velocità nelle politiche monetarie di USA ed Europa Se a giugno la BCE opererà il primo taglio dei tassi, si verificherà dunque una divergenza delle politiche monetarie tra USA ed Europa. Saleheen non nasconde però che questa situazione potrebbe portare con sé alcuni rischi. Ad esempio, i tassi più elevati negli Stati Uniti potrebbero mettere pressione sulla valuta europea. Se in questa situazione si aggiunge il fatto che l’Europa è importatrice di materie prime (industriali ed energetiche), le quali peraltro hanno come maggiore valuta di riferimento il dollaro, allora è possibile che l’inflazione possa tornare a riaffacciarsi anche in Europa. Ti potrebbero interessare anche: Il dollaro forte può essere un problema anche per le aziende USA: le ripercussioni sui titoli Il rischio di inflazione per un nuovo ciclo rialzista delle materie prime è reale?

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Esportazioni, importazioni e immobiliare: gli investimenti in Cina possono tornare interessanti?

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 09.05.2024

Come leggere i nuovi dati economici e alcune notizie riguardanti il mercato immobiliare in Cina? Un ritorno della fiducia da parte degli investitori può essere giustificato? Crescono le esportazioni, ma soprattutto le importazioni I nuovi dati economici sulla Cina mostrano un aumento delle esportazioni ad aprile dell’1,5%. Questo dato era in linea con le aspettative delle proiezioni di Reuters. Un dato invece sorprendente ha riguardato le importazioni, cresciute dell’8,4%, ben al di sopra delle aspettative (4,8%). A trainare questo dato sono state le importazioni dagli Stati Uniti, cresciute del 9%, mentre le esportazioni sono calate del 3%. Nonostante ciò, gli Stati Uniti restano il primo partner commerciale cinese, come si legge nell’articolo di Evelyn Cheng su “CNBC”. Dinamiche dell’import-export Anche le esportazioni in direzione dell’Europa sono diminuite. Crescono invece dell’8% le esportazioni in direzione del gruppo di Paesi raccolti sotto l’acronimo ASEAN. Come si legge ancora nell’articolo si Cheng, restano in aumento le esportazioni di automobili, di schermi a cristalli liquidi e di dispositivi per la casa. Scendono invece le esportazioni di cellulari e navi. Crescono invece le importazioni di petrolio, gas naturale, acciaio, plastica, medicine e componenti per l’elaborazione automatica dei dati. Prodotti che arrivano comunque dalla Cina Come si legge nell’articolo di Cheng, Nomura sottolinea però il dato relativo al calo delle esportazioni negli Stati Uniti andrebbe forse integrato col fatto che molte delle importazioni negli Statu Uniti arrivano comunque da fabbriche cinesi presenti in altri Paesi o da prodotti che hanno comunque origine in Cina. Hangzhou toglie delle importanti restrizioni sull’acquisto di nuove case: un modello per l’intera Cina? Nel frattempo, proseguono i tentativi di fare ridecollare il mercato immobiliare cinese. Uno degli ultimi tentativi è stato fatto nella città di Hangzhou: il governo locale ha deciso che non sottoporrà più a esame gli acquirenti di nuove case (misura che serviva a contrastare la speculazione edilizia). La domanda, in città, che è una dei centri più dinamici della Cina, è diminuita, sicché i prezzi per le nuove case sono cresciuti soltanto dell’1% negli ultimi dodici mesi. La fine delle restrizioni riguardanti l’acquisto di nuove case, spiega Yan Yuejin, analista di E-house China Research and Development Institute, potrebbe fungere da modello anche per altre città (lo si legge in un articolo di Reuters di Liangping Gao e Ryan Woo).   Ti potrebbero interessare anche: Yen in caduta sul dollaro: quali conseguenze e che cosa pensa di fare il Giappone? Perché gli investitori dovrebbero considerare anche l'estremo oriente?

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Il 37% dei fondi attivi non raggiunge i dieci anni: qual è il problema?

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  • Fondi Comuni di Investimento
Scritto il 08.05.2024

Alcuni dati mostrano che sempre meno fondi gestiti attivamente riescono a raggiungere la durata di dieci anni: ma come mai questo accade? Sempre meno fondi di investimento attivi raggiungono i dieci anni di vita Sempre meno fondi raggiungono i dieci anni di età. Lo mostra uno studio del Boston Consulting Group riportato anche dalla rivista “FONDS Professionell”. Nel 2010, la quota di fondi che ha raggiunto i dieci anni di età è stata del 60%, mentre nel 2015 è calata al 42% e nel 2023 al 37%. Ma che cosa può spiegare numeri come questi? La concorrenza esercitata dai fondi passivi Uno dei problemi che hanno oggi i fondi passivi è la concorrenza esercitata dai fondi ETF, che sono percepiti come prodotti finanziari trasparenti e a cui è facile accedere. I fondi passivi hanno altresì il vantaggio di godere di bassi costi di commissione. Se si aggiungono le difficoltà da parte dei fondi attivi di battere il benchmark si capisce perché la gestione attiva sia oggi sfidata più che mai da quella passiva. Un problema di bassa redditività Il Boston Consulting Group sottolinea che uno dei problemi fondamentali dei fondi attivi è la bassa redditività. L’aumento dell’attività dell’asset management nasconde in qualche modo questo problema, dacché il fatturato risulta in crescita (+0,2%), ma gli utili sono in calo. Questa analisi – si legge sempre su “FONDS Professionell” è in linea peraltro con l’analisi anche della società McKinsey per quanto concerne l’industria dei fondi dell’area geografica dell’Europa occidentale. Strategie possibili per rilanciare i fondi attivi Ma quali sono le soluzioni possibili per l’industria dei fondi attivi? Il Boston Consulting Groupn individua almeno tre possibili strategie per rilanciare la gestione attiva: l’allargamento dei confini dei prodotti di investimento (ad esempio, mediante una maggiore inclusione dei prodotti di investimento alternativi), la personalizzazione dei servizi offerti, l’utilizzo dell’intelligenza artificiale (che può aiutare a migliorare la produttività). Ti potrebbero interessare anche: Cosa sono i fondi comuni d’investimento? Cos'è la spesa corrente, il costo e la commissione di un fondo? Cosa sono gli ETF e come funzionano Dal glossario: Benchmark

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Disney e Ferrari: bene alcuni dati sugli utili, ma giù i titoli in borsa

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 08.05.2024

Due importanti aziende, Disney e Ferrari, hanno pubblicato alcuni dati economici positivi, ma altri dati non hanno convinto i mercati, sicché il loro titolo in borsa è sceso. Disney+, Hulu e settore “esperienze” in crescita Il grande colosso statunitense dell’intrattenimento e dello spettacolo Disney ha registrato una dura correzione al ribasso ieri in borsa: un calo del valore dei titolo del 9,5%. Questo è accaduto nonostante alcuni dati siano positivi: Disney+ e Hulu, i servizi di streaming che mirano a fare concorrenza a Netflix (giudicata come modello di servizio di streaming), hanno generato dei profitti per la prima volta positivi; allo stesso tempo, anche l’area denominata “esperienze”, che (per capirsi) comprende anche i parchi a tema, ha registrato dei risultati positivi, ossia un aumento dei ricavi del 12% (2,3 miliardi di dollari), se confrontati con quelli di un anno fa. Deludono i risultati complessivi dello streaming ma anche della televisione Come fa notare Paolo M. Alfieri sul quotidiano “Avvenire”, tuttavia, per spiegare il calo del titolo in borsa vanno presi in considerazione degli ulteriori dati, come il calo dei profitti televisivi (i profitti operativi sono scesi in un anno del 22%). Anche uno sguardo di insieme sull’attività dello streaming (comprendendo cioè anche servizi come Espn+) mostra un quadro ridimensionato, con perdite complessive di 18 milioni di dollari. Non stupisce allora che in borsa il titolo abbia registrato una simile correzione al ribasso. Del resto, è stato lo stesso CEO di Disney, Bob Iger, a definire il percorso dell’azienda verso i profitti come “non lineare”. Ferrari: gli utili cresciti, anche se la redditività delude un po’ le borse Ancora più difficile però sono da spiegare i risultati della casa automobilistica Ferrari. I risultati della trimestrale indicano ricavi in crescita di poco meno dell’11% rispetto all’anno precedente (1,58 miliardi di euro) e un utile netto in crescita del 19% (352 milioni di euro). Perché, dunque, il titolo in borsa ha ceduto il 4,7% circa? Come scrive su “MilanoFinanza” Andrea Boeris, i mercati hanno probabilmente accolto negativamente i risultati di redditività indicati dai parametri dell’ebitda margin  e dell’ebit margin, al di sotto delle aspettative. Ti potrebbero interessare anche: Prospettive di investimento se il mercato resterà toro Apple prova a riconquistare la fiducia dei mercati Stellantis, Volkswagen e Mercedes: profondo rosso in borsa

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Yen in caduta sul dollaro: quali conseguenze e che cosa pensa di fare il Giappone?

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 07.05.2024

Lo yen ha perso molto terreno nei confronti del dollaro ed è possibile che il governo giapponese sia intervenuto e interverrà ancora per rimediare a un’eventuale ulteriore discesa del valore. La tendenza al ribasso della valuta giapponese Lo yen ha imboccato un trend che la valuta giapponese a valere sempre meno nei confronti del dollaro. Benché nelle ultime ore abbia registrato un rimbalzo (un dollaro era arrivato a valere 160 yen), dall’inizio dell’anno a oggi, il valore unitario di un dollaro è passato da poco più di 140 yen agli attuali 154; all’inizio del 2020, invece, il valore unitario di un dollaro era inferiore ai 110 yen. Come scrive Alessandro Lubello su “Internazionale”, proprio nei confronti del dollaro, la valuta giapponese ha perso l’11% dall’inizio di quest’anno e un terzo del proprio valore dal 2021 a oggi. Il possibile riacquisto di valuta da parte di Tokyo Come scrive Lubello sulla rivista "Internazionale" che riprende a tale proposito un articolo pubblicato dal “Financial Times” dietro il rimbalzo della valuta potrebbe esserci un riacquisto di yen voluto proprio dal governo giapponese. Stando a un post su X di Brad Setser, economista statunitense del Council on foreign relations (menzionato sempre da Lubello), il Giappone avrebbe dunque comprato grandi quantità di yen adoperando quantità di valute straniere in suo possesso e comprate in un momento più favorevole per il cambio. Le diverse politiche monetarie della Federal Reserve e della Bank of Japan Una delle ragioni che spiegano la traiettoria discendente dello yen è la differenza tra le politiche monetarie degli Stati Uniti e del Giappone: la Federal Reserve ha alzato notevolmente i tassi di interesse, mentre la Bank of Japan si è limitata ad alzarli appena al di sopra dello 0% (tra lo 0% e lo 0,1%). Uno yen debole, del resto, favorisce le esportazioni e il turismo ma, com’è noto, significa maggiori costi per le importazioni. E il Giappone ha un gran bisogno di materie prime, dall’energia ai beni alimentari, di cui è importatore netto. I problemi demografici ed economici del Giappone Come spiega Lubello, il Giappone soffre oggi di problemi economici che però sono difficili da risolvere mediante politiche di sostegno all’economia o monetarie: il Paese è in crisi demografica, con una popolazione in diminuzione e sempre più anziana, e continua ad avere il debito pubblico più alto al mondo (263% rispetto al PIL). Inoltre, dal punto di vista del PIL, il Giappone rischia di venire superato dall’India nel 2025: le previsioni del Fondo Monetario Internazionale parlano di un PIL indiano di poco inferiore ai 4.340 miliardi di dollari, contro un PIL del Giappone fermo a 4.310 miliardi di dollari; in questo caso, il Giappone scenderebbe a quinta potenza economica mondiale. Ti potrebbero interessare anche: Quello che pensa Warren Buffett di Apple, dell'intelligenza artificiale e non solo Mercato finanziario unitario in Europa: proposte, vantaggi e ostacoli Prospettive di investimento se il mercato resterà toro

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Quello che pensa Warren Buffett di Apple, dell'intelligenza artificiale e non solo

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 07.05.2024

Che cos’è emerso dal meeting annuale di Berkshire Hathaway, la grande società finanziaria guidata da Warren Buffett? Che cos’ha detto Warren Buffett a proposito di Apple? Nel corso del meeting annuale di Berkshire Hathaway, il fondatore della società Warren Buffett ha spiegato che il business di Apple è persino migliore di quello della Coca Cola e di American Express. Queste tre aziende (ed Apple resta in testa) rappresentano alcuni dei maggiori investimenti del portafoglio del conglomerato finanziario. E però recentemente Buffett aveva venduto circa il 13% della sua storica partecipazione ad Apple. Tuttavia, ha chiarito Buffett, ciò non è accaduto per ragioni riguardanti il business in sé di Apple, bensì più per ragioni di natura fiscale. Del resto, tra il pubblico presente nella Chi Health Center di Omaha, città natale di Buffett in Nebraska, c'era anche il CEO di Apple, Tim Cook. Buffett mette in guardia dai rischi dell’intelligenza artificiale Buffett si avvia verso la conclusione della sua carriera, sicché non stupisce che al suo fianco fosse seduto Greg Abel, che è stato designato come suo successore nella guida di Berkshire Hathaway. Nondimeno, Buffett si è espresso su un tema di grande attualità, oggi, ossia l’intelligenza artificiale: ha parlato della pericolosità di questa tecnologia, di cui si fatica a capire il meccanismo di funzionamento, ma che è in grado di creare dei deep-fake molto convincenti, che potrebbero ingannare moltissime persone; è questo uno dei motivi che ha spinto Buffett a paragonare l’intelligenza artificiale a un'arma nucleare. Le dimensioni di Berkshire Hathaway e il ricordo di Charlie Munger L’azienda fondata da Warren Buffett conta oggi su una liquidità di poco meno di 189 miliardi di dollari e un valore complessivo degli investimenti di 364 miliardi di dollari. Il 60% degli investimenti è concentrato in quattro aziende: Apple, Bank of America, American Express, Coca Cola e Chevron. Buffett ha colto anche l’occasione per prendersi la responsabilità della scelta di avere venduto le azioni della Paramount Global (azioni che erano in perdita). Il meeting è stata anche l’occasione per ricordare il cofondatore di Berkshire Hathaway, Charlie Munger, morto l’anno scorso. Ti potrebbero interessare anche: Prospettive di investimento se il mercato resterà toro Apple prova a riconquistare la fiducia dei mercati Azioni: i prezzi sono giustificati? Dove cercare delle opportunità?

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Mercato finanziario unitario in Europa: proposte, vantaggi e ostacoli

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 06.05.2024

Un mercato unico dei capitali in Europa potrebbe portare dei vantaggi sia aumentando il bacino della raccolta dei risparmi, sia semplificando le operazioni e i costi legati agli investimenti. Tuttavia, si tratta di un esito che ha di fronte a sé alcuni ostacoli da superare. Un mercato limitato dalla frammentazione interna tra Stati L’Europa deve affrontare già oggi una serie di sfide particolarmente impegnative, dalla guerra in Ucraina alla transizione energetico. Per farlo, una dei punti fondamentali è l’impiego delle risorse economiche necessarie. Ma dove trovare tutti questi soldi? Una risposta potrebbe essere questa: sul mercato dei capitali. Il problema, però, come spiega Beda Romano sul “Sole 24 Ore” è che il mercato europeo non esprime ancora forse tutte le sue potenzialità, dacché risulta frammentato in ventisette mercati diversi, ciascuno dei quali con prodotti specifici, regole nazionali, nonché autorità di vigilanza e tassazioni differenti Paese per Paese. Interessi privati e nazionali in contrasto l’unione del mercato dei capitali Come spiega Romano, esistono delle ragioni che possono spiegare il fatto che finora non si sia costituito ancora, in Europa, un mercato unico dei capitali: si va dal fatto che gli Stati hanno voluto mantenere un qualche grado di autonomia nel controllo dei mercati finanziari nazionali, alle possibilità per l’arbitraggio di sfruttare le differenze tra i diversi Paesi. Inoltre, alcuni Paesi, come il Lussemburgo e l’Irlanda, che – come spiega anche Romano – traggono grandi profitti dall’industria finanziaria, temono che un’unificazione del mercato dei capitali significherebbe un minore controllo sui propri mercati. È possibile arrivare a un’unione dei capitali? E se sì, come? Ma quali sono in concreto le strategie praticabili per arrivare a un’unione del mercato dei capitali? Un modo (ad esempio quello proposto da due documenti, il primo realizzato da Enrico Letta e il secondo fatto realizzare da Christian Noyer, che è stato l’ex presidente della Banque de France) potrebbe consistere nell’emissione di prodotti europei semplificati rispetto a quelli finora messi sul mercato (Romano fa l’esempio dei PEPP). Inoltre, un passo decisivo potrebbe essere l’accentramento europeo dell’attività di vigilanza sui mercati, segnatamente con l’accrescimento dei poteri della ESMA. Tuttavia, Romano non nasconde che questo accentramento ha di fronte a sé almeno due ostacoli: gli interessi di alcuni investitori privati da una parte, e le rivendicazioni di un maggiore controllo da parte degli Stati nazionali dall’altra. Ti potrebbero interessare anche: Prospettive di investimento se il mercato resterà toro Stellantis, Volkswagen e Mercedes: profondo rosso in borsa Azioni: i prezzi sono giustificati? Dove cercare delle opportunità?

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Prospettive di investimento se il mercato resterà toro

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 06.05.2024

Molti investitori ritengono che la prospettiva più verosimile per il mercato quest’anno sia quella di rimanere toro. Un’indagine tra money manager e strateghi di mercato Nonostante aprile abbia rappresentato un mese di correzioni al ribasso per alcuni indici finanziari, i mercati restano ottimisti. Questo è quanto emerge, ad esempio, dal sondaggio “Big Money” condotto dalla rivista “Barron’s” e che coinvolge money manager e strateghi di mercato. Il 52% degli intervistati si aspetta un mercato toro. In particolare, questi intervistati si aspettano che lo S&P 500 e il Dow Jones industrials termini l’anno con un rialzo del 9% rispetto all’inizio di maggio; per il Nasdaq le aspettative sono di un rialzo del 10% nel corso dello stesso arco di tempo. Se l’economia reggerà, i mercati avranno buone prospettive di crescita Sul portale “Lamiafinanza.it”, è comparso un articolo realizzato da Evan Brown, Head of Multi-Asset Strategy Investment Solutions di UBS Asset Management. Anche dalle parole di Brown emerge una prospettiva ottimista sui mercati: se l’economia reggerà, i mercati potrebbero continuare a crescere; anche perché è probabile che il taglio previsto dei tassi di interesse non sarà dovuto a una recessione o ad altri avvenimenti economici negativi, bensì al fatto che l’inflazione sembra sempre più sotto controllo. Investire in un mercato toro: la view di un manager di UBS La strategia di UBS descritta da Brown è in linea con le considerazioni fatte finora. Da una parte, lo Head of Multi-Asset Strategy Investment Solutions di UBS Asset Management parla di investimenti nei titoli globali, nonostante il P/E dello MSCI World sia pari a 18: se è vero che un livello così alto è probabile vorrà dire un rallentamento dei rendimenti a termine – spiega – è però vero anche che le prospettive di crescita restano valide. In particolare, Brown menziona una particolare esposizione degli investimenti nei confronti di aree come gli Stati Uniti, l’Europa e il Giappone (questi due ultime aree di investimento favorite da delle valutazioni più convenienti rispetto al mercato USA). Un’esposizione ridotta, invece, interessa degli indici considerati come più difensivi, come ad esempio gli indici della Svizzera e del Regno Unito. Ti potrebbero interessare anche:     Apple prova a riconquistare la fiducia dei mercati Il dollaro forte può essere un problema anche per le aziende USA: le ripercussioni sui titoli Il superciclo del rame è soltanto all'inizio?

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Apple prova a riconquistare la fiducia dei mercati

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 03.05.2024

Apple dà segnali di un tentativo di ripresa anche sui mercati: dai risultati meno negativi del previsto al piano di riacquisto di azioni. Apple e i risultati poco soddisfacenti in borsa dall’inizio del 2024 Dall’inizio di quest’anno, il titolo in borsa di Apple risulta in calo del 6,8% circa; al contrario, il titolo dello storico rivale Microsoft è in crescita di oltre il 7%. Una delle ragioni che possono spiegare questo risultato così diverso è che Microsoft si è mostrata aggiornata in materia di intelligenza artificiale, e ciò grazie soprattutto agli investimenti in OpenAI (l’azienda che ha sviluppato e messo sul mercato ChatGPT). Apple, invece, è sembrata essere rimasta indietro in un settore cruciale nel traino dei mercati finanziari. Calo delle vendite in Cina inferiore del previsto L’azienda di Cupertino, però, sta cercando di recuperare terreno. In primo luogo, ci sono i risultati delle vendite in Cina, migliori delle aspettative. Come si legge su “Market Watch”, in un articolo di Therese Poletti, le vendite sono scese dell’8%, ma hanno registrato un dato al di sopra delle aspettative: gli incassi delle vendite sono stati pari a 16,4 miliardi di dollari, contro i 15,3 che si aspettavano gli operatori sui mercati finanziari. Questo ha permesso ad Apple di guadagnare in borsa il 2,2%. Il buyback e l’incremento dei dividendi La seconda mossa programmata da Apple per tornare ad avere più appeal sui mercati consiste in un piano di riacquisto di azioni (il cosiddetto “buyback”) per un totale di 110 miliardi di dollari. I riacquisti azionari sono quasi sempre apprezzati dagli investitori: fatto salvo che siano sostenibili nel bilancio di un’azienda, i buyback portano a ridurre il numero di azioni in circolazione, sicché il valore delle restanti cresce. Inoltre, l’azienda ha anche programmato un aumento del 4% dei dividendi da distribuire agli azionisti. Un’occasione per presentare nuovi progetti legati all’IA? Resta però aperta la questione relativa all’integrazione dell’intelligenza artificiale nei dispositivi Apple. Come scrive ancora Poletti, molti investitori, clienti e osservatori di mercato aspettano dunque l’arrivo della Worldwide Developer Conference a giugno: per molti, infatti, potrebbe essere l’occasione per presentare nuovi prodotti legati integrati appunto con tecnologie basate sull’intelligenza artificiale. Leggi anche: Mercati e big tech USA, arrivano le trimestrali: sorprese da Google, Microsoft e Meta Tesla è in crisi, ma Elon Musk prova a riconquistare la fiducia dei mercati Adidas vola in borsa, bene anche OVS, mentre Netflix ferma nonostante i risultati positivi

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Il dollaro forte può essere un problema anche per le aziende USA: le ripercussioni sui titoli

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 03.05.2024

La politica monetaria della Federal Reserve di Jerome Powell ha tra i suoi effetti il rafforzamento della valuta americana. Come scrive Paul R. La Monica su “Barron’s”, un dollaro così forte rischia di essere svantaggioso anche per le grandi aziende statunitensi. La politica monetaria restrittiva della Fed rafforza il dollaro USA La Federal Reserve ha lasciato invariati i tassi di interesse. Molti si domandano se il primo taglio avverrà a giugno o bisognerà aspettare la conclusione delle elezioni di novembre. Nel frattempo, il dollaro statunitense si rafforza su un consistente paniere di valute. Questa però non è una buona notizia in assoluto per l’economia degli Stati Uniti. Una valuta troppo forte può essere un problema per l’export Come si legge nell’articolo di La Monica, infatti, non bisogna dimenticare che una quota considerevole delle maggiori aziende statunitensi (tra le quali anche alcune delle maggiori multinazionali) trae i suoi profitti dalle esportazioni: in particolare il 40% dei ricavi dello S&P 500 arriva proprio dalle attività commerciali condotte all’estero. Il problema di una valuta nazionale forte è che i ricavi fatti all’estero vedono diminuire il loro valore una volta riconvertiti in dollari. Dei margini di guadagno ridotti potrebbero contribuire a mettere sotto pressione i titoli di queste aziende. Conseguenze per le importazioni e per le esportazioni Riportando il parere di alcuni esperti, La Monica spiega che è difficile capire se gli effetti del rafforzamento del dollaro siano già percepibili. Secondo alcuni, la debolezza del biglietto verde avrebbe già inciso sull’aumento delle importazioni da un lato (favorendo dunque la concorrenza estera) e reso più difficili le esportazioni, sicché è per questo che il PIL americano avrebbe registrato un rallentamento nelle ultime settimane. Secondo altri, il dollaro non sarebbe stato sufficientemente forte e per un tempo sufficientemente lungo per generare simili effetti. Quale traiettoria per il valore del dollaro? Come si legge nell’articolo di La Monica, la traiettoria del valore del dollaro dipenderà da alcuni fattori tra i quali naturalmente la politica monetaria statunitense, ma anche l’andamento dell’inflazione nel resto del mondo. Ad esempio, se la Fed dovesse lasciare i tassi di interesse invariati, il dollaro potrebbe continuare a rafforzarsi e incidere maggiormente sulle dinamiche dell’economia statunitense. Ti potrebbero interessare anche: Euro verso la parità col dollaro: quali conseguenze per gli investitori?

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Il superciclo del rame è soltanto all'inizio?

Scritto il 02.05.2024

Cresce il prezzo del rame. Alcune osservazioni e alcuni analisti non escludono che ci si trovi all’inizio di un superciclo di questo metallo. Alcune limitazioni nell’offerta Il prezzo del rame è cresciuto fino a raggiungere livelli da record. In questi giorni si aggira intorno ai 9.900 dollari a tonnellata. Come scrive Valerio Baselli (Morningstar) la convinzione di chi crede che il prezzo del metallo può ancora crescere trova alcune conferme, come la limitazione della produzione di alcune miniere (nella Repubblica Democratica del Congo, ad esempio) e di alcune della maggiori fonderie cinesi. Il bando dei metalli russi A ciò, come sottolinea l’esperto di materie prime Maurizio Mazziero, si aggiunge anche il recente bando imposto dal London Metal Exchange e dal Chicago Mercantile Exchange alla consegna di alcuni metalli da parte della Russia, tra i quali appunto anche il rame. La domanda indiana, cinese e gli impieghi nella green economy Nel suo articolo, Baselli fa riferimento altresì ad alcune considerazioni di Roberta Caselli, Commodities Investment Strategist di Global X. Caselli menziona tra i possibili fattori di crescita del prezzo del rame anche i progetti relativi alla costruzione di nuove infrastrutture in India. Inoltre, come si legge sempre nell’articolo di Baselli, vanno tenuti in conto sia la domanda cinese – che potrebbe crescere – sia l’impiego del rame a livello industriale e soprattutto nella realizzazione di infrastrutture legate alla transizione energetica. Basta pensare in questo ambito al ruolo dell’elettricità e al fatto che il rame è un ottimo conduttore. Il rame e l’intelligenza artificiale C’è però un altro settore strategico che richiede l’impiego del rame, ed è quello tecnologico, e in particolare alcuni dispositivi tecnologici funzionali allo sviluppo di programmi di intelligenza artificiale. Come sottolineano Baselli e altri esperti del settore, l’impiego nel rame in ambiti tecnologici finalizzati allo sviluppo dell’intelligenza artificiale potrebbe rappresentare una tendenza strutturale della crescita dei prezzi del metallo. Ti potrebbero interessare anche: Come funzionano gli investimenti nelle materie prime?

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