Bruno Mazzola - AD MoneyController Srl

Bruno Mazzola

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Fondi, la guerra delle commissioni

Scritto il 19.07.2015

CORRIERE DELLA SERA a pag. 31 di Giuditta Marvelli Confronto europeo tra le normative nazionali: in Italia e Germania le più stringenti. Chi vincerà la battaglia delle commissioni di incentivo, il premio extra che i gestori chiedono se i loro portafogli vanno bene? Un avviso della Consob ha provocato uno scossone in Piazza Affari per i titoli del risparmio gestito. Sono in molti però a scommettere che potrebbe scoppiare anche una guerra. In palio ci sono parecchi soldi, 61 miliardi di raccolta netta in Italia per i fondi aperti da gennaio. Ma per conteggiare i guadagni di chi li compra bisogna aspettare e vedere. Due terzi dei prodotti venduti sono di diritto lussemburghese o irlandese, anche se la casa madre è italiana: E quel che viene considerato lecito a Dublino e nel Granducato sul fronte delle commissioni di performance è diverso da quel che invece viene permesso in Italia o Germania, i due paesi con le norme più stringenti. Dalle nostre parti per pagarsi un “quid” in più perché ha battuto il parametro di riferimento, il gestore deve considerare i dodici mesi. A Berlino, tre anni. Altrove ci si può premiare anche dopo periodi vincenti molto brevi (un mese) e questo facilita meccanismi molto generosi. La Consob ha però avvisato: chi vende in Italia fondi costruiti là dove può essere più facile incassare deve “individuare e gestire i conflitti di interesse che ne derivano”. Azimut, Banca Generali e Mediolanum, le società che offrono quasi esclusivamente fondi propri estero – vestiti e che fanno della commissione di incentivo una componente decisiva dei ricavi (in media il 32% nel 2014, secondo Goldman Sachs), hanno vissuto giorni difficili dopo mesi di ottimi risultati borsistici, legati alla fase d’oro dell’asset management. La guerra delle commissioni di incentivo scoppiata a Piazza Affari testimonia che, anche se le ultimissime euro regole per il risparmio (Mifid 2) sono da recepire nel 2017, la pressione per livellare ulteriormente il campo di gioco si è di nuovo alzata. Molti analisti che si sono esercitati nel ricalcolare (per ora senza grandi cambiamenti) gli utili per azione delle società coinvolte, pensano che non siano fantascienza immaginare una direttiva europea o una linea-guida dell’Esma (la Consob europea) che mettano sulla stessa riga tutte le industrie anche sul fronte particolare dell’incentivo. In fin dei conti il dibattito era già partito. Sven Giegold, europarlamentare tedesco, aveva proposto l’inserimento del tema in una direttiva comunitaria. Non aveva avuto seguito. Ma se scoppia la guerra…

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Fed: rialzo tassi Usa in autunno

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 16.07.2015

SOLE 24 ORE a pag. 6 di Vito Stefania Lops Spatti Yellen ottimista sulla ripresa: stretta monetaria entro fine anno – Dollaro in aumento sull’euro Nuovo balzo delle borse, Milano + 1,28 – Spread Btp in calo Janet Yellen, presidente Fed, ha ribadito al Congresso che i tassi Usa (fermi allo 0-0,25% da oltre sei anni) verranno alzati entro l’anno. La Yellen ha infatti confermato che la crescita americana continuerà, anche se dall’estero, in particolare Cina e Grecia, non mancano i rischi. Il dollaro si è rafforzato (euro sotto 1,10); Borse in rialzo (Milano la migliore con 1,28%); spread Btp-Bund poco variato a 124.

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Il «fattore P» e i quattro fronti dei mercati = Cina, Grecia, Russia, tassi Usa: i quattro rischi per i mercati

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 09.07.2015

SOLE 24 ORE a pag. 2 di Morya Longo “Siamo arrivati al punto in cui si cerca di arginare l’effetto negativo di una cattiva politica con una politica ancor peggiore”. Difficile capire a chi si riferisca TaiHui, capo strategist di JP Morgan in Asia, quando rilascia questa dichiarazione a Bloomberg. Lui in realtà parla di crollo della Borsa cinese e del goffo tentativo delle Autorità di arginarlo, ma sarebbe facile prendere la stessa frase e calarla nella sfida tra Europa e Grecia: in fondo il “fattore P”, inteso come “fattore politico”, sta diventando la variabile impazzita con cui i mercati dovranno fare i conti a lungo. Perché ormai di focolai nel mondo ce ne sono molti: la crisi greca, il crollo della Borsa cinese, un contesto geopolitico sempre instabile e l’economia americana al bivio tra crescita e rallentamento. E in tutti questi il “fattore P” sarà determinante. Ma difficile da valutare. Proprio questa è la sfida per gli investitori: capire quanto (e se) i vari focolai possono contagiare il resto del mondo, comprendere se gli sforzi delle banche centrali saranno sufficienti. E scoprire se il “fattore P” sarà parte della soluzione o del problema……

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Azioni e Btp, mosse anti-crisi

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 07.07.2015

CORRIERE DELLA SERA a pag. 9 di F.ch. Investitori alla ricerca dei rendimenti oltre il 2%. Evitare le scadenze più lunghe. Il rebus sulle banche. La parola d’ordine dei mercati finanziari azionari in risposta alla crisi Greca e all’eventualità che non sia raggiunto un accordo è volatilità. E’ l’opinione dei principali gestori dei fondi azionari, che però invitano i risparmiatori alla calma, per due motivi. Le oscillazioni potranno esserci nel breve periodo, ma nel medio dovrebbe prevalere la tendenza al rialzo perché l’economia europea è in ripresa e la Grecia è un paese piccolo, che pesa soltanto per il 2% del prodotto interno lordo dell’intera zona euro. I gestori suggeriscono, comunque, di diversificare il portafoglio e per chi è particolarmente esposto sui mercati europei spostarsi anche su Usa e Giappone. In un contesto di turbolenza, è auspicabile “parcheggiare” i soldi anche nei titoli di Stato, che negli ultimi tre mesi hanno avuto un rialzo dei rendimenti. Con la copertura della Bce, che ha messo in atto il programma di acquisto fino a 60 miliardi al mese, non ci sono particolari tensioni sullo spread e il Btp a dieci anni offre ritorni che da aprile sono saliti dall’1,2% all’attuale 2,4 per cento. Non sembra essere una buona idea puntare sul più classico dei beni rifugio, l’oro, perché nonostante l’inasprirsi della situazione sta continuando a scendere. Dimostrazione questa – dicono gli analisti – che l’eventualità di un default della Grecia non fa così paura. Un’opportunità di investimento finora non consigliata dalle principali società di gestione, ma che potrebbe riservare belle sorprese, sono le obbligazioni societarie, soprattutto quelle degli Stati Uniti, dove la crescita economica è solida, e di Paesi emergenti, che offrono anche il vantaggio di una possibile rivalutazione della moneta locale nei confronti dell’euro.

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Wall Street Il Toro? Corre da tanto Ma ora ci sono gli utili a spingerlo

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 22.06.2015

CORRIERECONOMIA a pag. 24 di Francesca Monti Un Toro che corre da 74 mesi, quasi il doppio della durata media dei rialzi che si sono susseguiti a Wall Street negli ultimi duecento anni. Allora è vera bolla? Si sono domandati gli esperti della divisione Global equity research di Credit Suisse consapevoli che se così fosse, si tratterebbe con ogni probabilità della fine del lungo rialzo. Un periodo di rialzi così lungo non è comunque un’eccezione. Il loro studio ha analizzato vari fattori: la revisione al rialzo degli utili aziendali (soprattutto, ma non solo, in Europa e Giappone), il settore immobiliare cinese si presenta meno in tensione rispetto alla fine del 2014, gli spread degli high yield che hanno mantenuto le posizioni pure in presenza del rialzo dei tassi dei Bund e dei Treasury Usa, fino alla crescita degli Stati Uniti (con i salari dei lavoratori in aumento del 4,3%. In ogni caso, sebbene gli analisti di Credit Suisse non vedano ancora il ribasso all’orizzonte, ritengono più promettenti i listini della zona euro e quelli dei mercati emergenti rispetto a Wall Street e Tokio.

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La difficile arte della previsione su dollaro e titoli di Stato

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 12.06.2015

SOLE 24 ORE a pag. 7 di Walter Riolfi Qualche operatore, per giunta americano, attribuisce il sincrono rialzo delle borse e dei titoli di Stato alle migliorate prospettive di accordo tra la Grecia e i suoi creditori: E’ probabile che abbia colto la novità del comunicato del governo ellenico: perché i commenti che sono arrivati da Bruxelles e da Fondo monetario suonavano assai diversi: in ogni caso, i motivi del ritrovato, apparente buon umore dei mercati vanno ricercati altrove. E sono piuttosto confusi. Se il rialzo delle borse europee può essere in parte spiegato con l’indebolimento dell’euro sul dollaro, quello più modesto di Wall Street pare essere legato a qualche questione tecnica: il superamento della media mobile a 100 giorni avvenuto mercoledì. Sembra, a sentire gli analisti tecnici, che questo fenomeno sia foriero di ulteriori rimbalzi. Pur credendo poco a queste cose, bisogna ammettere che c’è più logica in un grafico che nelle spiegazioni che tirano in ballo la Grecia. Ancor più complicato è spiegare l’andamento dei titoli di Stato, i cui rendimenti (nel caso del titolo a 10 anni) sono scesi di ben14 centesimi dal massimo di seduta in Germania e di 11 centesimi in America. Per simpatia sono caduti ancor più (16 centesimi) quelli del nostro Btp. Probabilmente sono stati ancora una volta i titoli si Stato dell’Eurozona, e il Bund in particolare, a dettare la linea a Wall Street. Altrimenti si direbbe perfettamente illogica la relazione del Treasury, che e stato acquistato proprio quando una serie di indicatori macroeconomici positivi e migliori del previsto farebbero aumentare le probabilità di un rialzo meno remoto dei tassi Fed. In particolare sono salite de 1,2% le vendite al dettaglio a maggio: ragion per cui il modello, elaborato dalla Fed di Atlanta per misurare l’andamento del pil nel trimestre in corso, indicherebbe una crescita del 1,9%. Sarebbe un bel risultato, considerando che quel modello, fino a poche settimane fa, suggeriva una crescita del pil trimestrale di appena 0,7%, dopo il bruto avvio del 2015. Ma le buone notizie economiche non necessariamente fanno ben ai mercati, specie ai bond, poiché avvicinano il momento della stretta monetaria. Paradossalmente il rendimento del Tbond ha accelerato la discesa quando, alle 14,30 è stato pubblicato il dato sulle vendite. Siccome le reazioni dei mercati sono tutt’altro che insensate, bisogna pensare che dietro l’apparente illogicità ci siano altri motivi: che, non riuscendo ora a comprendere, potremmo definire tecnici. Dove andranno i rendimenti dei Treasury nei prossimi mesi nessuno è in grado di dirlo. Di certo non potranno salire troppo in alto, poiché la Fed, incitata pure dal Fmi a stare quieta, non ha alcuna fretta di alzare i tassi. Del resto, nemmeno il dollaro sa dove andare: oscilla poco sopra 1,10 sull’euro, senza direzione. Al punto che la stessa Morgan Stanley, che diceva di vederlo precipitare a 1,04 per fine giugno, s’è vista costretta a correggere il tiro.

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Parlare chiaro a milioni di italiani

Scritto il 31.05.2015

SOLE 24 ORE PLUS a pag. 3 di Paolo Zucca “La clientela, specie quella meno in grado di selezionare correttamente i rischi, andrà adeguatamente informata del fatto che, nel caso detenga strumenti diversi da depositi e titoli garantiti, potrebbe dover contribuire alla risoluzione di une banca”. Il linguaggio è quello di Bankitalia in un’assemblea di banchieri. Vuol dire che - dal 2006 – in caso di crisi non sarà più lo Stato a pagare i costi di una cattiva gestione di una banca privata, ma saranno i suoi azionisti in primo luogo e poi gli obbligazionisti secondo una scala di rischiosità. Fino, se necessario, ai correntisti per la liquidità che eccede i centomila euro. E’ una rivoluzione, il fallimento di una banca non ricadrà sulla collettività. Bene. Ma chi dovrà spiegare a milioni di italiani (e lo stesso dovrà avvenire in Europa) il maggior rischio potenziale? Bankitalia, Consob o le banche? Come parlare ai risparmiatori di temi così rilevanti per le loro tasche così come di altri investimenti di pari importanza? Probabilmente servirà uno sforzo comune per spiegare ancora il passaggio di responsabilità dal bail-out (iniezione d’emergenza di istituzioni per far fronte al tracollo) al bail-in(salvataggio dall’interno, erodendo o azzerando tutto il valore di azionisti e creditori). Spiegare non vuol dire scrivere un avvertimento in evidenza su un prospetto (che, come è noto, pochi leggono). Già meglio sarebbe inserire l’alert nella comunicazione periodiche della banca, senza drammatizzare e senza nascondere. A meno di voler impedire l’acquisto di gran parte dei titoli obbligazionari bancari a bassa garanzia. “Nel nuovo contesto – ha detto il Governatore, Vincenzo Visco – va valutata l’opportunità di iniziative volte a riservare l’acquisto degli strumenti più rischiosi a investitori professionali”. Ma cosa c’è di più rischioso di un’azione (bancaria e non), dove si può perdere tutto? Non sarà facile, eppure bisognerà pur dire agli sportelli che una banca può anche fallire. “Plus24” ha registrato in questi anni, nelle tante candid bank effettuate come finti clienti, dichiarazioni opposte. Si sosteneva tranquillamente che “poteva fallire lo Stato ma non le banche”, “meglio le obbligazioni bancarie dei BoT” e così via. Per fortuna banche e debito pubblico sono in piedi. Ora bisognerà raccontare agli italiani una storia molto diversa, avvertire che l’acquisto di azioni e obbligazioni di una banca sana e conosciuta presenta (anche se improbabili) dei rischi. Spiegare chi pagherebbe il conto.

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I Btp hanno reso molto. Adesso è l`ora dei bond Usa

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 25.05.2015

CORRIERECONOMIA a pag. 25 di Pieremilio Gadda L’economia del vecchio continente è più sana di quanto si pensi. Il Messico prima scelta tra gli emergenti. La fiammata improvvisa sui governativi tedeschi ha dato la misura di quanto possa aumentare , nei mesi a venire, la volatilità del reddito fisso. Nonostante la correzione, il bund a 10 anni rende solo 60 punti base e i Btp di pari durata meno del 2%. “Comprammo titoli del Tesoro italiano a gennaio del 2014 (quando il decennale era vicino al 4%), per poi chiudere le posizioni tra agosto e l’autunno dello stesso anno. E’ difficile oggi trovare emissioni attraenti nella zona euro: i rendimenti sono davvero modesti a fronte di rischi elevati. L’economia del Vecchio Continente, del resto, è molto più sana di quanto si pensi. Non a caso, la durata finanziaria della componente europea nel nostro portafoglio è nulla”, dichiara Richard Woolnough, gestore del fondo M&G Optional income. La ricerca di valore, spiega, conduce tra i segmenti che hanno già scontato, almeno in parte, l’inizio del ciclo rialzista dei tassi: negli Stati Uniti e nel Regno Unito. “La Federal Reserve dovrà intervenire presto, non può procrastinare ulteriormente la stretta monetaria: deve agire prima che prenda forma la crescita dei salari, tenendo presente che ci vogliono 18 – 24 mesi affinchè l’azione della banca centrale produca gli stessi effetti desiderati.”…. “In questo quadro, il segmento più interessante è quello dei corporate bond americani a lunghissima scadenza, fino a 30 anni. Ci sono emissioni con spread paragonabili a quelli del 2007/8” chiarisce il gestore, dichiarando una preferenza per l’universo investment grade, di buona qualità. Dopo lo scivolone dello scorso anno, infatti, le obbligazioni high yield americane sono tornate ai massimi. Qui occorre ricordare che il 15% dell’indice di riferimento è strettamente legato all’andamento delle quotazioni petrolifere. Secondo Woolnough c’è ancora troppa incertezza sul prezzo del greggio, “preferisco comprare bond di società le cui sorti dipendono dal management piuttosto che pescare tra i titoli ostaggio delle decisioni dell’Arabia Saudita sul prezzo del greggio”. Tra i Bond dei paesi emergenti il gestore predilige il Messico, perché agganciato alla forza della ripresa americana. Secondo Woolnough oggi più che in passato molti investitori sono ossessionati dalla caccia al rendimento. Ma le cedole rappresentano solo una piccola parte del ritorno complessivo di un investimento. Bisogna guardare anche al rischio di potenziali perdite in conto capitale. Che possono essere enormi, data l’elevata volatilità – avverte Woolnough. A volte conviene accettare l’idea che il rendimento sia meno attraente di quanto si vorrebbe.

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La nuova lira per uscire dalla crisi

Scritto il 21.05.2015

MF a pag. 51 di Redazione Per rilanciare le economie dell’eurozona non servono le attuali manovre della Bce. Meglio sarebbe innalzare i vincoli di bilancio o indebitarsi con una nuova moneta. Lo dice all’ITForum Warren Mosler, fondatore dell’omonima teoria monetaria post-keynesiana. Il Quantitative easing? Una manovra ininfluente per risolvere la crisi dell’eurozona. Soluzione? Per L’Italia potrebbe essere quella di reintrodurre la vecchia lira per aumentare spesa pubblica e occupazione e nello stesso tempo abbassare le tasse. Senza abbandonare l’euro come moneta di scambio per evitare l’immediata svalutazione della nuova valuta. “Il problema delle economie europee in difficoltà, come l’Italia, è che il deficit pubblico è troppo basso”, sostiene Mosler, “e se non vi è spesa non ci sono vendite, né produzione, né occupazione. La soluzione è fare in modo di aumentare la spesa aggregata nell’economia (consumi, investimenti e spesa pubblica) ma questo significa aumentare il deficit pubblico, vincolato nell’unione europea dai trattati di Maastricht”. Fin qui niente di nuovo, siamo nel solco della più classica dottrina keynesiana. Ma è nel seguito che la teoria di Mosler si distingue, suggerendo cosa si potrebbe fare per salvare capra e cavoli, nel caso l’Unione europea non intenda allentare i limiti di deficit pubblico attualmente esistenti: lasciamo i risparmi in euro ma indebitiamoci con valuta nazionale. Che sia l’uovo di Colombo? Secondo Mosler quello che sta facendo Mario Draghi, cercare il rilancio con una manovra basata sui tassi d’interesse, non risolve il problema. “il vincolo sul deficit deve essere aumentato dal 3% all’8%” afferma Mosler, “perché il deficit è come un termostato: va regolato secondo il livello di disoccupazione. Se questo cresce significa che la restrizione sulla valvola fiscale va allentata”. In caso contrario l’Italia potrebbe fare da sola spendendo e tassando i cittadini con nuova moneta, fino a tornare alla piena occupazione. Però è fondamentale che i depositi bancari e i titoli di stato italiani già emessi in euro non vengano convertiti in nuova lira, così come che i depositi della nuova moneta siano garantiti al 100% da una nuova banca centrale nazionale.

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I Btp cambiano rotta? No, è presto. Ecco i prezzi da tenere d`occhio

Scritto il 11.05.2015

CORRIERECONOMIA a pag. 25 di Angelo Drusiani Le trattive con Atene e altre incertezze hanno aperto un varco per la discesa dei prezzi. Se gli interessi dei decennali tornano al 2,15% e quelli a 30 anni al 3,25% si può valutare l’acquisto: Ma solo per chi può rischiare. Ecco come sfruttarlo al meglio. Forse a guidare al ribasso le quotazioni dei titoli di Stato dei paesi dell’area euro, Germania compresa, potrebbe essere stata la speculazione internazionale, alla ricerca di guadagni consistenti. Certo non seguendo la normale routine che consiste nell’acquistare titoli e immetterli in portafoglio in attesa di un rialzo del loro prezzo di mercato, quanto nell’utilizzare tutti gli strumenti a disposizione per far scendere i prezzi. Come? Vendendo titoli in portafoglio, vendendo prodotti derivati, per poi ricomprare gli uni e gli altri a prezzi inferiori. CONSEGUENZE E se l’operazione coinvolge un numero elevato di investitori, soprattutto professionali, banche d’affari in particolare, il mercato vede svanire, in poche sedute, i rialzi dei giorni scorsi e gli effetti positivi creati dalla strategia del quantitative easing. Un gioco sofisticato, che sposa la teoria di chi era scettico sulla manovra della banca centrale europea, considerandola tardiva e poco efficace. Andando al di la delle motivazioni del cambio di rotta del mercato, vediamo che tipo di strategia attuare, alla luce del repentino rialzo dei btp e delle altre emissioni in area euro a cedola fissa. I cali più consistenti li hanno subiti quelli con scadenze più lontane i particolare i titoli trentennali, che dal massimo del 16 marzo scorso a 130,32 (Btp 3,25% 1/9/46) è scesa il 7 maggio a 105,32. E’ solo uno degli esempi delle variazioni di prezzo che sottolineano la rischiosità che l’investitore assume immettendo in portafoglio titoli con durata particolarmente lunga. E’ sicuro che la volatilità continuerà , ma con la dovuta prudenza, potrebbe essere interessante acquistare i btp con scadenza decennale Intorno a l 2,10-2,15% di rendimento – attualmente il tasso è di poco inferiore al 2% - Mentre al 3,25% analoga situazione dovrebbe presentarsi per la scadenza trentennale.

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Il risparmiatore è conscio di cosa ci può essere dietro un`offerta?

Scritto il 03.05.2015

SOLE 24 ORE PLUS a pag. 20 di Gianfranco Ursino Innalzare la qualità del servizio nei confronti degli investitori. Con questa lodevole premessa, Assogestioni ha elaborato le “ Linee guida concernenti la disciplina sugli incentivi per le società di gestione” che in settimana sono state validate anche dalla Consob. Per gli operatori è meglio farsi trovare pronti e anticipare, con proposte di autoregolamentazione, le mosse delle autority in vista dell’entrata in vigore della Mifid II (la direttiva comunitaria che mira ad aumentare il grado di tutela degli investitori) che dovrà essere recepita da singoli Stati entro gennaio 2017. Nel proporre soluzioni coerenti con la normativa tratteggiata dai lavori preparatori della Mifid II, l’associazione dei gestori cerca quindi di offrire in anticipo ai propri associati delle regole per guidarli a una corretta applicazione della normativa in materia. Anche se suscettibili di adeguamento successivo, una volta che sarà completato il quadro normativo della Mifid II. Con riferimento all’innalzamento della qualità del servizio per il sottoscrittore di fondi, le linee guida prevedono che le SGR possano dimostrare chiaramente che un pagamento, una commissione o un beneficio non monetario, pagato o ricevuto da un terzo, soddisfi il criterio dell’innalzamento della qualità del servizio: mantenendo un elenco interno dei pagamenti ricevuti in relazione alla fornitura del servizio; registrando in che modo i pagamenti accrescano la qualità del servizio prestato; indicando i criteri sulla base dei quali è verificato l’innalzamento della qualità del servizio di gestione collettiva. Ma quale regime di trasparenza sarà garantito a questo elenco? Il risparmiatore dovrebbe sapere se tra la società prodotto e l’intermediario collocatore ci si uno scambio di incentivi (monetari e non) per consigliare la sottoscrizione di un fondo. Ai sensi della regolamentazione Consob gli intermediari sono già obbligati a fornire alla clientela in sede di apertura del rapporto contrattuale l’informativa sugli incentivi ricevuti/pagati. Inoltre la normativa stabilisce che i clienti possano richiedere ai medesimi intermediari maggiori informazioni sull’importo effettivamente percepito a fronte dei pagamenti ricevuti/pagati. Ma quanti sono quelli che già lo fanno? Il risparmiatore è in grado di autotutelarsi? Forse la Mifid su questo punto poteva essere più dirimente.

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La crescita Usa frena e affonda i mercati

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Scritto il 30.04.2015

SOLE 24 ORE a pag. 3 di Vito Lops Dopo il Pil americano il dollaro si indebolisce: l’euro torna sopra 1,11 ondata di vendite sui listini. Ci sono dati e dati. Quello che è arrivato ieri nelle stanze degli investitori è stato certamente uno dei marker mover più importanti degli ultimi mesi. E, non a caso, ha suscitato forti reazioni a catena sui mercati finanziari. Il Pil nel primo trimestre dell’anno negli Stati Uniti è cresciuto appena dello 0,2% (su base annua) molto meno della performance del trimestre precedente (2,2%) e , soprattutto, decisamente sotto le attese degli analisti (+1%). Questo cosa significa? Che le probabilità che la Federal Reserve alzi i tassi a giugno si assottigliano ulteriormente. Resta il fatto che il rialzo dei tassi non è messo in discussione, ma i tempi rischiano a questo punto di dilatarsi. Questo spiega le vendite sul dollaro, il cambio con la divisa europea si è portato da 1.098 fino a un massimo di 1,118 ed è quello di ieri il quinto rialzo consecutivo. La risalita dell’euro si è riflessa immediatamente sui mercati azionari europei che in questo primo scorcio dell’anno si sono mossi in rialzo proprio grazie alle aspettative di maggiori profitti per le imprese esportatrici europei derivanti dal mini-euro. Non è un caso se il listino che ha sofferto di più è stato il Dax30 di Francoforte, quello che nel paniere vanta una più forte componente di società esportatrici. Tra i settori più colpiti quello dell’automotive, con l’indice settoriale che ha ceduto il 3%. Sul listino milanese, tra le big, si è “salvata” solo Telecom Italia che ha chiuso intorno ai valori della vigilia. La debolezza del dollaro ha dato nuova linfa alle quotazioni del petrolio, che è salito di oltre due punti percentuali. Quanto a Wall Street nelle contrattazioni intraday è rimasta debole, ma con cali contenuti nell’orbita del mezzo punto percentuale, decisamente inferiori rispetto al paniere europeo. L’ulteriore riprova che è stato il mercato valutario a farla da padrone ieri, impattando maggiormente sui listini europei, quelli che da inizio anno hanno maggiormente beneficiato dell’andamento finora favorevole dell’euro.

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