Quando si parla di pensione, spesso ci si riferisce al sistema pubblico, quello gestito dall’INPS. Ma questo modello è pensato principalmente per chi ha un lavoro dipendente stabile e continuo. Chi lavora in proprio, invece, si trova davanti a una realtà molto diversa: più incertezze, contribuzioni discontinue, rendimenti previdenziali spesso bassi.
Ecco perché, per un lavoratore autonomo o un libero professionista, la previdenza integrativa non dovrebbe essere considerata un lusso, ma una componente essenziale del proprio futuro.
Chi sono i lavoratori autonomi
Parliamo di artigiani, commercianti, liberi professionisti iscritti a ordini (come avvocati, medici, architetti), freelance del digitale, consulenti, partite IVA occasionali e abituali. Tutti soggetti che, per quanto molto diversi tra loro, hanno una caratteristica in comune: gestiscono in autonomia i propri contributi previdenziali.
Questo significa che:
Devono versare i contributi all’INPS (gestione separata, artigiani/commercianti) o a una Cassa professionale.
Non beneficiano di TFR o di contributi figurativi per maternità, disoccupazione, malattia come i dipendenti.
Il reddito può variare da un anno all’altro, influenzando direttamente il montante contributivo
Quanto prenderanno di pensione?
La pensione per un lavoratore autonomo dipende dal reddito dichiarato e dagli anni di contribuzione. Ma a differenza dei dipendenti, la base imponibile su cui si calcola la pensione è spesso più bassa.
Facciamo un esempio semplice:
Un lavoratore autonomo con un reddito lordo medio di 25.000 euro annui che versa in gestione separata INPS, dopo 35 anni di contributi, rischia di percepire una pensione inferiore ai 900 euro netti al mese.
Se ci sono buchi contributivi, anni di lavoro non dichiarato o periodi di crisi, la cifra si abbassa ulteriormente.
Questo scenario fa emergere una verità: la pensione pubblica, da sola, non basta.
Perché la previdenza integrativa è fondamentale
La previdenza complementare nasce proprio per integrare la pensione di base.
Un lavoratore autonomo può aderire a:
Fondi pensione aperti: promossi da banche, assicurazioni, SGR, a cui si aderisce individualmente.
PIP (Piani Individuali Pensionistici): gestiti da compagnie assicurative, spesso con garanzia sul capitale.
I vantaggi principali sono:
Deduzione fiscale fino a 5.164,57 euro l’anno (importo 2025).
Gestione personalizzata del rischio in base all’età e all’orizzonte temporale.
Capitale rivalutabile nel tempo grazie agli investimenti.
I vantaggi fiscali sono reali
Aderire a una forma di previdenza integrativa consente non solo di accumulare un capitale, ma anche di risparmiare sulle tasse.
Esempio:
Un autonomo che versa 3.000 euro in un fondo pensione potrà dedurre questa cifra dal reddito imponibile, con un risparmio IRPEF potenziale fino a 1.200 euro (a seconda dello scaglione).
Inoltre, il capitale accumulato:
Non è soggetto a imposta di successione.
Viene tassato in fase di erogazione con un’aliquota agevolata tra il 9% e il 15%, molto più bassa rispetto a quella IRPEF.
Ma se il reddito è variabile?
Questa è una delle obiezioni più comuni: "Non so quanto guadagnerò, come faccio a pianificare?"
La risposta è: con flessibilità.
I fondi pensione permettono di modulare i versamenti: si può versare più in un anno buono e meno in uno difficile.
Non ci sono penali per interruzione temporanea.
In caso di necessità (spese sanitarie gravi, acquisto prima casa), si può chiedere un’anticipazione del capitale.
Quanto prima si inizia, tanto meglio
Un lavoratore autonomo che inizia a versare 100 euro al mese a 30 anni, con un rendimento medio annuo del 3%, potrà accumulare un capitale vicino ai 70.000 euro a 67 anni.
Chi comincia a 45 anni, con lo stesso versamento, arriverà a circa 30.000 euro.
La differenza la fa il tempo. Anche piccoli importi, se costanti e iniziati presto, hanno un impatto enorme.
Una sicurezza per la famiglia
La previdenza integrativa non riguarda solo il lavoratore. In caso di decesso, il capitale maturato può essere trasferito agli eredi o a un beneficiario designato. Un modo per tutelare anche i propri cari.
Inoltre, alcune forme di previdenza integrativa includono:
Coperture accessorie in caso di invalidità.
Rendimento minimo garantito.
Una scelta da fare con consapevolezza
Iscriversi a una forma pensionistica complementare non significa firmare un contratto blindato. È possibile:
Sospendere i versamenti.
Trasferire la posizione da un fondo all’altro.
Cambiare la linea di investimento.
La previdenza integrativa offre strumenti flessibili, personalizzabili e fiscalmente vantaggiosi, ideali per chi non può contare su una pensione pubblica forte.
Molti autonomi rimandano la questione pensione perché assorbiti dalla gestione quotidiana dell’attività, o perché convinti che ci penseranno "più avanti". Ma ogni anno perso è un’occasione di serenità futura che svanisce.
Affrontare oggi il tema della previdenza integrativa significa fare una scelta responsabile, concreta, lungimirante. Una scelta che protegge non solo il proprio tenore di vita domani, ma anche la libertà di vivere il presente con maggiore consapevolezza.
E soprattutto, è una scelta che non va fatta da soli: parlarne con un professionista può aiutare a individuare lo strumento giusto, i costi sostenibili e gli obiettivi reali.
La previdenza per un autonomo non è un'opzione. È una necessità. Meglio rendersene conto oggi, quando è ancora possibile pianificare con serenità.
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